Sulla fotografia specchio-memoria del moderno
PIOMBINO 4 agosto 2019 — “ Tutti noi architetti, scultori, pittori [fotografi] dobbiamo rivolgerci al mestiere. L’arte non è una professione, non v’è differenza essenziale tra l’artista e l’artigiano. In rari momenti l’ispirazione e la grazia dal cielo, che sfuggono al controllo della volontà, possono far sì che il lavoro possa sbocciare nell’arte, ma la perfezione nel mestiere è essenziale per ogni artista. Essa è una fonte di immaginazione creativa ”
Walter Gropius
La fotografia è padrona del suo destino ed è sempre il romanzo autobiografico che si porta addosso… è lo specchio-memoria di una civiltà… la vera fotografia comincia al di là della fotografia e vale per quanto aderisce al mondo o denuncia l’insignificanza universale che — come sappiamo da Guy Debord — è un’immensa accumulazione di spettacoli che rappresentano l’intera società. Nella storia dell’architettura il Movimento Moderno del Bauhaus ha rappresentato una sorta di rivoluzione della progettazione urbanistica, design (fotografia, cinema) e ha infranto i modelli che esistevano prima… Le Corbusier, Mies van der Rohe, Gropius, Llyod Wright, Aalto, Moholy-Nagy (anche Michelucci, Portalupi o Ponti)… proposero soluzioni architettoniche (già teorizzate da William Morris nel XIX secolo) in risposta ai mutamenti sociali e in rapporto alle crescenti evoluzioni (in varie discipline) della tecnologia… ciò che era funzionale era anche bello.
All’interno di un’estetica dello specchio-memoria del moderno emergono le immagini di Luca Caciagli, giovane fotografo di situazioni costruite con finezza e creatività… riesce a “mettere in forma” o, meglio, a fondere estetica ed etica all’interno di una densità affabulativa che decongestiona i luoghi comuni e rivendica tutt’intera la riattualizzazione della vita quotidiana. Ogni immagine è parte di uno stile che dà consistenza all’insieme… ogni fotografia crea senso e nulla è innocente! Esistenza dell’artista e arte dell’esistenza s’incrociano nei corpi trasfigurati del fotografato e il fotografo, come un bracconiere di confine, oltrepassa la materia dalla quale parte per giungere all’identità incarnata nell’opera… la fotografia diventa misura d’ogni cosa e la parte rivela il tutto! Chiede solo l’impossibile per ottenere o derubare il possibile.
In una scheda diffusa in Rete, si legge di lui: «Eccellente fotografo e devoto studioso dei capisaldi dell’arte fotografica, Luca Caciagli è anche un giovane maestro delle tecniche sperimentali di camera oscura (Water Photogram, Cianotipo, Chemigramma, Cristallogramma, Emulsione liquida, Sabattier, Stampa vegetale) che rappresentano i principali strumenti della sua visionaria ricerca figurativa. Partecipa nel 2017 alla Rassegna annuale dedicata alla fotografia IMAGO MUNDI presso il Centro Espositivo Museale di Pisa con “Frammenti d’acqua”, una serie di fotogrammi sperimentali astratti realizzati attraverso l’acqua. Una sua recente collaborazione con Pino Bertelli, fotografo e scrittore riconosciuto a livello internazionale, ha prodotto una serie fotografica avente come tema il territorio di Baratti “Deriva Fotografica”, in una mostra di entrambi gli artisti esposta presso la Casa Esagono di Vittorio Giorgini, in collaborazione con l’associazione B.a.coBaratti. Si è poi trasferito a Berlino stanziando i suoi lavori presso lo Studio Stahler ed ha iniziato a collaborare con diverse realtàdiscografiche (Arboretum, Dromoscope, Undogmatisch, Planet Sundae)».
Al di là della citazione personale che non importa… Caciagli mostra un fare-fotografia che implica prodigalità e temperamento… un’attraversamento dei margini stabiliti e fuori dalle retoriche manualistiche incrocia lo sguardo su tematiche che sbordano dalla coscienza ordinaria: la sovranità della fotografia è il bene più prezioso con il quale sconfiggere l’alienazione mercantile.
In una mostra-omaggio ai cento anni del Bauhaus (1919–2019), esposta a Piombino (2–4 agosto 2019), Caciagli propone un’estetica del moderno nella figurazione esterna e interna della sede del Bauhaus (Germania)… ciò che vediamo non sono solo linee, vetrate, scalinate, ma la poeticizzazione della vita culturale che quell’edificio rappresenta nella storia dell’uomo… nelle immagini di Caciagli c’è comunione, amore, meraviglia… un’introduzione alla conoscenza di se stessi… una dimensione storica, politica filosofica di una scuola (Bauhaus, appunto) che ha intessuto l’immaginario nella realtà e la realtà nell’immaginario… quando una “cosa è bella è una gioia per sempre” (John Keats, diceva), ed è questo stupore del giusto, del buono e del bello che permette di affrontare le crudeltà del mondo.
I chiaroscuri di Caciagli fanno da ponte tra l’estetica, la cultura del Bauhaus e lo specchio-memoria del moderno… e siccome “l’estetico determina sempre il poetico” (Edgar Morin), la fotografia sul Bauhaus di Caciagli s’avvolge a un’attività cosciente dello spirito che ravviva l’identificazione con la storiografia di un Movimento artistico/culturale e financo politico, represso dal nazismo. Qui i “segni” della fotografia diventano tracce di un visibile al di là del visibile e tutto ritorna all’analogia, alla metonimia di un’emozione poetica che s’accosta a una visione profonda dell’immagine riflessa nello specchio della realtà.
Le fotografie di Caciagli sono finemente stampate in camera oscura e interagiscono con l’inquadratura ferma, forte, spuria d’ogni orpello decorativo… figurano un ventaglio di dettagli armonici tra il bianco, il nero, il grigio… si vede che le lezioni estetiche/strutturali di Ansel Adams e del Gruppo f/64 non sono andate perdute… di là da ciò che pensiamo della fotografia americana del Gruppo f/64, sovente incline a un perfezionismo estetizzante (specie Edward Weston), le fotografie di Caciagli travalicano lo spettacolare di un’estetica generalizzata… qui la fotografia desacralizza il romanzo che l’accompagna e consegna la sua vitalità creativa nel vero che l’incorona.
La fotografia specchio-memoria del moderno (anche di altri randagi dell’immagine differenzialista) è una farmacopea di valori che si contrappongono alla spettacolarizzazione dell’opera d’arte convertita in merce e si dispiega a partire dal vissuto di un autore e dal processo artistico che ne consegue… ogni forma d’arte non è soltanto rivolta al piacere estetico, è uno strumento, un utensile, uno strappo di universi convenuti e più di ogni cosa è portavoce di verità e di giustizia… l’artista del profondo è colui che denuncia e annuncia (come un trovatore) altre gesta di bellezza… potrà subire anche il silenzio, il discredito o l’esilio, mai la tirannia del mercato, della politica o della fede… i veri valori meritano l’ascesi, quelli falsi l’insulto, diceva. Nulla al sopra, nulla al di sotto dell’eguaglianza come metafora di un mondo più giusto e più umano.
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Glossario
Bauhaus
(Da Carlo Melograni, Progettare per chi va in tram Introduzione al lavoro dell’architetto, Bruno Mondadori, 2002)
“…Nel secco corsivo che abbiamo riletto Persico sunteggiava in una riga punti che allora segnavano un percorso obbligato per arrivare a rinnovare a fondo la cultura progettuale. Predisporre complessi di abitazioni a basso costo, alloggi minimi, mobili componibili…
Centro delle sperimentazioni più avanzate per mettere a punto questo e altri principi d’un moderno modo di progettare fu il Bauhaus, che nella primavera del 1919 — la guerra mondiale era finita in autunno — Walter Gropius, reduce dal fronte, fondò e diresse fino al 1928. Passato un periodo di rodaggio, antefatto alla scelta d’un preciso orientamento, la scuola lavorò per dare nello stesso tempo una nuova formazione ai progettisti e all’industria nuovi prototipi per la produzione di serie. Indirizzare la ricerca artistica ad applicarsi nelle tecniche pratiche fu un chiodo fisso nei programmi di Gropius. L’attività del Bauhaus smentì con certezza che ‘espandersi dell’industria comportasse inevitabilmente decadenza del gusto, appiattimento nell’uniformità, perdita di fantasia; dimostrò che al contrario metteva in moto l’inventiva anche per dare buona forma e convenienza alle cose che si producevano. Nessun’altra scuola ha esercitato tanta influenza in tutto il mondo, molto più duratura dei quattordici anni della sua esistenza.
Una gran quantità di oggetti che ci circondano discende inline diretta dai disegni usciti, tre generazioni fa, dal lavoro di gruppo di quella poco numerosa comunità di maestri e allievi. La lampada Naska Lux ha i suoi presedenti in altre studiate nel Bauhaus. Il Bauhaus creò sedie, tavoli, armadi, mobili di vario tipo tappeti, tessuti, vasi, recipienti, tazze, bricchi, giocattoli, pezzi per gli scacchi, copertine di libri e riviste, pagine di pubblicità, stand da esposizione, costumi teatrali, e via disegnando, provando e riprovando. In una stanza del direttore nella nuova sede della scuola a Dessau, che Gropius progettò a metà degli anni venti, impressiona vedere tra gli arredi che l’oggetto di forma più antiquata è l’apparecchio telefonico…
…Durante il periodo nel quale la scuola funzionò, «l’elenco dei nomi collegati in un modo o nell’altro al Bauhaus può quasi essere considerato il Who’s Who della ricerca artistica più avanzata nell’Europa tra il Reno e gli Urali: Gropius e Mies van der Rohe, Lyonel Feininger, Paul Klee e Vasilliij Kandinskij, Malevic, El Lissitzkij, Moholy-Nagy ecc», così scrive Eric John Hobsbawm in un libro che fa la storia globale sociale e politica del Novecento, Age of Extremes. The Short Twentieth Century 1914–1991…”.