Strategia di RIMateria in mano al pubblico? Un bluff
PIOMBINO 28 ottobre 2019 — I due pilastri essenziali con cui è stato giustificato il progetto RIMateria (essenzialmente discariche per 2.850.000 metri cubi di rifiuti speciali) sono stati
- l’uno la possibilità che simili impianti fossero finalizzati a ospitare rifiuti derivanti dalle bonifiche dell’area industriale di Piombino e dall’attività siderurgica dello stesso sito una volta realizzati i progetti Cevital, prima, JSW oggi;
- l’altro il fatto che nonostante l’ingresso di privati nella compagine sociale di RIMateria fosse sempre il socio pubblico Asiu (proprietà dei Comuni di Campiglia marittima, Castagneto Carducci, Piombino, San Vincenzo, Sassetta, Suvereto) a dettare le linee strategiche della stessa società per azioni RIMateria.
Il primo pilastro è crollato da tempo
- sia perché i tempi hanno dimostrato che in realtà la finalità era quella di farsi pagare e così guadagnare dall’ospitalità data a rifiuti speciali provenienti da ogni luogo,
- sia perché il progetto sottoposto da RIMateria a Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) regionale non detta una limitazione geografica della stessa provenienza dei rifiuti speciali, sia perché il piano industriale 2019 – 2033 approvato il 10 agosto 2018 dall’assemblea ordinaria di RIMateria è tutto fondato sull’ipotesi che dalla zona industriale di Piombino o per bonifiche dell’area o per produzione industriale non venga un chilogrammo di rifiuti a RIMateria; del resto Comune di Piombino, Ministero dell’ambiente e Regione Toscana si sono ben guardati dal mettere un vincolo simile per JSW nell’accordo di programma del luglio 2018.
I sostenitori del secondo punto (è il pubblico che detta le linee strategiche della stessa società per azioni RIMateria) hanno evidenziato, a dimostrazione della tesi, che l’art. 17 dello statuto della società stabilisce che “…Le deliberazioni aventi ad oggetto le modifiche al Piano Industriale sono adottate dall’assemblea (ordinaria, ndr) a maggioranza semplice … con il voto determinante del Socio Pubblico.
In caso di dissenso di un Socio privato sulla deliberazione di modifica del Piano Industriale, il Socio Pubblico, ove non venga revocata la delibera, avrà l’obbligo di acquistare dal Socio Privato dissenziente, il quale avrà il diritto di vendere, l’intera partecipazione di quest’ultimo al capitale della Società…”.
In precedenti articoli Stile libero Idee dalla Val di Cornia abbiamo sostenuto essere questa un’ipotesi puramente teorica dato che si tratta di un obbligo di acquisto costoso per il socio pubblico mentre per il privato è di un diritto di vendita. Davvero curioso che il socio pubblico, Asiu, che ha venduto le azioni per ripianare i suoi debiti (parole dello stesso liquidatore di Asiu) ora le riacquisti. Non si capisce bene con quali denari.
Ma c’è di più, molto di più.
RIMateria è una società per azioni i cui soci sono Asiu in liquidazione (solo socio pubblico) che detiene il 27,75% delle azioni, Lucchini in Amministrazione Straordinaria con il 12,25%, Unirecuperi con il 30% e Navarra con il 30%.
È facilmente immaginabile che ad una assemblea che abbia tra gli argomenti una modifica al piano industriale tutti partecipino e che dunque la maggioranza semplice sia pari 50%+1 del capitale rappresentato in assemblea, cioè il 50%+1 del capitale che abbiamo descritto sopra.
Immaginiamo che Asiu nell’esercizio delle sue ambizioni tese ad essere la titolare delle linee strategiche, che non possono che esplicarsi nel piano industriale, faccia mettere all’ordine del giorno dell’assemblea ordinaria una modifica al piano industriale 2019 – 2033, approvato il 10 agosto 2018, che, ad esempio, stabilisca che RIMateria possa accogliere solo rifiuti speciali provenienti dalla Val di Cornia (è un’ipotesi di scuola, difficile dire che sia realistica ma è pur sempre un’ipotesi da considerare). Difficile immaginare che i soci privati possano approvare un simile piano e comunque anche se per caso anche Lucchini (periodo ipotetico dell’impossibilità) votasse a favore di un piano siffatto non si raggiungerebbe in ogni caso la maggioranza richiesta e il piano verrebbe bocciato. Potrebbe essere approvato solo se Unirecuperi o Navarra l’accettassero ma questo è proprio difficile immaginarlo per ovvi motivi di redditività dell’ipotesi. Dunque un simile piano non ha possibilità di essere approvato.
Cosa succederebbe a questo punto? Niente, stando almeno alla lettura dello statuto, dato che lo stesso spiega cosa deve succedere nel caso di piano industriale adottato senza il consenso di un privato ma non dice niente nel caso di piano industriale bocciato.
Ovviamente si potrebbero immaginare altre ipotesi di cambiamento del piano industriale ma l’impressione è che tutte sarebbero meno favorevoli ai soci privati.
Pare di capire dunque che anche il secondo pilastro non regge.
Naturalmente può darsi che ci sia sfuggito qualcosa ma una domanda cruciale rimane comunque nell’aria. Si sono mai visti in una società per azioni tre soci, che detengono il 72,25% delle azioni, lasciare all’altro socio, che ha il 27,75%, la potestà di dettare le linee strategiche della società stessa? Francamente, ma è sicuramente una nostro difetto, non ne siamo a conoscenza.