Solidali e aperti ma anche pronti a dire “basta”
STAZIONE DI CAMPIGLIA MATITTIMA 9 maggio 2015 - Io ieri c’ero, per lavoro, alla stazione di Campiglia davanti all’hotel “5 Lecci” dove sono ospitati da alcuni giorni trenta extracomunitari e dove sono arrivati in pullman 15 altri migranti che non hanno accettato la destinazione. Il frutto del mio lavoro è sulla Nazione e lì lo potete leggere in due distinti articoli. Vedere, assistere, ascoltare è chiaramente molto diverso che analizzare a tavolino e pronunciare sentenze nelle quali la teoria regna sovrana e le esigenze della pratica vengono disattese.
Non appartengo al “partito” di coloro che, di fronte ad una crisi italiana enorme e alle difficoltà di tanta nostra gente, sentono di dover rinunciare a priori a dare una mano a chi ha bisogno. Chiaramente la solidarietà si fa tenendo presenti i nostri limiti e le nostre difficoltà. Enormi entrambi.Va tenuto comunque conto che la grandezza di un popolo come il nostro sta, da sempre, nella sua generosità e nella sua umanità alla quale, nei limiti del possibile, non si può venir meno.
Così io non mi sento di negare l’aiuto che posso dare quando mi trovo di fronte, per esempio, Alì, un ragazzo della Costa d’Avorio, con un fisico devastato dalla guerra, con una famiglia distrutta dal fuoco dei fucili mitragliatori, con gli occhi bassi, con un filo di voce che utilizza non per chiedere ma per ringraziare. E di Alì all’hotel “5 Lecci” ne ho visti anche altri.
Allo stesso modo sento di dover richiamare inflessibilità di fronte a chi pretenderebbe di essere Alì quando invece è persona che sarebbe meglio non aver mai incontrato. Gente vestita con abiti che molti di noi non hanno, con orologi, tablet e smartphone che neanche i più agiati di noi posseggono. Gente che non parla ma, alzando la voce, chiede, anzi pretende, che non si adatta ad accettare quel che i loro simili ringraziano di aver avuto. Che vogliono tv in camera, Wifi, cibi che siano di loro gradimento e tutto quel che noi chiamiamo “lusso”. No, non c’è nulla da considerare, non c’è nulla da giustificare ed anzi meraviglia l’appello pubblico alla comprensione che giunge da un Palazzo dal quale ieri nessun amministratore è uscito per raggiungere l’hotel della stazione. Anche solo per rendersi conto di quel che stava accadendo. E nessuno, nonostante i titoli accademici ed i ringraziamenti dovuti per le lezioni di etica che annualmente vengono regalate all’Ordine dei giornalisti ed a noi, ci potrà mai convincere che tv in camera e Wifi sono condizioni essenziali per una accoglienza dignitosa.
A sentirli, questi migranti, vengono tutti da territori di guerra ed allora c’è da chiedersi se in guerra avessero Wifi e tv in camera.
Anche nelle difficoltà che abbiamo, un paese di lunga o luminosa storia mai deve rinunciare alla solidarietà e all’atto di amore che essa richiede ma altrettanto fermamente deve dire “No” e deve inflessibilmente gridare il suo “Basta” di fronte all’assurdo che peraltro finisce per generare una enorme disparità di trattamento tra i poveri veri e quelli che, almeno alla vista, poveri non sembrano. I tredici-quindici che hanno rifiutato il vecchio hotel “5 Lecci” sono finiti in appartamenti nuovi di un nuovo hotel con piscina ed ogni confort, con Wifi e tv, con un ottimo ristorante che gratuitamente (per loro) fornisce colazioni, pranzi e cene. Chi avrebbe avuto più bisogno di una stanza con due letti: Alì, che dorme con la sua moglie insieme ad altri sventurati e che, umanamente cerca un comprensibile – questo sì – momento di intimità, o un suo connazionale, ripulito, ben vestito, attrezzato delle diavolerie digitali che non si sa neanche come si sia procurato?
Ieri noi italiani abbiamo risposto: la stanza migliore ed il premio a coloro che hanno solo preteso con grande arroganza e senza un po’ di cuore per i loro compagni ospitati dove loro non si sono voluti fermare. Un grande errore perché la gente, gli italiani in crisi – e sono molti –, possono a stento sopportare che un occhio troppo spesso li ignori per guardare ad un profugo straniero. Non possono però tollerare che tutto questo avvenga a vantaggio di chi crede di maturare diritti solo perché li pretende.
E’ giusto aiutare, ma il nostro paese è diventato il passaggio più facile del mondo e lo sanno anche in Africa. Poiché sono trent’anni che i nostri attuali democratici ci insegnano ad accogliere i bisognosi comincino a dare il buon esempio. Ogni onorevole dem e qualsiasi consigliere regionale provinciale o tesserato del partito ne accoglie uno in casa propria, così risolviamo il problema. Sarebbe uno schiaffo a coloro come me, e sono tanti, che non crede alle loro parole. Se poi anche una parte di chi li vota è disponibile, ancora più facile risolvere il problema. Quest’anno è il record delle nuove cooperative sociali, strano, ma la democrazia anche per loro è sinonimo di grandi flussi di denaro.