Sequestri e denunce per i manufatti a Poggio Rosso
PIOMBINO 17 maggio 2018 - Sequestri e denunce in merito a 17 strutture che, secondo gli inquirenti, non sono tende come comunemente si intende o strutture mobili ma vere e proprie casette in legno, corredate di servizi e costruite in un’area boschiva sottoposta a vincoli idrogeologico e paesaggistico nella zona della stazione di Populonia. A realizzarle la società agricola Poggio Rosso; Le strutture sono anche pubblicizzate in Internet dalla Tenuta Poggiorosso Glamping come offerta turistica. A finire nel mirino dei magistrati sono stati i due amministratori della società in cui sono sorte le opere i quali sono risultati proprietari delle aree, la direttrice dei lavori, tutti denunciati per violazione della normative in materia edilizia e tre tecnici del Comune di Piombino ed un funzionario della Regione Toscana, chiamati a rispondere di abuso d’ufficio.
Per due volte le forze dell’ordine hanno fatto verifiche alle strutture della Poggio Rosso. Un primo controllo si concluse, alcuni mesi fa, con una archiviazione. La nuova visita dei giorni scorsi da parte di carabinieri e della guardia forestale ha sortito effetti ben diversi: ai manufatti sono stati posti i sigilli e sono stati impediti i lavori di costruzione di altre strutture del genere.
Appresa la notizia dei sequestri e delle denunce il Comune di Piombino ha diramato la seguente nota dal titolo :
“Ferrini e Maestrini: <Niente Legno o cemento, solo tende . I nostri uffici hanno agito correttamente> — Poggio Rosso, il Comune nega”
Ecco il tempo completo:
Vicenda di Poggio Rosso: dopo il sequestro delle casette in legno eseguito dai carabinieri forestali e l’indagine nei confronti di sette persone (proprietari, costruttore, funzionari del Comune e della Regione) di cui il Tirreno ha dato conto ieri, il vicesindaco Stefano Ferrini e l’assessore all’urbanistica Carla Maestrini hanno inviato una lunga nota in cui l’amministrazione comunale dice di voler «chiarire gli aspetti del procedimento autorizzativo delle tende “glamping” all’interno dell’agriturismo e la ragione delle scelte fatte, dettate da un’interpretazione ben precisa della normativa. Ribadendo la fiducia nella magistratura e negli organi inquirenti, riponiamo piena fiducia nell’operato degli uffici e siamo convinti che le indagini si concluderanno dimostrando le piene legittimità e correttezza della procedura messa in atto dall’amministrazione comunale. Da sempre abbiamo combattuto gli abusi sul territorio, proprio stamani è stato ordinata una demolizione coattiva all’Asca, per cui ci sentiamo di dichiarare che i nostri funzionari hanno agito nel pieno rispetto delle normative. Dispiace inoltre che venga trasmessa un’immagine che tende a ledere la visione turistica del territorio proprio in un momento in cui, grazie anche agli investimenti dei privati e agli interventi che qualificano la nostra offerta, stiamo cercando di crescere in questo settore, nel pieno rispetto delle caratteristiche paesaggistiche e ambientali che rappresentano la nostra forza».
Contrariamente a quanto sostengono a vario titolo il pm Daniele Rosa, il giudice delle indagini preliminari Antonio Del Forno e i carabinieri che hanno eseguito gli accertamenti, Ferrini e Maestrini affermano che «non è stato mai autorizzato e non sono presenti nell’area manufatti in legno o cemento, ma solo tende in tela. Gli scarichi esistenti non sono equiparabili a fognature, sono sistemi di smaltimento collegati al depuratore, del tutto ammissibili. Il procedimento è stato avviato nel maggio 2016, quando l’amministrazione comunale aveva rilasciato l’autorizzazione Suap, unico titolo richiesto per questo tipo di attività che comprende autorizzazione paesaggistica e commissione edilizia e che consentiva la realizzazione di 23 piazzole, con servizi igienici e manufatti a supporto delle attività didattiche realizzabili in legno, come da Regolamento urbanistico». Poi i due assessori confermano quanto avevamo scritto: «A seguito di un sopralluogo della forestale, nel 2017, l’amministrazione comunale in un primo momento aveva avviato un procedimento di abuso edilizio per parziale difformità delle tende rispetto alle prescrizioni. Nel frattempo però la giunta regionale, il 12 giugno, aveva approvato un documento con cui si definiva la tipologia delle tende “glamping”, vista la grande varietà di tensostrutture utilizzate per allestire questi campi negli agriturismi. Per la Regione, in attesa di una più esauriente definizione, le tende glamping ammissibili erano quelle realizzate con pareti e tetto in tela, come quelle di Poggio Rosso. Dopo questo indirizzo, l’amministrazione comunale aveva fatto un ulteriore incontro in Regione e chiesto un sopralluogo per verificare la tipologia delle strutture di Poggio Rosso; era emerso che le tende erano in linea con la disciplina regionale. In base a questi approfondimenti e verifiche, e facendo riferimento a quanto stabilito dalla Regione, il Comune ha rivisto la precedente posizione, procedendo all’archiviazione del procedimento».In realtà il gip Del Forno (un giudice terzo), nel decreto con cui dispone il sequestro preventivo scrive che «le opere in concreto realizzate sono del tutto difformi rispetto a quelle previste dal provvedimento autorizzatorio», cioè la Suap, non essendo «assimilabili ad attrezzature per il campeggio in quanto non agevolmente smontabili o montabili a seconda della presenza degli ospiti». Il giudice parla di «costruzioni fisse e inamovibili dotate, è vero, di pareti laterali e tetti in tela plastificata, ma essendo il tutto saldamente intelaiato in massicce strutture di travi (…) e altrettanto saldamente connesso a solide piattaforme in legno infisse nel terreno, corredate da ampie verande del medesimo materiale, allacciate a un impianto fognario appositamente predisposto» ecc.
Quanto al parere del funzionario della Regione, lo stesso giudice scrive che «la motivazione, pedissequamente confermata dal competente ufficio comunale nella delibera di archiviazione, non trova fondamento né nella legge regionale 30/2003 né nella decisione di giunta citata nel parere».
Sullo stesso argomento ha preso posizione anche la Federazione del Pd con questa nota:
“Inutile e vergognosa caccia alle streghe sulla vicenda Poggio Rosso. Crediamo che quanto compete alle amministrazioni e alle autorità giudiziarie dovrebbe stare fuori dal dibattito politico e dalle competizioni pre elettorali. Nostro malgrado, sentiamo la responsabilità di intervenire a seguito di una inutile e vergognosa caccia alle streghe che riteniamo dannosa e controproducente per la città e l’immagine che diamo di noi.
Non vogliamo entrare nel merito della vicenda ma riteniamo che i termini usati nella descrizione della stessa anche sui social non siano attinenti.
Si parla di ipotesi di “gravi abusi” edilizi quando nei fatti, se anche fosse accertata una irregolarità, sarebbe solo di tipo procedurale e cosa ancor più grave, si portano alla gogna tecnici comunali invocando i nomi sulla pubblica piazza come per i peggiori criminali. Noi non staremo con chi per ogni pretesto inneggia al massacro mediatico. Abbiamo fiducia negli operatori di giustizia che esamineranno gli atti ed esprimiamo piena solidarietà ai tecnici comunali che siamo certi hanno agito in onestà e buona fede nell’espletamento del loro lavoro”.