Storia continua degli ammortizzatori, per chi ce l’ha

PIOMBINO 18 novem­bre 2018 — I par­ti­ti politi­ci ormai in cam­pagna elet­torale stru­men­tal­iz­zano le vicende indus­tri­ali piom­bi­ne­si con­trap­po­nen­dosi l’uno con­tro l’altro in una poco luci­da ed inutile battaglia medi­at­i­ca. Purtrop­po, ques­ta situ­azione è il pro­l­unga­men­to di un per­cor­so che viene da lon­tano e che non ter­min­erà a breve. È da tem­po che sarebbe dovu­ta essere sta­ta trova­ta una soluzione indus­tri­ale defin­i­ti­va, ma ingeren­ze del­la polit­i­ca, scelte sbagli­ate, e trop­pa dem­a­gogia han­no per­me­s­so che tut­to restasse anco­ra inso­lu­to. Alla fine, la dis­cus­sione verte sem­pre sul­lo stes­so tema: gli ammor­tiz­za­tori sociali. Dopo anni ci sarem­mo per­lomeno aspet­tati che gli impianti di lam­i­nazione e rifini­tu­ra avessero potu­to incom­in­cia­re a lavo­rare a tem­po pieno, invece è anco­ra qua­si tut­to fer­mo. La nuo­va pro­pri­età ha le sue ragioni, deve capire come pro­cedere e, viste le com­pe­ten­ze nel set­tore, non è cer­to dis­pos­ta a fare promesse da mari­naio, per­al­tro dopo essere sta­ta a suo tem­po mes­sa da parte dalle isti­tuzioni locali, region­ali e nazion­ali per far spazio a Issad Rebrab. Ricor­diamo che una cit­tà intera si prostrò ai pie­di del mag­nate algeri­no, nonos­tante il suo piano indus­tri­ale facesse acqua da tutte le par­ti. Forse la strate­gia non è mai sta­ta il ritorno alla pro­duzione d’acciaio, cosa che pre­sum­i­bil­mente non avver­rà neanche con Saj­jan Jin­dal, ben­sì pro­l­un­gare al mas­si­mo i ben­efi­ci mes­si a dis­po­sizione delle norme sug­li gli ammor­tiz­za­tori sociali. Tale impostazione ha prodot­to una for­ma di invidia sociale nel­la comu­nità: da una parte i dipen­den­ti ex Luc­chi­ni e dall’altra tut­ti gli altri, in par­ti­co­lare quei cit­ta­di­ni-lavo­ra­tori sen­za tutele e con prob­lem­atiche eco­nomiche pesan­ti da affrontare quo­tid­i­ana­mente. Ad oggi Jin­dal si è impeg­na­to ad inte­grare 700 lavo­ra­tori per met­tere in fun­zione gli impianti di lam­i­nazione, even­tu­ali inves­ti­men­ti per il ritorno alla pro­duzione d’acciaio sono solo remote ipote­si. Del resto il mag­nate indi­ano è sta­to chiaro, ha det­to fin dall’inizio che è indisponi­bile a sostenere spese per ammor­tiz­zazione sup­ple­ti­va ed altri inter­ven­ti non in sin­to­nia con il suo piano indus­tri­ale, che di fat­to è rimas­to lo stes­so che pre­sen­tò per il ban­do di gara e che fu boc­cia­to. Il gov­er­no è sen­za dub­bio lati­tante, potrebbe per­lomeno seguire in modo più autorev­ole la verten­za Piom­bi­no, anche se di fat­to è evi­dente che non ha stru­men­ti inci­sivi con cui inter­venire, sia di tipo eco­nom­i­co che nor­ma­ti­vo. Con­tin­uare per anni con un sis­tema imposta­to sull’assistenzialismo è impens­abile, soprat­tut­to non fa bene ad un ter­ri­to­rio che vede ora­mai total­mente scom­par­so il suo tes­su­to impren­di­to­ri­ale e la susseguente offer­ta di lavoro. La mono­cul­tura è mor­ta e sepol­ta, serve voltare pag­i­na, il prob­le­ma è capire come e ver­so quali diver­si obbi­et­tivi, met­ten­do in con­to che la cit­tà ha già resis­ti­to in trent’ anni alla dis­mis­sione cicli­ca di oltre 5mila posti di lavoro nel­la siderur­gia.

Lui­gi Cop­po­la, Seg­re­tario Provin­ciale UDC Livorno
Mas­si­mo Aurioso, Coor­di­na­tore UDC Piom­bi­no Val di Cor­nia

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