Sulla Fiera di Venturina ancora solo propaganda
CAMPIGLIA 26 giugno 2014 — Coraldo Cavicchi ha aperto una squarcio di verità nella palude che, da troppo tempo, tende ad esaltare i dubbi successi e ad occultare i certi fallimenti della Fiera. In origine l’area fieristica fu concepita come struttura espositiva di interesse regionale. L’obiettivo era quello di offrire una vetrina per le imprese della toscana del sud. Venne costituita una società, la CE.VAL.CO, con molti Comuni (tutti quelli della Val di Cornia più Follonica e Scarlino), la Camera di Commercio, la Provincia e molte imprese private. Con il passare degli anni la missione è stata smarrita. La manifestazione più importante, la fiera di maggio, è ormai un grande mercato paesano senza legami particolari con il tessuto produttivo dei territori. Nel 2009 il Comune mise in liquidazione la CE.VAL.CO e affidò la gestione della Fiera alla Società che gestiva la farmacia comunale, mettendo insieme missioni senza nessun legame tra loro. E’ nata così la S.E.FI, una società partecipata unicamente dal Comune di Campiglia, senza legami con altre istituzioni e con il sistema economico locale.
La realtà è che sulla Fiera manca trasparenza, a partire dalle motivazioni che indussero il Comune a spendere 3 milioni di euro per acquistare dalla CE.VAL.CO il complesso fieristico. Una decisione che grava sul bilancio del Comune con un leasing di oltre 270.000 euro annui fino al 2023, non compensato da nessuna entrata dalla gestione delle attività fieristiche. Si tratta dunque di una rimessa secca che potrebbe trovare giustificazione solo di fronte ad evidenti ritorni sociali ed economici. Questi ritorni non ci sono per cui è oggi ragionevole aprire una seria riflessione sugli spazi fieristici e sul loro migliore utilizzo. Le risposte del Presidente della SEFI, Carolini, e del Sindaco Soffritti, confermano invece che non c’è nessuna volontà di discutere. Si preferisce la propaganda, l’autocompiacimento. Basta che il 70% degli espositori prometta di tornare l’anno prossimo ed è un gran successo. Per loro va tutto bene, tanto a pagare i costi della Fiera sono i cittadini con le tasse comunali, sempre più alte.
Il Museo del Lavoro deve far parte di questa riflessione. Da decenni 10.000 pezzi rari che documentano la storia del lavoro in Toscana giacciono in un padiglione sottratto alle esposizioni fieristiche, non adeguato per un museo. Doveva essere una soluzione provvisoria ed invece è diventata quella definitiva. Troppo semplice scaricare le responsabilità sul volontariato che in questi anni si è fatto carico meritoriamente di garantire un minimo di apertura. La realtà è che è il Comune ha immobilizzato un bene pubblico, ha pagato per decenni alla CE.VAL.CO l’affitto per quel capannone spendendo centinaia di migliaia di euro per non avere il Museo. Un vero disastro.
Per questo chiediamo un confronto leale e trasparente sul futuro della Fiera e sul Museo del Lavoro che ancora non c’è. Le cose sono legate tra loro.
Comune dei Cittadini