TAP, una cattedrale nel deserto e in bolletta
PIOMBINO 31 gennaio 2015 — Nell’Interpellanza presentata dalle liste civiche della Val di Cornia sulla situazione ASIU, erano molti i punti dove si chiedeva di fare chiarezza. Dopo aver evidenziato nel precedente comunicato la condizione grave del Bilancio della Società, ci soffermiamo su un’altra importante questione: l’impianto TAP.
Questo impianto fu costruito per ricavare del materiale inerte riempitivo (Conglomix) dalle scorie di lavorazione del ciclo Lucchini per rivenderlo sul mercato. La società che lo gestisce si chiama TAP spa ed era partecipata originariamente da: Lucchini circa 25%, comune di Piombino 65% e da un 5% da ASIU. Un investimento di risorse pubbliche pari a 11 milioni di Euro.
Nel 2008 ASIU acquisisce le quote del comune di Piombino attraverso un aumento di capitale da 220.000 a 4.400.000 ed assume la gestione dell’impianto. La sottoscrizione dell’aumento è avvenuta contraendo un mutuo con il Monte dei Paschi per 3 ml/euro e per la parte eccedente sono state impiegate disponibilità di cassa.
Dal giorno in cui l’impianto è “entrato in funzione”, o comunque dalla sua ufficiale inaugurazione, non ha mai venduto un grammo di prodotto e adesso, con la chiusura dell’altoforno, è divenuto inservibile, anzi, un costo fisso , che ASIU paga ogni mese per la sua gestione (100 000 €).
Nelle ultime settimane il presidente di Asiu e il Sindaco di Piombino hanno esternato un ipotetico interesse da parte di Cevital al fine di utilizzare l’impianto per la bonifica delle aree; operazione che necessiterebbe, comunque, di ulteriori investimenti. Tutte queste ipotesi, molto superficiali, non hanno sciolto quei nodi fondamentali che possano rendere produttivo quell’impianto che ad oggi produce solo perdite economiche. Non si è detto come potrà essere riconvertito e, ancora più importante, chi si farà carico di un ulteriore investimento.
L’intera vicenda dell’impianto TAP è un chiaro esempio di spreco di risorse pubbliche e di cattiva gestione, sempre avallata dai Sindaci della Val di Cornia e per la quale si può certamente dire una cosa: chi ha prodotto questo disastro non può ora sostenere di avere le soluzioni per risolverlo.
In tutto questo, i Sindaci, come tutori dell’interesse generale, non possono continuare a stare a guardare e hanno il dovere di tutelare i cittadini dalle ricadute negative di questa gestione fallimentare.
Gruppo consiliare “Comune dei Cittadini”