Sette sistemi elettorali ma il voto non è eguale
SAN VINCENZO 29 maggio 2015 — Il 31 maggio si vota in sette regioni tra le quali la Toscana. Se qualcuno riuscisse a farci capire cos’è un voto di questi tempi, renderebbe a tutti noi un gran servizio.
Tralasciamo per brevità il fatto che la Costituzione della Repubblica Italiana (tutt’ora in vigore) costruisce un sistema democratico che ha nel voto soltanto uno degli elementi – forse neppure il più importante– che costituiscono l’impianto della società e le regole della convivenza civile nel nostro Paese. Senza i diritti, i doveri, il lavoro, la scuola pubblica, la giustizia ecc … hai voglia di votare, la democrazia viene meno, sia perché non puoi raccontare che chi muore di fame partecipa al governo della società nella stessa misura del miliardario, sia perché i vari elementi citati si intrecciano influenzandosi reciprocamente. Se non c’è giustizia e lavoro, se non si riconoscono i diritti fondamentali sarà impossibile parlare di “voto libero”.
Ma soffermiamoci sul momento delle votazioni. I padri costituenti hanno scelto poche e chiare parole per fissare paletti rigidi e tutelanti ad eventuali scellerati legislatori nella manipolazione della volontà popolare: il voto è personale ed eguale, libero e segreto.
In effetti non servirebbe null’altro per comprendere quale sia un sistema elettorale democratico e quale risponda ad altri criteri. Negli ultimi vent’anni è avanzata l’idea per la quale ciò che conta non è che le Istituzioni siano lo specchio della volontà popolare, ma che ci sia una maggioranza assoluta riconoscibile. Questo sarebbe necessario al fine di garantire la stabilità, concetto assai strano se si pensa che con il proporzionale l’Italia ha avuto per quasi mezzo secolo, sostanzialmente la stessa maggioranza.
Ma se, comunque finisca lo scrutinio, deve esserci una maggioranza assoluta, come può il voto essere “eguale”?
Parrà strano ma con questo aggettivo i padri costituenti non intendevano che tutti dovessimo votare allo stesso modo, loro che avevano conosciuto direttamente il dramma del fascismo sapevano che non era la strada giusta. Intendevano invece che il mio voto per il partito “X” doveva avere egual rappresentanza rispetto al tuo voto al partito “Y”.
Sul lemma “libero” gioverà qui schematizzare e sintetizzare in modo estremo. Per libero è necessario intendere libero da condizionamenti impropri. Ciò che deve condizionare il voto personale è l’adesione ad un sistema di valori, ad un progetto politico e la fiducia nei rappresentanti che lo incarnano.
In Toscana vige, da poco, un sistema elettorale a doppio turno maggioritario plurinominale con ripartizione proporzionale dei seggi all’interno degli schieramenti. Almeno io lo classificherei così. In pratica si elegge direttamente il Presidente se ottiene almeno il 40% dei voti validi, altrimenti vanno al ballottaggio i due più votati.
La ripartizione dei seggi è rigidamente fissata. Se chi vince supera il 45% si porta a casa il 60% dei seggi, altrimenti il 57,5%. Sbarramenti alla moda, ovvero diversificati per le coalizioni (10%), per i partiti all’interno di coalizioni (3%) e per i partiti non coalizzati (5%).
Partiamo dal premio di maggioranza. Teoricamente può ottenere il 57,5% dei consiglieri regionali una forza che non rappresenta nemmeno un decimo dei voti validi. Certamente, stando alle stime sull’affluenza, chi otterrà il premio di maggioranza rappresenterà forse un quinto dei toscani aventi diritto al voto. A prescindere da questo, varrà la pena di sottolineare che il premio di maggioranza nega con ogni evidenza il principio costituzionale del voto eguale.
Ammettiamo che Pinco Pallo e Caio Lucia ottengano il 35% e il 28% e vadano al ballottaggio, dietro Calpurnio Bestia col 27% e Tal dei Tali col 10%. Al ballottaggio Caio Lucia ottiene il 51% e diventa presidente. Faccio notare che il 51% al secondo turno può essere un numero di voti non diverso dal 28% al primo turno a causa di un calo dell’affluenza. Il fatto che si consideri ormai ogni dato elettorale sulla base di percentuali e non del numero di voti è una distorsione che produce effetti nefasti sul funzionamento delle nostre istituzioni.
In tal caso Caio Lucia, col 28% dei voti, otterrà 23 seggi mentre Pinco Pallo si fermerà a 8 consiglieri pur avendo totalizzato il 35% dei voti al primo turno, Calpurnio Bestia, che pure ha ottenuto pochi consensi in meno della neopresidente Caio Lucia, otterrà 7 seggi anziché 23 e Tal dei Tali 2.
Ciò significa che il voto di chi ha scelto la vincente, nell’esempio di cui sopra, varrà 4,6 volte rispetto all’elettore di Caio Cai, 3,2 volte quello di chi ha votato Calpurnio Bestia e 3,6 volte quello dell’elettore di Pinco Pallo.
La simulazione sopra riportata non è neppure troppo stravagante, potrebbero presentarsi situazioni ancora più distorsive del principio per il quale il voto deve essere eguale. Infatti, purché riesca ad arrivare al ballottaggio e a vincerlo, Caio Lucia avrebbe potuto avere percentuali molto basse al primo turno e si ritroverebbe comunque 23 seggi su 40.
Gli sbarramenti per le liste poi, sono un capolavoro di distorsione del voto popolare. Una coalizione ha bisogno del 10% per essere rappresentata, un partito singolo del 5% e un partito all’interno di una coalizione del 3%. Ammettendo che i voti validi siano cento, il voto di chi sceglie un partito non coalizzato, vale un quinto di seggio, il voto di chi sceglie un partito all’interno di una coalizione vale un terzo di seggio. Ciò significa che, ai fini della rappresentanza, il voto del secondo cittadino è uguale a quasi due voti del primo, con buona pace della coalizione.
Sarebbe da indagare anche la ragione per cui il legislatore ha ritenuto necessario introdurre lo sbarramento al 3% quando, essendo i seggi disponibili 40, la soglia di sbarramento implicita è al 2,5%, ma qui siamo nella rubrica curiosità e stravaganze.
Per aggiungere un ultimo elemento a questa disamina tutt’altro che esaustiva del “toscanellum”, piacerebbe sapere perchè la soglia da superare per non andare al ballottaggio dovrebbe essere il 40% dei voti validi.
In Italia conosciamo il ballottaggio perché è presente nel sistema elettorale dei comuni superiori ai 15.000 abitanti ed è legato ad una necessità di maggiore rappresentanza dell’elettorato. Essendo infatti il sindaco investito di poteri enormi dal nostro ordinamento e stante l’attuale sistema maggioritario vigente nelle elezioni degli Enti Locali, il legislatore ha sentito la necessità di riallacciare la figura del sindaco ad un ampio consenso popolare, almeno nei Comuni medio — grandi. Se non si raggiunge la maggioranza assoluta dei voti validi 50%+1, occorre una “riprova”.
In tal senso è comprensibile la soglia del 50%+1 perché trattasi della maggioranza assoluta dei voti validi (non degli elettori, ma è già qualcosa). Ciò significa che se la maggioranza assoluta dei votanti ha scelto tal candidato, costui evidentemente incarna le esigenze di rappresentanza di un numero maggiore di elettori rispetto alla somma degli altri candidati.
Il 40%, soglia sopra la quale si evita il ballottaggio per il Presidente della Regione Toscana, che cos’è? Significa che un candidato ha una minoranza di voti validi, embè? Chi assicura che costui rappresenti meglio di altri le esigenze di rappresentanza dei cittadini? Perché è necessario un ballottaggio per chi raggiunge una minoranza del 39,9% dei voti validi e non per chi raggiunge una minoranza del 40,1%?
Altrove non va molto meglio. Nelle altre 6 regioni al voto il modello è sostanzialmente lo stesso senza il ballottaggio. In Veneto il premio di maggioranza è al 60% se il candidato ha superato il 50%. al 57,5% se il candidato ottiene tra il 40 e il 50% e al 55% se non ottiene neppure il 40%. Se il candidato ottiene un suffragio ampio, il premio è limitato, se il candidato è rappresentativo di una minoranza il premio è ampio. Se il candidato arriva primo con il 30% il regalo è di un quarto sul totale dei seggi. Anche in questo caso l’obiettivo non è che le istituzioni rappreentino i cittadini ma che qualcuno possa avere una maggioranza così ampia da non dover mediare le proprie posizioni. Soglia di sbarramento al 5% per tutti.
La soglia magica del 40% appare anche in Puglia dove si ottengono il 58% dei seggi se si supera il fatidico 40%, il 56% se ci si ferma tra il 35 e il 40% mentre ci si deve accontentare di un 54% dei seggi se non si raggiunge il 35%. Se non è comprensibile la scelta delle percentuali nel toscanellum, appare persino più misteriosa quella pugliese. Lo sbarramento è all’8% per liste non coalizzate, al 4% per le liste in coalizione. Buffo che in Puglia in linea teorica chi ottiene un 10% dei voti possa ottenere la maggioranza del 54% dei seggi, ma chi ottiene il 7% dei voti e non ha avuto l’accortezza di coalizzarsi, non possa ottenere neppure un seggio.
Nella versione marchigiana si ottiene il 60% se si è raggiunto il 40% dei consensi, il 56,6% se si è raggiunto il 37% e il 53,3% dei seggi se si è raggiunto il 34%. Sembra di giocare i numeri al lotto.
Anche in Campania si garantisce il 60% dei seggi a chi vince come in Umbria dove semplicemente, chi arriva primo, a prescindere dalla percentuale ottenuta, ottiene il 60% dei seggi.
Abbiamo visto come i sistemi elettorali regionali si impegnino a garantire la “governabilità” o meglio una larga maggioranza alle minoranze che arrivano prime ma non si curano di fare una rappresentanza fedele della volontà popolare. Il problema è enorme perché se da un lato il recente passato ha dimostrato in modo incontrovertibile che la stabilità e la governabilità non si costruisce attraverso meccanismi elettorali, dall’altro la pratica di svalutare il voto individuale negandogli la rappresentanza, allontana il corpo elettorale e lo costringe in una ragionata astensione.
Si spiega in tal modo sia il crollo dell’affluenza, sia la grande ingovernabilità che i sistemi maggioritari hanno determinato nelle Regioni italiane. Nel 1995 e nel 2000 si votava per il rinnovo dei consigli regionali di 15 regioni. Progressivamente le regioni sono state travolte da scandali più o meno eclatanti e oggi riescono ad andare al voto solo 7 regioni contemporaneamente. Un segnale allarmante che collega la stabilità degli esecutivi all’irrisolta questione morale.
Rimandando a ulteriori approfondimenti la discussione di questi dati, occorre spendere un’ultima parola sul fatto che in questo nostro bel Paese si riesce ad andare a votare con sette sistemi elettorali differenti per il rinnovo di sette consigli regionali. Possiamo affermare senza timori d’essere smentiti che anche in questo senso il voto dei cittadini italiani non è eguale.