E lei disse sì, un documentario sull'amore di Lorenza e Ingrid

Si sposano in Svezia e narrano il loro amore

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Pino Bertelli

PIOMBINO 30 novem­bre 2014 — E lei disse sì (2014), di Maria Pec­chi­oli

Rapi­ta nel­lo spec­chio dei tuoi occhi respiro il tuo respiro. E vivo…
Non si può rompere mai un cuore tes­tar­do…
Vor­rei fare a tut­ti chiaro, vor­rei dire solo questo,
per me la bellez­za dell’anima, e quel­la del cor­po, sono gioiel­li del sole.
Per questo non mi nascon­derò nel mio nido… Mai… Fino all’ultimo istante mio,
ma con­tin­uerò di amare… e di essere ama­ta”.
Saf­fo

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I. La riv­o­luzione a colpi di bou­quets è appe­na com­in­ci­a­ta

La polit­i­ca del­la bellez­za con­tiene un’etica e un’estetica dell’amore che traval­i­ca ordi­na­men­ti, morali e val­ori cos­ti­tu­iti… il cor­ag­gio del cuore non ha con­fi­ni né bar­riere… i lim­i­ti, come i maestri, esistono per essere vio­lati. Nul­la è sta­to scrit­to sot­to il cielo, tut­to è invece nelle nos­tre ani­me in volo. Da qualunque parte la si guar­di, l’omosessualità fem­minile (come tutte le forme di “diver­sità, emar­gin­azione, anom­alie del­la quo­tid­i­an­ità offe­sa) esprime un tur­ba­men­to dei mod­el­li sociali… non parte­ci­pa al gio­co… denu­da il reale negli squilib­ri di sogget­tiv­ità devianti dall’ordine dei sim­u­lacri. “Dim­mi chi esclu­di e ti dirò chi sei!” (Don Andrea Gal­lo). La via del­la bellez­za com­in­cia nel piacere e la repres­sione di tutte le forme di bellez­za, anche le più incom­p­rese, è la negazione del piacere, e va scon­fit­ta.
DSC_7542L’omosessualità fem­minile, in par­ti­co­lare, è una con­dizione esisten­ziale che pone l’“oggetto del deside­rio” fuori dalle griglie del con­forme e del­la con­so­lazione. È il fare-ani­ma del­la bellez­za di cui parla­va Jung, l’archetipo del­la bellez­za come umana esisten­za. “Sono fer­ma­mente con­vin­to che se i cit­ta­di­ni si ren­dessero con­to del­la loro fame di bellez­za, ci sarebbe ribel­lione per le strade. Non è sta­ta forse l’estet­i­ca, ad abbat­tere il Muro di Berli­no e ad aprire la Cina? Non il con­sum­is­mo e i gad­get del­l’Oc­ci­dente, come ci viene rac­con­ta­to, ma la musi­ca, il col­ore, la moda, le scarpe, le stoffe, i film, il bal­lo, le parole delle can­zoni, la for­ma delle auto­mo­bili. La rispos­ta estet­i­ca con­duce all’azione polit­i­ca, diven­ta azione polit­i­ca, è azione polit­i­ca” (James Hill­man). Tut­to vero. L’amore che ci appar­tiene dura quan­to deve durare, sen­za pro­l­un­gar­si oltre il pretesto o l’incontro che l’ha sus­ci­ta­to. Per l’amore, come per la bellez­za, non ci sono catene.
La psi­colo­gia del pro­fon­do ha sbaraglia­to l’idea pre­dom­i­nante che l’omosessualità fem­minile sia un dis­tur­bo dell’iden­tità di genere… l’amore è sem­pre dove non si nasconde alle pro­prie emozioni… non impor­ta chi ami e quale ses­so abbia, ciò che vale e che tut­to ciò che fai cer­ca di far­lo con amore, dice­va Agosti­no il berbero (e anche mia non­na par­ti­giana). Nel­la sto­ria dell’umanità gli amori tra donne sono sta­ti sem­pre legiferati nel binomio repres­sione-negazione… da Saf­fo, pas­san­do per Gio­van­na d’Arco, Vir­ginia Woolf, Gertrude Stein, Tama­ra de Lem­pic­ka, Vita Sackville-West, Fri­da Kahlo, Isado­ra Dun­can, Eleono­ra Duse, Dju­na Barnes, Annemarie Schwarzen­bach, Sibil­la Aler­amo, Gre­ta Gar­bo, Mar­lene Diet­rich, Eleaonor Roo­sevelt, Kate Mil­lett, Mar­ti­na Navrátilo­va, Jodie Fos­ter (e tante donne non con­ver­tite all’oblio del potere maschile)… l’amore omoses­suale è sta­to un grimaldel­lo espres­si­vo (a volte anche una tor­cia) per ces­sare di fug­gire, celar­si o inginoc­chiar­si di fronte alla ragione impos­ta… il flo­ri­le­gio dell’amore omoses­suale fem­minile come conoscen­za di sé, è sem­pre (e ovunque) sta­to con­cepi­to come delit­to d’indiscrezione. Il deside­rio di amare e di essere amati non rispet­ta vin­coli sociali, politi­ci, reli­giosi… si libra a sosteg­no del­la bellez­za, del­la gius­tizia, del­la con­di­vi­sione e ori­en­ta la stel­la lib­er­taria del mer­av­iglioso nel­la vita aut­en­ti­ca.
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L’omosessualità fem­minile non è una vari­ante di quel­la maschile, subisce i medes­i­mi ostracis­mi da parte del­lo sta­to, del­la chiesa, del­la (fal­sa) toller­an­za, ma non sem­bra essere con­sid­er­a­ta (a tor­to) di eguale por­ta­ta ever­si­va dall’apostolato del­la tradizione… il dirit­to alle pas­sioni non ha generi… è l’appagamento del deside­rio… la ses­su­al­ità non è una (maschile o fem­minile) ma è tante cose… tan­ti spec­chi dell’erotismo (poco impor­ta se omoses­suale) vis­su­to come atto nat­u­rale… le per­sone omoses­su­ali non vogliono essere toller­ate, ma com­p­rese. Godere la pro­pria ses­su­al­ità sig­nifi­ca insorg­ere con­tro sec­oli di con­ven­zioni e vio­len­ze som­marie.
La con­tro-morale dell’omosessualità fem­minile è eretta ver­so la lib­ertà ed ele­va l’arte di esistere a riv­ol­ta supe­ri­ore del­lo spir­i­to, in oppo­sizione a un sis­tema di dom­i­nazione sociale che schi­ac­cia, sof­fo­ca o uccide i “diver­si”, gli esclusi, i “qua­si adat­ti”… l’omosessualità fem­minile con­tiene il gesto ereti­cale di roves­cia­re la mal­vagità, spez­zare l’arroganza e can­cel­lare le forche dell’umanità derisa… per pian­gere e gioire del­la comu­nità in amore che viene.
Il pic­co­lo film di Maria Pec­chi­oli (Loren­za Sol­dani e Ingrid Lam­mipää) E lei disse sì (finanzi­a­to attra­ver­so una cam­pagna crowd­fund­ing), è il rac­con­to di un amore, quel­lo tra due donne che van­no a sposar­si in Svezia, la ter­ra dal­la quale proviene il padre di Ingrid (la madre è ital­iana) e dove ha luo­go la fes­ta nuziale. ll sot­toti­to­lo, “La riv­o­luzione a colpi di bou­quets è appe­na com­in­ci­a­ta”, bene s’accorda con il roman­zo auto­bi­ografi­co che ne con­segue. Va det­to. Nell’italietta papali­na, cor­rob­o­ra­ta dai mias­mi del­la polit­i­ca fac­cendiera e bac­chet­tona (dove anche la “sin­is­tra” s’innesta nel­la stu­pid­ità gen­erale) gli omoses­su­ali non pos­sono “in ver­ità” sposar­si… come è soli­to in questo paese di aba­ti­ni, dove la par­ti­tocrazia è con­nivente con il crim­ine orga­niz­za­to e pri­mi min­istri e pres­i­den­ti del­la repub­bli­ca fre­quen­tano mis­er­abili del­la trage­dia stor­i­ca declas­sa­ta a farsa… si fa fin­ta di accettare il dirit­to all’omosessualità nei procla­mi elet­torali e al con­tem­po la si ghet­tiz­za nei gaze­bi cul­tur­ali (politi­ci, dot­tri­nari) del dis­a­gio a vivere… cosa nat­u­rale per un popo­lo di volt­agab­bana che ha sem­pre con­fu­so le luc­ci­ole con lanterne ed è sem­pre sta­to devo­to alla teolo­gia del più forte… una plebe stordi­ta da promesse, minac­ce, riv­e­lazioni, dis­cor­si roboan­ti che ama gli imbon­i­tori non può che cadere nel­la vol­gar­ità e nel con­sen­so sceller­a­to di una soci­età con­sumerista, che non va sostenu­ta ma aiu­ta­ta a crol­lare. Ad andare in fon­do alle cose, si riconosce che dietro la dis­in­voltura, la benev­olen­za, le buone maniere di un politi­co, un prete, un idio­ta o di un san­to, si cela il dis­gus­to, l’equivoco, lo sgo­men­to… l’impudore dell’omosessualità li spaven­ta, sen­za sapere mai che nel­la sto­ria con­tem­po­ranea — incon­cepi­bile sen­za la raf­fi­na­ta civiltà del popo­lo omoses­suale— l’omosessualità fem­minile e maschile rap­p­re­sen­ta il disin­gan­no del­la grazia. La com­pas­sione (avere pas­sione) dell’esistenza lib­er­a­ta.

II. E lei disse sì

locandinaE lei disse sì è una sor­ta di doc­u­men­tario, o meglio, è il pun­to di vista doc­u­men­ta­to dell’amore di due ragazze, Loren­za e Ingrid, un can­to alla gioia, al piacere, alla felic­ità… proi­et­ta­to nel­la sezione ded­i­ca­ta ai doc­u­men­tari ital­iani, ha vin­to il Biografilm Italia Award 2014 (e si è aggiu­di­ca­to anche l’Audience Award). La moti­vazione del­la giuria è sta­ta ques­ta: “Il pri­mo pre­mio del­la giuria va a Lei disse sì di Maria Pec­chi­oli per­ché con uno stile pieno di grazia e sem­plic­ità rac­con­ta un gesto d’amore che solo una soci­età impau­ri­ta può ren­dere riv­o­luzionario. La sin­cer­ità nuda dei sen­ti­men­ti uni­ta alla forza polit­i­ca di questo atto di gioia sono rac­chiusi in un film che arri­va sen­za medi­azioni al cuore del­lo spet­ta­tore”. Il film è sta­to gira­to in pun­ta di grazia, è vero, e al di là di certe esi­tazioni strutturali/tecniche (i pri­mi quindi­ci minu­ti) e sbalzi di fotografia, sequen­ze un po’ trop­po didas­caliche (i cartel­li delle autostrade o inter­viste in bar occa­sion­ali), la reg­ista ci por­ta nell’intimità di una situ­azione amorosa con estrema leg­gerez­za… il rizomario di del­i­catezze fig­u­rali sono molte… e sem­bra­no dire che se vogliamo che l’amore torni al mon­do è pri­ma nec­es­sario che vi torni la bellez­za.
Il fas­ci­no del­la sem­plic­ità affi­na­ta che ador­na l’intero film spos­ta la spet­ta­to­ri­al­ità fuori dai par­aven­ti del­la trasgres­sione forza­ta e li sos­ti­tu­isce con l’affermazione di chi non vuole possedere né essere posse­du­to… E lei disse sì è anche un atto politi­co o una filosofia del­la fierez­za des­ti­na­ta a chi se ne impadro­nisce e va a toc­care al fon­do le coscien­ze più sen­si­bili. “È una denun­cia – dicono le pro­tag­o­niste del doc­u­men­tario – con­tro la grave arretratez­za ital­iana in mate­ria di dirit­ti civili, e un modo per indi­care la direzione gius­ta: la stra­da fino a quel­la cer­i­mo­nia nei boschi, a quel­la famiglia allarga­ta riu­ni­ta sen­za pregiudizi attorno alla realtà dell’amore”. Si trat­ta di amare il pro­prio des­ti­no, accettar­lo nell’adesione più totale, affer­rare la pro­pria sto­ria ed esprimere la vital­ità che la abi­ta.
E lei disse sì nasce dall’omonimo video-blog cura­to dalle pro­tag­o­niste… le due gio­vani donne deci­dono di sposar­si per vedere riconosciu­ti i dirit­ti che man­cano alla comu­nità omoses­suale e vedono nel loro gesto il sim­bo­lo di un futuro con­di­vi­so, sen­za stec­ca­ti ide­o­logi­ci né recin­ti morali… per­me­t­tere a ciascuno/a di diventare poeti del­la pro­pria viven­za. “Il mat­ri­mo­nio è un prog­et­to di vita, ma anche un prog­et­to politi­co”, dice Loren­za, con un sor­riso aper­to, dis­ar­mante… l’utopia è di quelle for­ti… ma per chi come noi è sta­to all­e­va­to nel­la pub­bli­ca via, non cre­di­amo che un prete, un sin­da­co o un qual­si­asi offi­ciante pos­sa essere in gra­do di legit­ti­mare l’eresia dell’amore e la coscien­za del divenire. Più il film avan­za e più si scivola ver­so una gus­tosa com­me­dia di cos­tume e qua­si si perde l’aspetto politi­co che promet­te­va. Ne con­ser­va comunque il cor­ag­gio, la forza, l’arditezza di un amore omoses­suale che vive nell’eterno pre­sente e si fa sto­ria.
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Il film è costru­ito come una par­ti­tu­ra musi­cale… col­le­ga la fes­ta di fidan­za­men­to in Toscana ai prepar­a­tivi per la cer­i­mo­nia nuziale che avver­rà su una chi­at­ta in un lago svedese… due ragazze, un mat­ri­mo­nio e tan­ti ami­ci che s’intrecciano in una bal­la­ta d’amore e di civiltà… le inter­viste (a Loren­za, Ingrid, il padre, la madre di Loren­za, le amiche, gli ami­ci, il cap­i­tano-pesca­tore che con­sacr­erà il mat­ri­mo­nio…) sono venate di un leg­gero umoris­mo che con­ferisce al film un’allegrezza da luci del­la rib­al­ta. Ci sono momen­ti in cui la mal­in­co­nia gron­da dal­lo scher­mo insieme alle lacrime… quan­do si trat­ta l’abbandono, quan­do Ingrid rac­con­ta di essere sta­ta rifi­u­ta­ta dal­la famiglia per­ché omoses­suale e dice che “la mia famiglia è chi mi vuole bene”. La chi­ave di let­tura dell’intero film, forse, è nel­la frase di un bam­bi­no che non capisce per­ché due donne innamorate deb­bono andare tan­to lon­tano per sposar­si.
E lei disse sì è un film corale… Maria Pec­chi­oli fir­ma la regia, la fotografia e parte­ci­pa alla stesura del­la sceneg­giatu­ra con Loren­za Sol­dani e Ingrid Lam­mipää… la pre­sen­za del­la tele­cam­era è costante, entra nelle pieghe più per­son­ali del rac­con­to sen­za mai essere inva­si­va… anche la ripe­tizione di certe inquad­ra­ture ravvi­c­i­nate si legano bene con l’intero dis­cor­so filmi­co. Il mon­tag­gio di Elsa De Fal­co Bono­mi e Pao­la Fred­di è addos­sato con acutez­za for­male alla par­ti­tu­ra musi­cale (Rio Mez­zani­no) e anche gli intar­si di altri stru­men­ti del­la visione sono ben appro­priati e dan­no al film quell’aura di ricerca o rêver­ie mag­i­ca che unisce cor­po e ani­ma. Le inquad­ra­ture sono leg­gere (mai dol­cifi­cate), s’accostano ai per­son­ag­gi con dis­crezione, amorev­olez­za, com­plic­ità… col­go­no volti, atteggia­men­ti, pos­ture dei ritrat­tati che popolano il film nelle loro dif­feren­ze e oltre la bellez­za fig­u­rale di Loren­za e Ingrid, l’immagine schi­et­ta (alla Gar­gan­tua) del cap­i­tano-pesca­tore che le sposa res­ta un cam­meo indi­men­ti­ca­bile. Anche i baci foglianti tra Loren­za e Ingrid, i loro abbrac­ci a let­to, gli sguar­di incro­ciati… sono fil­mati con quel­la ver­ità che illu­mi­na tutte le cose e le rende belle… devo anco­ra incon­trare un illet­ter­a­to, un folle, un omoses­suale o un brig­ante di fron­tiera le cui radi­ci non affondi­no nel mio cuore. Chi non sa dire amore (in maniera non sospet­ta) non meri­ta nes­suna atten­zione.
Il film di Maria Pec­chi­oli, Loren­za Sol­dani e Ingrid Lam­mipää si richia­ma a un’etica del rispet­to, un’etica sen­za repres­sioni, un’etica dell’edonis­mo vital­ista che va oltre il bene e il male, il gius­to e l’ingiusto, il vero e il fal­so, il buono e il cat­ti­vo… can­cel­la la morale impos­ta che asso­cia vizio e punizione, servizio e ricom­pen­sa e pre­sup­pone che in mate­ria d’amore (non solo) omoses­suale ci pos­sa essere qualche pos­ses­sore di virtù in gra­do di giu­di­care di che stof­fa sono fat­ti i nos­tri sog­ni… perse­gui­tare per­sone e cat­e­gorie sociali è un delit­to… un’educazione al sapere è un’educazione all’amore e al deside­rio di amare che arri­va fino alle stelle. La felic­ità è ciò che sti­mo­la la vita, è la piena coscien­za del­la vita stes­sa, e nient’altro. È impara­re ad abban­donar­si al piacere e alla trasfig­u­razione del sen­so comune: “Ciò che non mi uccide mi for­ti­fi­ca” (Friedrich Niet­zsche). Lun­gi da noi la bellez­za che non piange, la filosofia che non ride e la stu­pid­ità che non chi­na il capo di fronte all’amore… le inibizioni, i divi­eti, le fal­sità isti­tuzion­ali sono un dis­cor­so che asservisce e non un pen­siero che lib­era… il cas­ti­go è altret­tan­to biasimev­ole del crim­ine, dice­va… difend­ere la vita sig­nifi­ca conoscere il piacere, quale che sia, rigettare le scioc­chezze inven­tate dagli uomi­ni per evitare di guardare in fac­cia la bellez­za e la gius­tizia e fare del­la pro­pria vita un’opera d’arte.

Piom­bi­no, dal vico­lo dei gat­ti in amore, 13 volte novem­bre 2014

 

 

 

 

 

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