Si conclude “L’immagine e il segno”

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SAN VINCENZO 23 luglio 2015 — Si con­clude, domeni­ca 26 luglio alle 21.15 nel­la Sala con­sil­iare del­la Torre di San Vin­cen­zo, il ciclo di con­feren­ze dal tito­lo “L’im­mag­ine e il seg­no”, cura­ta dal pro­fes­sor Gio­van­ni Manet­ti, docente di Semi­ot­i­ca all’U­ni­ver­sità di Siena.
La terza ed ulti­ma con­feren­za sarà tenu­ta dal pro­fes­sor Sal­va­tore Set­tis, uno dei mas­si­mi intel­let­tuali ital­iani esper­ti di immag­i­ni, diret­tore a Los Ange­les del Get­ty Research Insti­tute (dal 1994 al 1999) e a Pisa del­la Scuo­la Nor­male Supe­ri­ore (dal 1999 al 2010), le cui com­pe­ten­ze spaziano dal­la sto­ria del­l’arte anti­ca a quel­la post-anti­ca, ma i cui inter­es­si includono anche temi di ori­en­ta­men­to e di polit­i­ca cul­tur­ale, che Set­tis ha espres­so con lib­ri e pam­phlet che unis­cono ad una grande pro­fon­dità un ampio suc­ces­so.
Il tema di cui si par­lerà durante l’incontro è “L’im­mag­ine di Lao­coonte sot­to il seg­no del dolore”. La stat­ua che si tro­va nei Musei vat­i­cani, scop­er­ta il 10 gen­naio 1506, e subito riconosci­u­ta come il grup­po scul­toreo di cui Plinio par­la con gran­dis­si­mo apprez­za­men­to, ebbe un imme­di­a­to suc­ces­so e fu subito vista come stra­or­di­nario e ineguagli­a­bile esem­pio di espres­sione del dolore. Siamo di fronte ad un caso in cui un’im­mag­ine è emi­nen­te­mente “seg­no”. Seg­no mim­ico di una dimen­sione patem­i­ca, di un sen­ti­men­to. Tra l’al­tro, per una sor­ta di stra­no, ma emblem­ati­co, cor­to­cir­cuito, la stat­ua si trasfor­ma subito da immag­ine pagana a emble­ma del­la pas­sione di Cristo. Ma, come osser­va­va Barthes dicen­do che sen­za scrit­tura l’im­mag­ine ha sem­pre un sen­so flut­tuante, la doman­da è se l’e­spres­sione dei suoi mus­coli fac­ciali con­trat­ti indichi­no un gri­do arti­co­la­to o un atteggia­men­to trat­tenu­to ed eroico di dolore. In realtà un testo c’è: ed è quel­lo vir­giliano, sec­on­do cui Lao­coonte “innalza al cielo urla ter­ri­bili”. Ma non è riso­lu­ti­vo e non ripro­duce inequiv­o­ca­bil­mente la fisi­olo­gia fac­ciale trat­teggia­ta dai tre autori del grup­po scul­toreo, Atan­odoro, Age­san­dro e Poli­doro; ques­ta fisi­olo­gia è più com­p­lessa e sem­bra indi­care un atteggia­men­to in cui il sogget­to trat­tiene l’e­spres­sione aper­ta del dolore.

UFFICIO STAMPA COMUNE DI SAN VINCENZO

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