Sulla Lucchini siamo ormai ai confini del comico
PIOMBINO 21 febbraio 2015 — Ormai la trattativa in atto per la Lucchini avrebbe raggiunto i confini del comico se non ci fossero in ballo migliaia di posti di lavoro. Nelle ultime ore è balzato agli onori della cronaca che l’azienda avrebbe ricevuto mandato di valutare la possibilità di riavviare l’AFO e conseguentemente la cokeria. Anzitutto da chi? Ricordiamo a tutti che la Lucchini è un’azienda in amministrazione straordinaria, che la procedura di vendita non è ancora conclusa e che per ora Cevital ha firmato solamente un preliminare del quale ancora, incredibilmente, non si conoscono i contenuti.
Alla luce di quanto premesso emergono numerose discrasie per le quali chiediamo con forza al commissario Nardi le dovute delucidazioni.
Anzitutto circa un anno fa gli impianti dell’area a caldo sono stati fermati, compromettendone lo stato, con la motivazione che produrre comportava una sensibile perdita di esercizio, che negli ultimi mesi era stata quantificata in una media di 10mln/mese. Com’è possibile che il nuovo acquirente intenda mettersi nella condizione di partenza? Se è pur vero che il costo di mercato delle materie prime è leggermente calato, gli impianti sono ormai irrimediabilmente deteriorati. Alcuni impianti come l’AFO e la cokeria, per loro natura, hanno bisogno di essere mantenuti in temperatura per non alterare lo stato del materiale refrattario.
Altri impianti, come quelli dell’area acciaieria, già versavano in pessime condizioni prima della fermata e nel frattempo il capannone tundish è addirittura crollato. Nel frattempo, a causa del blocco degli approvvigionamenti che l’amministrazione ha portato avanti per mantenere gli equilibri di bilancio, ci ritroviamo con uno stabilimento privo di ricambi in ogni reparto.
A quali condizioni di sicurezza si andrebbe a ripartire? Nei giorni antecedenti Cevital aveva presentato un manifesto di intenti (ancora manca un piano industriale dettagliato) che conteneva molti elementi positivi e che credevamo valesse la pena di perseguire: allontanamento degli impianti dalla città, due forni elettrici per una capacità produttiva di 2mln di tonnellate di acciaio liquido, diversificazione produttiva nei settori della logistica e dell’agroindustriale. Per raggiungere questi obiettivi alcune aree andrebbero liberate, ad esempio i carbonili. Come può collimare la ripartenza dell’area a caldo con la realizzazione del piano industriale? Se Cevital conta di costruire un forno elettrico da 1mln di tonnellate in 18 mesi, è sostenibile investire centinaia di milioni per degli impianti che andrebbero demoliti in così breve tempo?
Che i grandi gruppi a livello globale non vedono di buon occhio l’ingresso sul mercato di nuovi soggetti concorrenti e che reperire il semiprodotto sul mercato a prezzi competitivi non sarebbe stato semplice, ci sembrava ampiamente prevedibile. Possibile che un grande gruppo multinazionale non abbia fatto questa valutazione? Soprattutto in ragione di un previsto investimento che alla fine dovrebbe superare il miliardo di euro? Qui nasce spontanea la prossima considerazione, ma il famoso impianto per il preridotto che sarebbe dovuto sorgere in Algeria per il basso costo del gas naturale che fine ha fatto, visto e considerato il sempre crescente costo del rottame sul mercato?
Crediamo sia necessario avere immediate risposte da tutte le istituzioni coinvolte, soprattutto per i migliaia di lavoratori che in questo momento vivono con apprensione le sorti della fonte di sostentamento delle loro famiglie e che non meritano di essere tenuti ulteriormente all’oscuro di quanto stia realmente accadendo sottotraccia. Il momento della riservatezza e della prudenza è terminato, ora c’è solo da fare chiarezza per i lavoratori e per la città.
MOVIMENTO 5 STELLE PIOMBINO