“Stiamo rispettando il timing previsto” disse Rebrab
PIOMBINO 14 gennaio 2017 — Il 13 gennaio monsieur Rebrab, patron di Cevital e di Aferpi, ha rilasciato una intervista pubblicata su Il Sole 24 ORE nella quale afferma che rispetterà tutti gli impegni assunti su Piombino. Data l’autorevolezza dell’intervistato e quella dell’intervistatore e data soprattutto la situazione drammatica che si sta sviluppando sul piano economico del territorio e sulle condizioni di vita di tante persone vale la pena di spenderci un po’ di tempo per fare qualche riflessione.
I precedenti di un piano industriale invocato
Quel 19 marzo 2015 c’erano tutti al Ministero dello sviluppo economico. All’incontro — presieduto dal vice ministro Claudio De Vincenti — presero parte la sottosegretaria al ministero dell’ambiente Silvia Velo, il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi e l’assessore regionale al lavoro Gianfranco Simoncini, il sindaco di Piombino Massimo Giuliani, il presidente dell’Autorità Portuale Luciano Guerrieri, il commissario straordinario della Lucchini Piero Nardi, rappresentanti del Ministero dei trasporti e delle infrastrutture e del Ministero del lavoro.
Il numero uno della società algerina Issad Rebrab illustrò al governo italiano e alle istituzioni interessate la propria strategia industriale per il sito piombinese. Dopo un approfondito esame della situazione, informò l’Agenzia AGENPARL, il vice ministro sollecitò Cevital a presentare in tempi stretti articolazione e tempistica del piano industriale accompagnato da un piano finanziario in grado di sostenerlo. E da subito iniziarono a lavorare due gruppi tecnici azienda-governo-istituzioni destinati all’analisi delle problematiche connesse, rispettivamente, all’ambiente e alle infrastrutture (con particolare riferimento al porto).
Il risultato finale di questo ciclopico lavoro fu quel piano industriale datato aprile 2015 di cui tutti tessero le lodi al punto tale che fu inserito in tutti gli accordi di programma successivi.
Che quel piano fosse poco credibile era del tutto evidente, basta pensare che il cronoprogramma prevedeva l’inizio dei lavori del primo forno elettrico e della ristrutturazione del treno vergella e del treno medio piccolo esattamente il giorno successivo (1° luglio 2015) all’approvazione del primo accordo di programma (30 giugno 2015). E poi tutto il resto dall’ indagine di mercato, al conto economico, ai finanziamenti per gli investimenti, alle procedure autorizzative e così via poco credibile anch’esso. Ma ebbero la meglio gli annunci a cominciare da quelli dello stesso Rebrab: «L’intenzione è quella di smantellare entro 6 mesi dalla firma del contratto l’acciaieria e l’altoforno. Non sarà un lavoro da poco. Serviranno 3 o 4 ditte con personale adeguato. Poi concludere la bonifica e realizzare la piattaforma logistica con la realizzazione di 150mila metri quadrati di capannoni. Concentreremo tutta l’attività siderurgica dove attualmente ci sono due laminatoi, nella zona di padule. Il primo forno elettrico da 1 milione di tonnellate sarà realizzato entro 18 mesi, il 2° forno, per un altro milione di tonnellate, in 24 mesi».
Naturalmente niente è successo ed oggi, passati quasi due anni, i vecchi laminatoi lavorano ben poco, i nuovi investimenti sono là da venire, sono stati assunti gli ex lavoratori Lucchini attivando i contratti di solidarietà ma anch’essi sono sub judice perché l’attività lavorativa non corrisponde al minimo stabilito dalla legge. E si attende un nuovo piano industriale che il ministro Calenda vuole proprio come doveva essere quello dell’aprile 2015: “articolazione e tempistica del piano industriale accompagnato da un piano finanziario in grado di sostenerlo”.
Un masterplan che varia il piano industriale
Nel frattempo, però, compare un masterplan nel quale emerge pure un comparto artigianale commerciale mentre i forni elettrici passano da due a uno. Su questo documento la Regione ritiene che non sia necessaria la valutazione di impatto ambientale ed il Comune avvia la procedura di una variante urbanistica che non a caso si chiama “Variante urbanistica per l’attuazione del Piano Industriale Aferpi”. Ma è la tempistica che vale la pena di citare perché poi varrà la pena di confrontarla con quella dichiarata successivamente da monsieur Rebrab:
termine dei lavori per acciaieria 28 mesi dal 30 aprile 2016,
termine dei lavori per il treno rotaie 40 mesi dal 30 aprile 2016,
termine dei lavori per il polo logistico dicembre 2023,
termine demolizioni area altoforno dicembre 2020,
termine dismissione vecchio treno rotaie ottobre 2022,
inizio demolizioni vecchia acciaieria e cokeria inizio novembre 2017 e termine agosto 2020,
inizio lavori polo agroalimentare settembre 2020 e termine dicembre 2022,
inizio lavori polo commerciale artigianale gennaio 2023 e termine febbraio 2025.
Abbiamo più volte dimostrato che si tratta di tempi del tutto campati in aria ma questo evidentemente importa poco.
Oggi monsieur Rebrab dice
E arriviamo così all’intervista che monsieur Rebrab rilascia a Il sole 24 ORE dove naturalmente vengono ribaditi gli impegni assunti per i tre pilastri del progetto (polo siderurgico, piattaforma logistica portuale e complesso agroindustriale), la loro descrizione viene condita più o meno con gli ingredienti, forse qualcuno in più, del piano dell’aprile 2015, ma non viene risolto il problema vero, quello della certezza dei finanziamenti. A dir la verità si dicono anche alcune cose curiose e poco verosimili, come quella per cui l’investimento sul porto per una somma pari a 200 milioni sarà finanziata per il 90% dall’ Unione europea o come l’altra per cui la soluzione del problema finanziario è tutta basata su due grandi società di assicurazione, una tedesca Hermes e l’altra svizzera Serv, e su Sace, società al 100% del Gruppo Cassa depositi e prestiti. Ma le cose strane dell’intervista non si fermano qui. Evidente è quella per la quale le gare per le opere civili necessarie per la costruzione del forno elettrico sono state fatte e che è in corso la valutazione delle offerte. Chiedere per credere. E poi le tempistica:
“stiamo rispettando il timing previsto”, i cantieri per le opere portuali “dovrebbero partire ben prima della fine dell’anno” ed i lavori del polo agroalimentare “insieme a quelli del porto”. Anche ammesso che i denari necessari ci siano, stabilito che il timing previsto non è stato rispettato da tempo, c’è da accettare, purtroppo, la sfida sul mantenimento o meno di queste scadenze. Del tutto diverse, del resto, da quelle contenute nel masterplan, atto fondamentale su cui poggia la variante urbanistica comunale.
Le differenze e la conseguente scarsa attendibilità poi raggiungono il culmine a proposito dell’occupazione che, fissata nel 2015 in 1450 lavoratori nella siderurgia, 700 nell’agroindustria e 50 nella logistica, effettua una rilevante virata nel 2016 per approdare poi nell’intervista a 700/1000 addetti nella siderurgia, 2000 nell’agroindustria e 350/450 nella logistica.
Qualche osservazione a proposito della credibilità
A questo punto il problema diventa il seguente: le istituzioni pubbliche, quelle stesse che nell’aprile 2015 accettarono un piano industriale non credibile, si accontenteranno di un altro piano industriale basato sui contenuti dell’intervista di monsieur Rebrab che necessariamente sarà un altro piano industriale basato sul nulla?
Non sarebbe meglio invece rimettere insieme tutti i tasselli di una possibile reindustrializzazione della Val di Cornia, stabilirne la reale fattibilità, incrociarli con gli strumenti utilizzabili nei tempi possibili e cominciare davvero a governare un processo difficile in maniera tale che il contenuto valga più della comunicazione?
Certo che anche gli attori e gli interlocutori di un simile processo devono essere credibili ma ad oggi, vista tutta la vicenda, di credibilità ne è rimasta assai poca.
(Foto di Pino Bertelli)