Si ricomincia col metodo delle narrazioni felici
PIOMBINO 25 febbraio 2018 – Il ministro Carlo Calenda era stato assolutamente chiaro. Più e più volte aveva ripetuto: «…ammesso e non concesso che vada tutto bene, perché è una roba tra le parti, Jindal dovrà presentare il suo piano industriale che il sindacato esaminerà e esprimerà le proprie valutazioni…».
E dunque calma e gesso, niente è scontato e niente è conosciuto, pareva esclamare.
Invece sull’onda delle prime dichiarazioni del presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, «…in questo modo si riapre la prospettiva di tornare a produrre acciaio a Piombino, che è ciò che interessa principalmente alla Regione, perché significa poter occupare nuovamente tutti gli addetti…», è ricominciata la corsa all’annuncio più roseo possibile. Talvolta fondato su indiscrezioni enunciate come tali, talaltra su certezze assolute.
Oggi è la Repubblica che raggiunge il culmine: «…Le linee guida del progetto di Jindal (che punta a fare di Piombino la propria base in Europa) tracciano un investimento di circa 400 milioni, la riaccensione dell’altoforno, quattro laminatoi (i tre attuali che producono rotaie, barre e vergelle, più un nuovo per i prodotti piani), l’impiego di 1800 addetti e tre milioni di tonnellate di acciaio all’anno...». È vero che due righe sotto l’autore dell’articolo informa che gli uomini del gruppo indiano avranno modo di analizzare lo stato di salute degli impianti, cosa non secondaria nell’ipotesi di riattivare l’altoforno, ma sembra che la cosa sia del tutto incidentale.
Sulla fattibilità tecnica torneremo sopra con un altro articolo.
Non sarebbe male però utilizzare da subito un po’ di memoria. Se lo si facesse si scoprirebbero dichiarazioni del tutto avventate che consiglierebbero invece un po’ più di prudenza, ma tant’è.
Era il 6 settembre 2014 ed un comunicato stampa della Regione Toscana informava: «… “Back to the old days of glory”, tornare agli anni d’oro, con un nuovo piano industriale. Il messaggio lasciato da Sajian Jindal sul libro degli ospiti del presidente della Toscana Enrico Rossi, una pagina intera vergata di proprio pugno in inglese, non è un accordo ma vale come un’antica stretta di mano…». E poi, con le parole dello stesso presidente «…Ed è l’impegno a studiare la riapertura dell’area a caldo di Piombino per tornare in un paio di anni a produrre acciaio…Ma dalle fase di studio siamo passati a quella dell’impegno e ce n’è abbastanza per farne un sabato felice: una buona notizia per Piombino, per la Toscana e l’Italia tutta…L’altoforno di Piombino era stato infatti spento perché non più produttivo e finora, nel corso della trattativa con il commissario liquidatore, di continuare a produrre acciaio a Piombino gli indiani non avevano parlato. Qualcosa è cambiato…».
Naturalmente non poteva mancare il coro:
«Mi pare che si possa parlare di un grosso passo in avanti» affermava il sindaco di Piombino Massimo Giuliani,
«Da quanto ho saputo, aggiungeva l’ex sindaco Gianni Anselmi — si evince che la presenza di Jindal non dovrebbe essere una presenza temporanea, ma si può essere autorizzati a pensare che Jsw voglia contribuire a riaccendere l’area a caldo e fare di Piombino un moderno polo strategico per la produzione e la lavorazione dell’acciaio».
Nei ringraziamenti svettava Andrea Manciulli, piombinese, deputato PD, presidente della delegazione italiana alla NATO: «Esprimo grande soddisfazione per la notizia delle iniziative di confronto promosse questa mattina a Firenze da Matteo Renzi ed Enrico Rossi con Jindal. Finalmente abbiamo la possibilità di intravedere una prospettiva per il futuro delle acciaierie di Piombino e dell’industria siderurgica italiana, di cui la Lucchini è un pezzo fondamentale. Credo sia giusto fare i complimenti e ringraziare il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e il Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi per il lavoro fatto per rilanciare una prospettiva di futuro per le acciaierie di Piombino. Ci metteremo tutti al lavoro per supportare questa possibilità, ognuno nelle proprie vesti istituzionali».
Plus de souplesse, più accortezza, sarebbe stata utile.
Cosa successe in realtà?
Il 23 luglio 2014 il ministero dello sviluppo economico aveva preso atto del contenuto dell’offerta vincolante presentata da JSW Steel Limited (“JSW”) il 14 luglio 2014 per l’acquisto
del ramo di azienda laminazione (il “Ramo Laminatoi Piombino”),
del ramo di azienda “Vertek Piombino”,
del ramo di azienda dedicato alle attività di manutenzione condotto da Lucchini Servizi (il “Ramo Lucchini Servizi”)
ma, non ritenendola soddisfacente, aveva autorizzato il commissario straordinario Piero Nardi ad «avviare una trattativa con JSW — unico offerente — per il Ramo Laminatoi Piombino, compreso il Ramo Vertek Piombino ed il Ramo Lucchini Servizi, al fine di ottenere un’offerta definitiva in linea con la procedura di gara e migliorativa di quella presentata».
Dopo quella che lo stesso Nardi ebbe a definire una complessa negoziazione il 10 settembre 2014 (quattro giorni dopo l’incontro fiorentino con Renzi e Rossi) JSW presentò un’offerta per l’acquisizione dei tre laminatoi, del Ramo Vertek e del Ramo Lucchini Servizi presentando un piano industriale 2015–2019 che prevedeva tra l’altro,
- una produzione a regime di circa 800.000 tonnellate,
- l’effettuazione di investimenti pari a 10 milioni di euro per ciascuno dei primi tre anni di piano e 3 milioni di euro per ciascuno dei restanti due anni,
- l’installazione di un forno elettrico condizionata alla costruzione di un impianto per la preriduzione del minerale di ferro (ottenendo il cosiddetto “preridotto”) a sua volta subordinata alla disponibilità di gas naturale a prezzi inferiori a quelli di mercato tali da rendere “competitivo” il costo del preridotto.
Un’offerta insomma ben lontana da quella riapertura dell’area a caldo di Piombino per tornare in un paio di anni a produrre acciaio per la quale si erano levati tanti inni alla gioia.
Intanto l’ 8 settembre 2014 la società algerina Cevital aveva già inviato una manifestazione di interesse (non sollecitata) per l’acquisto dello stabilimento di Piombino, con sviluppo dell’ attività siderurgica e di attività agroindustriali per diversificare la struttura produttiva di Piombino e la storia finì con l’accettazione di quel piano immaginifico ed inattuabile di Cevital/Aferpi che, promettendo forni elettrici, nuovo laminatoio, strutture logistiche, insediamenti agroindustriali, piacque tanto agli stessi che avevano tessuto le lodi delle intenzioni di Jindal.
E così si arrivò al 30 giugno 2015 giorno della firma del contratto di vendita della ex Lucchini all’imprenditore algerino.
Sono passati quasi tre anni e il piano è rimasto inattuato.
Sajjan Jindal è sicuramente un imprenditore che, al contrario di Issad Rebrab, di siderurgia se ne intende, e questo è un fatto positivo, ma quel che preoccupa è che da parte dei responsabili politici ed istituzionali, con eccezione del ministro Calenda, si torna ad affrontare il problema con lo stesso metodo che ha già fatto fallimento e non solo una volta, il metodo delle narrazioni sempre felici.
Del tutto inascoltato l’invito a fare dichiarazioni sui fatti, non sulle supposizioni, sulle indiscrezioni o sui propositi narrati.
E non può certo tranquillizzare il fatto che, come afferma il Tirreno di oggi, «al segretario del Pd (Matteo Renzi, ndr) non dovrebbero mancare relazioni dirette sul caso, visto che è stato il suo amico Marco Carrai a suggerire agli indiani di Jsw due avvocati del “Giglio magico”, Umberto Tombari (presidente della fondazione Cassa di risparmi di Firenze) e Alberto Bianchi (presidente della fondazione Open, la cassaforte delle campagne elettorali di Renzi e della Leopolda) per la trattativa con Cevital».
Comprendo che il presidente Rossi ed altri stiano spingendo affinché l’intesa fra Rebrab e Jindal arrivi prima del 4 marzo, ma questo susseguirsi di dichiarazioni istituzionali esprime un evidente e grottesco infantilismo politico. I cittadini ed i lavoratori non hanno l’anello al naso. Una firma è solo un impegno neanche troppo pesante, tanto meno vincolante, ciò che conta è il progetto industriale, il miliardo di euro disponibile, se basterà, ed un cronoprogamma che indichi gli anni per realizzarlo. Il resto fino al 4 marzo, e poi dal 5 marzo a giugno 2019, è solo campagna elettorale. “A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.”