LA REGIONE dà IL VIA ALLA CAVA DI MONTE CALVI FINO AL 2028

Si cavi ancora, tanto c’è l’economia circolare

· Inserito in News dal territorio

PIOMBINO 9 giug­no 2017 – La Regione Toscana ha espres­so una pro­nun­cia pos­i­ti­va di com­pat­i­bil­ità ambi­en­tale sul “Prog­et­to di vari­ante al prog­et­to autor­iz­za­to per la Cava di inerte cal­careo denom­i­na­ta Monte Calvi — Comu­ni di Campiglia Marit­ti­ma (LI) e San Vin­cen­zo (LI)” sub­or­di­nata­mente al rispet­to di pre­scrizioni e rac­co­man­dazioni che riguardano aspet­ti prog­et­tuali e ambi­en­tali tesi a mit­i­gare l’im­pat­to.
È la con­clu­sione del pro­ced­i­men­to di val­u­tazione di impat­to ambi­en­tale.
Il prog­et­to di colti­vazione prevede­va di dover movi­menta­re, entro il 2018, 5.310.000 metri cubi resid­u­ali dei 8.507.000 metri cubi del­l’o­rig­i­nario prog­et­to del 1999, di cui 3.647.000 metri cubi di cal­care mas­s­ic­cio e 1.663.000 metri cubi di cal­cari e marne del­la Serie Toscana, in parte da riu­ti­liz­zare per i lavori di ripristi­no ambi­en­tale (517.300 metri cubi) ed in parte da com­mer­cial­iz­zare (1.145.700 metri cubi).
Dunque non solo il micro­cristalli­no di cui tan­to si par­la a gius­ti­fi­cazione del­la con­ti­nu­ità dell’ attiv­ità di cava ma anche mate­ri­ale da uti­liz­zare nelle costruzioni, infra­strut­ture e quan­t’al­tro.
Il vol­ume anco­ra da colti­vare, rel­a­ti­vo alla vari­ante al prog­et­to autor­iz­za­to, ammon­ta com­p­lessi­va­mente a cir­ca 3.075.066 metri cubi così ripar­ti­to:

  • mate­ri­ale cal­careo cir­ca 2.918.498 metri cubi; la mag­gior parte (69%), pari a cir­ca 2.012.152 metri cubi proviene dal­l’area cor­rispon­dente al piaz­za­le di cava ed al set­tore merid­ionale, men­tre il resid­uo (31%), pari a cir­ca 906.346 metri cubi dal­la zona grado­na­ta;
  • mate­ri­ale di cop­er­tu­ra cir­ca 156.568 metri cubi; l’in­tero vol­ume proviene dal­la zona grado­na­ta ed è cos­ti­tu­ito da tre diverse litolo­gie (cal­care rosso ammoniti­co, cal­care sel­cif­ero e marne a posi­don­o­mya); l’in­ci­den­za del­la cop­er­tu­ra, rispet­to a vol­ume com­p­lessi­vo estrat­to, è pari a cir­ca il 5% rispet­to al 32% attuale.

In realtà si arriverà fino al 2028 per­ché, durante l’iter pro­ce­du­rale, si è svol­ta il 30 novem­bre 2016 una riu­nione del “Tavo­lo di Crisi Cave di Campiglia” da cui è emer­so che si può pro­l­un­gare l’attività estrat­ti­va del­la cava “Monte Calvi” oltre il ter­mine del 2018 ed il Comune di Campiglia si è reso disponi­bile a pro­porre gli atti nec­es­sari a garan­tire nel tem­po (fino al 2028) il pieno esauri­men­to del piano di colti­vazione e ripristi­no ambi­en­tale. La moti­vazione del­la soci­età tito­lare e del Comune insieme alla Regione Toscana è che in questo modo si rag­giunge l’o­bi­et­ti­vo del­la riduzione dei costi di eser­cizio e del man­ten­i­men­to degli attuali liv­el­li occu­pazion­ali oltre che dell’intera fil­iera. È bene sapere che, sem­pre sec­on­do i dati del­la soci­età Cave di Campiglia, “attual­mente il numero delle maes­tranze è pari a quar­an­ta tra imp­ie­gati ed oper­a­tori” men­tre “nel­l’in­dot­to gen­er­a­to attual­mente sono coin­volte numerose aziende locali che for­niscono mate­ri­ali e servizi nec­es­sari all’at­tiv­ità estrat­ti­va”.
L’area estrat­ti­va è com­ple­ta­mente cir­con­da­ta dal sito Natu­ra 2000 Monte Calvi di Campiglia ed è inoltre lim­itro­fa all’area nat­u­rale pro­tet­ta d’in­ter­esse locale San Sil­ve­stro, isti­tui­ta nel 1998 che si estende per cir­ca 699 ettari a sud del­l’area di cava.
Con­tem­po­ranea­mente il Comune di Campiglia ha avvi­a­to il pro­ced­i­men­to di vari­ante al piano strut­turale e al rego­la­men­to urban­is­ti­co in adegua­men­to al piano regionale delle attiv­ità estrat­tive, di recu­pero delle aree esca­v­ate e riu­ti­liz­zo dei residui recu­per­abili per apportare una “mod­i­fi­ca nor­ma­ti­va al Piano Strut­turale per con­sen­tire alle soci­età eser­centi di esaurire le vol­ume­trie già autor­iz­zate con i vigen­ti piani di colti­vazione in via di sca­den­za, nelle more del­la definizione delle strate­gie del Piano Regionale Cave del­la Regione Toscana” col­lo­can­do sul­lo sfon­do l’o­bi­et­ti­vo di evitare i licen­zi­a­men­ti e garan­tire la tutela del red­di­to riat­ti­van­do i con­trat­ti di sol­i­da­ri­età.
Niente di nuo­vo sot­to il sole: ormai è una con­sue­tu­dine del­la ges­tione del ter­ri­to­rio in Val di Cor­nia.
In man­can­za di una pro­pria autono­ma capac­ità e volon­tà di pro­gram­mazione ogni vol­ta che un’azien­da si fa avan­ti (ovvi­a­mente met­ten­do in pri­ma lin­ea prob­le­mi occu­pazion­ali) i Comu­ni fan­no pro­prio ciò che viene det­to e richiesto e mod­i­f­i­cano a questo fine gli stru­men­ti urban­is­ti­ci. È già suc­ces­so per il muta­men­to delle des­ti­nazioni d’u­so del­la res­i­den­za tur­is­ti­co alberghiera di Pog­gio all’ Agnel­lo, è già suc­ces­so con la vari­ante Afer­pi, sta succe­den­do per le cave.
In questo caso in par­ti­co­lare emerge un altro aspet­to anch’es­so diven­ta­to una con­sue­tu­dine: lan­cia­re a parole gran­di cam­bi­a­men­ti (in questo caso l’e­cono­mia cir­co­lare ed un nuo­vo mod­el­lo di svilup­po) e poi dimen­ti­car­si tut­to quan­do si pas­sa alle deci­sioni. Ed allo­ra suc­cede che nei lavori del por­to non viene nem­meno cita­ta nei capi­to­lati d’ap­pal­to l’u­ti­liz­zazione di mate­ri­ale rici­cla­to, sul­la cave si pro­l­ungano le estrazioni fino al 2028 e si invo­ca con­tem­po­ranea­mente l’u­ti­liz­zazione degli ammor­tiz­za­tori sociali pagati dal­lo Sta­to con denaro pub­bli­co.
Eppure di tem­po per preparare soluzioni diverse ce ne sarebbe sta­to in abbon­dan­za se si fos­se volu­to. In realtà non si è volu­to al di là di quan­to det­to ed in questo caso anche quan­to scrit­to.
Bas­ta ricor­dare che fu

  • del 1997 l’impegno del Comune di Campiglia a inserire nel­la con­ven­zione per la colti­vazione del­la cava la clau­so­la che le gra­nol­ume­trie non uti­liz­z­abili nel ciclo siderur­gi­co “potran­no essere lib­era­mente com­mer­cial­iz­zate con terzi”;
  • del 1998 la deci­sione di spostare il ter­mine del­la colti­vazione dal 2014 al 2016,
  • del 1999 l’ul­te­ri­ore sposta­men­to del ter­mine al 31 dicem­bre 2016 e la fis­sazione delle quan­tità estraibili in 4.865.000 metri cubi,
  • del 2002 l’ul­te­ri­ore sposta­men­to del ter­mine al 2018 e l’au­men­to delle quan­tità estraibili a 8.507.000 metri cubi.

Nat­u­ral­mente ancor pri­ma di sco­prire l’e­cono­mia cir­co­lare, oggi tan­to cita­ta, Comu­ni e Cir­con­dario del­la Val di Cor­nia, Provin­cia di Livorno e Regione Toscana sot­to­scrive­vano il 30 otto­bre 2002 nel quale si pote­va leggere:“Per quan­to riguar­da le attiv­ità estrat­tive di cava e di miniera, il ter­ri­to­rio del­la Val di Cor­nia è pesan­te­mente seg­na­to da una pre­sen­za ormai strat­i­fi­ca­ta nel tem­po.
Per le attiv­ità di cava, che più impeg­nano il ter­ri­to­rio sul ver­sante delle prob­lem­atiche ambi­en­tali, l’indirizzo è quel­lo di giun­gere alla sca­den­za delle autor­iz­zazioni comu­nali sen­za ulte­ri­ori rin­novi. Si intrec­cia, al propos­i­to, per le cave di cal­care del campigliese, la ques­tione del­la pro­duzione di mate­ri­ale inerte dal ciclo TAP che potrebbe con­sen­tire un minor fab­bisog­no com­p­lessi­vo”.
Ma abbi­amo vis­to bene (Stile libero se ne è occu­pa­to in diver­si arti­coli, ndr)

  • che con­tin­uare la colti­vazione per altri dieci anni non è nuo­va autor­iz­zazione,
  • che la Tap non sia cer­to diven­ta­ta la pri­or­ità delle politiche pub­bliche è la sto­ria che lo tes­ti­mo­nia,
  • che la prob­lem­at­i­ca dei rifiu­ti indus­tri­ali da rici­clare e trasfor­mare in prodot­ti da uti­liz­zare in alter­na­ti­va a quel­li di cava è sta­ta dimen­ti­ca­ta.

Così van­no le cose in atte­sa del­l’e­cono­mia cir­co­lare e del nuo­vo mod­el­lo di svilup­po.

(Foto di Pino Bertel­li)

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