Sulla Lucchini c’è poco da esultare
PIOMBINO 7 giugno 2015 — Chi oggi esulta per il risultato del referendum sa fin troppo bene che l’esito era fin troppo scontato . Infatti
nonostante una crisi che dura da sette anni, non è mai stata presa in considerazione , da parte del Governo e del sindacato , una ristrutturazione e rilancio complessivo del comparto siderurgico , comparto strategico, a livello nazionale con un programma a sostegno dell’ occupazione e rilancio industriale. Questo ha portato alla fine, anche a Piombino , a non creare alternative ma ad arrivare a scelte ultimative di “prendere o lasciare”. Dove ogni realtà produttiva del nostro Paese è in competizione con l’altra è si teme che” uno schiacci l’altro ” . Invece un progetto nazionale condiviso permetterebbe maggiore ricerca della qualità , unico sbocco per competere nel mercato internazionale .
L’esito del referendum è stato condizionato anche dai seguenti elementi :
1. il testo dell’accordo non è stato diffuso, come ammesso anche dai coordinatori metalmeccanici nazionali durante l’assemblea ;
2. chi ha partecipato non è stato sufficientemente informato sui contenuti, mentre questo avrebbe invece meritato un approfondimento, visto che andrà a cambiare la nostra vita e quella delle generazioni future;
3. non e’ stato detto chi rimarrà in amministrazione straordinaria usufruendo non più della solidarietà ma solo della cigs a zero ore .
4. Ai lavoratori delle ditte dell’indotto, non è stato consentito di partecipare al voto
Se tutte queste cose fossero state rispettate l’esito del referendum, probabilmente , sarebbe stato diverso.
Proprio perché siamo stati condotti ad un punto di non ritorno 800 persone hanno scelto di non votare e 115 hanno deciso di votare no .
Accettando la moratoria (cioè la sospensione di qualsiasi tipo di contrattazione di secondo livello con l’ azienda) nella realtà dei fatti il sindacato ha deciso di abbandonare i lavoratori e non solo per tre anni e neanche fino a quando riprenderà la produzione di acciaio, ma fino a quando l’azienda produrrà utili; il che ci auspichiamo avvenga molto presto, ma certo rende molto più fragile l’obiettivo.
Il sindacato ha scelto di lasciare mano libera all’azienda per la scelta dei lavoratori che saranno subito riassunti rispetto a coloro che saranno collocati in amministrazione straordinaria. L’azienda potrà fare così scelte “insindacabili ” .
Il “modello Piombino” che oggi viene cosi tanto decantato, nei fatti è un salto “all’indietro” di qualità nelle relazioni industriali è un precedente pericoloso per noi e per tutte le realtà di crisi italiana .
Sulla moratoria la soluzione adottata per non far perdere la faccia al sindacato nazionale, contrario alla moratoria stessa, è stata di sottoscrivere due accordi distinti uno per il sindacato territoriale e l’acquirente (quello appunto sulla moratoria) e l’altro l’ accordo difensivo principale sottoscritto dal sindacato nazionale e territoriale e l’acquirente, come se questa “genialata” mettesse al riparo altri territori dal ripetere il “modello Piombino” o modello Giuditta per dirla alla Benigni .
Inoltre, per chiarezza, informiamo tutti i lavoratori , che il Dlgs n.270 del 8 luglio 1999 , ai sensi del quale è stato sottoscritto l’accordo , recita all’ articolo 63 comma 2 “ ai fini della vendita di aziende o rami di aziende in esercizio, l’acquirente deve obbligarsi a proseguire per almeno un biennio le attività imprenditoriali e a mantenere i livelli occupazionali stabiliti all’ atto della vendita “ , infatti in data 02.12.14 è stato sottoscritto il contratto preliminare di vendita e l’acquirente si è impegnato per un biennio, di fatto tutti i lavoratori potrebbero essere dei precari.
Speriamo e ci auguriamo che gli accordi sottoscritti tra le parti siano rispettati. Di questo siamo preoccupati soprattutto perché, anche nel verbale di accordo, non ci sono garanzie, vincoli o penalità. In pratica se la nuova proprietà non realizzasse completamente il piano industriale non avremmo nessuno strumento per difenderci,
- inoltre non è chiaro se le persone che saranno assunte andranno a lavorare o andranno in solidarietà nel momento in cui rientreranno a lavoro .
Non c’è garanzia che si torni a lavoro, data anche la sfasatura della promessa di riassunzione a novembre 2016 e il crono programma che prevede una parte degli investimenti nel 2019. Cioè si potrebbe correre il rischio di continuare a fare cassa integrazione anche una volta riassunti .
Per i lavoratori delle ditte dell’indotto, non solo sono stati esclusi dalle decisioni, ma ad oggi non è stato preso nessun accordo preciso e neanche un accenno del loro eventuale futuro .
Secondo nostri calcoli sulla retribuzione, di un lavoratore di livello 5 con anzianità di servizio aziendale di 18 anni, questo accordo porta ad una perdita di 6.000 euro l’anno circa lordi di retribuzione complessiva e, siccome altre stime sicuramente saranno state fatte, vorremmo che chi mette in dubbio i nostri conteggi faccia smentite circostanziate
Le istituzioni e i sindacati si prendono l’intera responsabilità del percorso che è stato scelto, della situazione senza alternativa a cui siamo arrivati e delle conclusioni che andranno a verificarsi. Dovranno vigilare ed operare per il rispetto delle promesse di Cevital. Le verifiche del rispetto degli impegni, quelle sindacali, dovranno essere condivise e ci dovrà essere il coinvolgimento di tutti: i lavoratori in fabbrica e anche fuori di essa.
Dal canto nostro continueremo a manifestare la nostra opinione, pur essendo pienamente consapevoli di essere una minoranza e ci batteremo per recuperare il lavoro, la dignità ed i diritti dei lavoratori.
Per i lavoratori che volessero contattarci tel. 3341474905 0565–777409
Gruppo Minoranza Sindacale