Le idee di Cevital: meglio evitare acclamazioni
PIOMBINO 29 marzo 2015 — Il convegno su “Acciaio nuove sfide, scenari e prospettive di una siderurgia un cambiamento” ha certamente tolto dal tavolo della discussione un argomento che ha impegnato surrettiziamente il dibattito piombinese delle ultime settimane. La possibilità, cioè, che ripartisse il ciclo integrale siderurgico. Surrettiziamente perché in realtà un minimo di conoscenze almeno della situazione degli impianti da far ripartire, i vincoli ambientali esistenti, i tempi reali ed i costi anche di massima facevano propendere per l’impossibilità. E pur tuttavia di questo si è discusso. Il ritorno all’ipotesi precedentemente illustrata e cioè quella della produzione di acciaio con forni elettrici, del polo logistico e del polo agroalimentare e le parole del presidente di Cevital Issad Rebrab sono state accolte con grandi applausi, come si può vedere e sentire nel video, ma non per questo sgombrano il campo da dubbi ed incertezze.
Siamo intanto alle idee e non ad un progetto industriale fatto come Dio comanda e, siccome ormai del tempo è passato da quando proprio l’esistenza di un piano industriale veniva declamata, meglio essere prudenti. Sia perché sono in gioco posti di lavoro che non possono essere certamente evocati ed accettati come obiettivo finale se non sono dimostrati, sia perché l’impegno finanziario pubblico sotto forma di ammortizzatori sociali e di bonifiche è ingente, sia perché i suoli demaniali e le infrastrutture concessi sono un bene pubblico che non si può né disperdere né immobilizzare inutilmente.
Il convegno, ed il parterre du roi che lo ha caratterizzato, ha offerto certamente elementi di conoscenza e di discussione molto interessanti ma non ha eliminato né chiarito elementi che invece sono fondamentali. Ad esempio la situazione vera del mercato nei diversi settori, situazione di cui ogni progetto non può non tenere conto. I richiami arrivati in questo senso sono utili avvertimenti da tenere presenti e da non annegare sotto cifre di produzioni o di occupati o di movimentazione merci che sono così rilevanti, sopratutto se commisurate a quelle di altri siti produttivi o altri porti italiani oggi, da meritare non solo di essere pronunciate con grande attenzione ma anche ascoltate con la necessaria riflessione, senza dare per scontato ciò che scontato non può essere.
httpv://www.youtube.com/watch?v=h1W1AAf4SKY&feature=youtu.be
Molto tempo è stato perso nella difesa dell’esistente e nell’accreditamento di proposte fantasiose, e questo fa in modo che i margini della discussione si siano ridotti, ma ci dovrà essere pure il modo di non dare non solo per scontato e indiscutibile ciò che viene proposto quando questo ha conseguenze su cui forse varrebbe la pena di porre l’attenzione.
Le conseguenze territoriali, infine, non possono cedere il passo solo al supposto numero degli occupati o alle altrettanto supposte quantità produttive. Quasi che non fosse possibile alcuna alternativa. Certo che per far questo le istituzioni pubbliche dovrebbero avere ipotesi e idee di assetto territoriale che ad oggi sembrano non possedere, ma il problema si pone. Ad esempio quella frase pronunciata dal rappresentante di Cevital Farid Tidjani tesa a dire che verranno subito demoliti altoforno ed acciaieria, pulito e bonificato il terreno e costruita la piattaforma agroalimentare corrisponde proprio ad una necessità che non ha alternative o può essere considerata una possibilità ma non una necessità e magari confrontata con ipotesi di salvaguardia ed utilizzazione di quei beni sia dal punto di vista culturale che turistico? Si capisce bene che oggi le istituzioni pubbliche non hanno nessun desiderio di affrontare una simile discussione ma se non lo fanno loro chi lo fa?
Ci sono molti altri quesiti da sciogliere. Speriamo ci siano tempo e volontà.
Intanto una conclusione: ad oggi i tanti problemi aperti consigliano di evitare acclamazioni del tutto ingiustificate che la dura realtà potrebbe smentire. E non sarebbe la prima volta.
(Foto di Pino Bertelli)