Sui quartieri un precedente pericolosissimo
PIOMBINO 10 novembre 2014 — Nel consiglio comunale di Piombino del 5 novembre la maggioranza di governo di questa città ha votato una delibera modificativa del regolamento di disciplina dei quartieri con effetto retroattivo, così da permettere al Partito Democratico di riavere ciò che aveva giustamente perso.
Il comma 2 dell’art.12 del regolamento per i quartieri recita: “Entro e non oltre 20 giorni dalla data di ricezione di cui sopra (la comunicazione con cui il sindaco precisa ai partiti il rispettivo numero di consiglieri di quartiere), le formazioni politiche dovranno far pervenire i nominativi dei loro candidati al Sindaco, o all’Assessore di riferimento, che li trasmette alla Commissione Tecnica Comunale per la verifica dei requisiti di eleggibilità di ogni candidato.”
La comunicazione del sindaco è pervenuta alle forze politiche, PD compreso, il 30 giugno, quindi il 20 luglio scadeva il termine.
Il PD ha trasmesso la lista dei suoi consiglieri l’8 agosto, ovvero 19 giorni in ritardo.
Il comma 5 dell’art.12 recita: “Nel caso in cui una o più formazioni politiche non ritengano di presentare le proprie indicazioni o comunque non rispettino i tempi previsti, si procede all’assegnazione dei seggi vacanti tra le altre formazioni politiche sempre rispettando il quoziente elettorale.”
La norma è chiara e non ammette interpretazioni, se un partito non procede alla nomina dei consiglieri nel termine prescritto, a prescindere da diverse eventuali manifestazioni di volontà (cfr. “o comunque”), decade dal diritto di nominare i consiglieri, che vengono invece assegnati alle altre forze politiche.
Se i funzionari del Comune avessero invitato le altre formazioni politiche a nominare i consiglieri al posto di quelli del PD (come dovuto), i quartieri avrebbero iniziato a lavorare da mesi.
Quando, con molto ritardo, il PD ha cercato la trattativa, il PRC ha proposto una soluzione ragionevole, che rappresentasse una via d’uscita di significato e non la solita chiusura a “tarallucci e vino”. Abbiamo chiesto di deliberare il ritorno all’elettività dei quartieri (da fare ovviamente in economia, attesa l’abrogazione delle circoscrizioni elettive vecchia maniera) e nel contempo di rimediare all’empasse attuale sparigliando tutto, ossia componendo i quartieri mediante una distribuzione proporzionale che rimettesse in gioco anche i partiti rimasti fuori dal consiglio, ossia Svolta Popolare di Coppola e Alternativa di Pierini. Pareva una scelta obbligata visto che proprio gli uffici del Comune avevano distribuito una nota con cui, nel caso di decadenza del PD, la redistribuzione dei seggi contemplava anche le dette formazioni. Era chiaro quindi che non si potessero fare accordi sulle teste degli altri e quindi si doveva procedere ad una nuova redistribuzione, inclusiva di Coppola e Pierini, da votare ovviamente all’unanimità. Il PD pareva accettare questa proposta, ma non ci ha lavorato, non ha fatto niente per arrivare ad una condivisione unanime con le altre forze politiche ed è arrivato al consiglio del 5 portando in votazione una delibera aberrante.
La delibera, votata dai partiti della maggioranza, ha prodotto un’interpretazione autentica, con cui si spiegava il significato della norma in discussione, affermando quale fosse il senso originario, quindi fin dal momento della sua emanazione. La modifica, essenziale allo scopo del partito di maggioranza relativa, è stata quella di ritenere sussistente la decadenza per il decorso del termine di 20 giorni solo se tale mancato rispetto pregiudichi la formazione dei consigli di quartiere.
Hanno detto che questo ritardo non pregiudicava la formazione dei consigli e per questo il termine di 20 giorni non era da considerarsi perentorio e il PD decaduto. Con ciò riassegnando al PD i consiglieri di quartiere che erano stati perduti con la tardività narrata. Viceversa, sempre secondo il PD, la loro decadenza avrebbe ostacolato il funzionamento dei quartieri.
Non v’è chi non veda la capziosità del ragionamento: in realtà, come detto, bastava assegnare agli altri partiti i seggi, come da regolamento, e i quartieri avrebbero cominciato a funzionare immediatamente. Così come pare impercorribile la teoria per cui il ritardo non avrebbe ostacolato la formazione dei consigli. Se non esistesse un termine perentorio che costringesse i partiti a fare le nomine in tempi utili, la formazione dei consigli potrebbe avvenire anche un anno dopo i tempi debiti. Chi potrebbe dire infatti quale sarebbe il momento oltre il quale il ritardo diviene un ostacolo per la formazione dei consigli in mancanza di un termine preciso fissato dal regolamento? Se il termine di 20 giorni non è perentorio, qual è il momento oltre il quale non si può andare? E chi lo stabilisce? Secondo il principio affermato dal PD potremmo avere empasse di anche 6 mesi senza che un partito sia obbligato a fare le nomine. Pare logico? Sinceramente no.
Il problema era riprendersi ciò che era perduto per legge e la maggioranza ha posto in essere un’operazione gravissima, modificando retroattivamente un regolamento. In pratica ha eliminato il principio della certezza del diritto. Da oggi a Piombino non v’è più la sicurezza che una norma sia effettivamente vigente, atteso che il più forte la potrà modificare a suo uso e piacimento. E pensare che quello è il partito che per 20 anni ha rinfacciato a Berlusconi le leggi ad personam. Alla fine della mia dichiarazione di voto, stigmatizzando la grave violazione delle garanzie costituzionali che si stava perpetrando, mi sono rivolto ai consiglieri della maggioranza dicendo che stavano creando un precedente pericolosissimo, perché le garanzie servono a tutelare tutti e in futuro, quando magari un’altra forza politica violerà i diritti degli altri e costoro protesteranno, quella forza politica risponderà: “l’avete già fatto anche voi”. Non so se coloro che hanno votato quella delibera si sono resi conto della gravità del loro agire, ma in ogni caso resta una pagina tristissima per la democrazia.
Fabrizio Callaioli è consigliere comunale del Partito di Rifondazione Comunista