Tema sicurezza: tra ignoranza e disinformazione
Cento, forse duecento, stranieri non in regola con le nostre leggi. Il fenomeno che esiste anche in Val di Cornia, non è facile da determinare. Ovviamente in questi numeri, che non sono eccezionali se si considera che la popolazione straniera raggiunge ormai le 4000 unità, si trova di tutto, anche comportamenti illegali che di solito si limitano alla
pratica del commercio abusivo ma che investono anche giri più pericolosi di solito legati allo spaccio di droga.
Come affrontare questa nuova realtà?
Gaetano D’Acunto, che ha responsabilità locali nel Silp Cgil, il più rappresentativo dei sindacati di categoria dei poliziotti, inquadra il fenomeno nel diritto alla sicurezza. “Per il Silp — dice — la sicurezza è soprattutto prevenzione; prevenzione che sappia valutare con equilibrio e ponderazione le crescenti domande di sicurezza, che sappia resistere alla tentazione di soluzioni demagogiche e estemporanee dettate spesso dall’emotività popolare, che sappia trovare soluzioni durature. Un sistema che vada oltre l’analisi del dato numerico degli addetti alla sicurezza e al dato statistico dei reati che pure sono importanti, che sappia coniugare gli elementi anzidetti con le modificazioni del sociale, quali la perdita di ruolo della famiglia, il disagio giovanile, la precarietà dei nuovi lavori, la incertezza della pena, l’integrazione degli immigrati, il ruolo degli amministratori locali”.
Quindi un significato nuovo del concetto di sicurezza?
“Sì, la sicurezza ormai va inquadrata in un’ottica che veda coinvolti non solo gli addetti ai lavori ( Forze di Polizia e Magistratura ), ma anche le varie componenti sociali, che si coniughi con la solidarietà e la libertà. Lo stato generale della criminalità del Paese ci dice che si diffonde la criminalità nelle aree urbane a minore coesione sociale, che aumenta l’infiltrazione mafiosa nel Mezzogiorno, che la percezione di insicurezza è sempre più diffusa, soprattutto, tra le donne e le classi sociali più deboli. Il senso di insicurezza dei cittadini è cresciuto in questi anni e ha generato una convinzione che una società è sicura soltanto se blindata, chiusa, che si sente tranquilla se esclude e non accoglie”.
Uno dei problemi che crea insicurezza è anche la questione dell’immigrazione?
“Sul tema i mass media, anche involontariamente, contribuiscono spesso a creare confusione quando non distinguono tra immigrazione e criminalità, fra extracomunitario e clandestino. La popolazione è diventata sempre più diffidente nei confronti di un problema che andrebbe invece inquadrato in una più giusta ampia dimensione. Infatti nel nostro paese gli immigrati contribuiscono in modo significativo nel mercato del lavoro e nel sistema produttivo con ricadute positive sulle entrate fiscali”.
Anche in Toscana ci sono state reazioni forti all’arrivo dei nordafricani. Perché?
“Per ignoranza, disinformazione e fuga dalla realtà. Un’ignoranza determinata dal fatto che il sistema politico e i mass media non ci informano compiutamente. Oltre all’ignoranza c’è anche una grande carenza morale, per la prima volta nel nostro paese si verifica il fenomeno che gli egoismi vengono fuori senza pudore. C’è chi dice che non gli importa niente di cosa possa accadere ai tunisini e ai libici e che possono pure morire in mare. Si sono persi quella solidarietà e quei valori umani e cristiani che ciascuno professava., talvolta anche con un po’ di ipocrisia. La globalizzazione con la diffusione dei mezzi di comunicazione ha messo a nudo la realtà di una un’ umanità nella quale il 20% della popolazione controlla il 90% della ricchezza”.
Ma di che numeri stiamo parlando?
“In Italia gli immigrati regolari, secondo i più recenti rapporti di Caritas Migrantes e Ismu, sono oltre quattro milioni e mezzo: equivalgono al 7,2% della popolazione, una percentuale che supera per la prima volta la media europea (6,2%). Dal 1998 al 2008, la crescita è stata del 246% e se il trend resterà invariato, come prevede l’Istat, nel 2050 gli italiani di origine straniera saranno oltre 12 milioni. I lavoratori stranieri sono circa due milioni e producono il 10% del Pil nazionale. Gli immigrati versano ogni all’Inps sette miliardi di euro e pagano al Fisco una cifra che supera i 3,2 miliardi di euro. Inoltre, ogni cento neonati in Italia, ormai più del 12% ha un almeno un genitore straniero”.
Che strumenti avete a disposizione nel vostro lavoro quotidiano?
“Nel nostro ordinamento la materia degli stranieri è regolata principalmente dalla cosiddetta legge Bossi Fini che, per il Silp si è rilevata iniqua e inefficace: non aiuta gli apparati di sicurezza e sta divorando enormi risorse che vengono sottratte all’attività di prevenzione e repressione dei reati. In questo modo si sono relegate le forze di polizia ad un’attività burocratica di rilascio dei permessi di soggiorno o d’accompagnamento ai Centri di identificazione per extracomunitari o alla frontiera. Una legge che spesso colpisce chi non rappresenta una minaccia mentre lascia sul nostro territorio chi è venuto a delinquere e, sfruttando gli errori e le lacune della norma riesce a sfuggire a qualsiasi provvedimento di espulsione. Considerare il fenomeno migratorio come portatore di criminalità e propinare l’equazione immigrazione uguale delinquenza significa creare condizioni tali per le quali non sarà mai favorita l’integrazione dei cittadini extracomunitari, lasciandoli così in balia della criminalità”.
I dati Istat sconfessano la convinzione secondo cui più immigrati significano più crimini…
“E’ vero. C’è chi sostiene che l’aumento degli stranieri sul nostro territorio faccia crescere anche il numero di reati: secondo i numeri dell’istituto di ricerca, invece, la maggior parte degli stranieri finiscono nei guai per il reato di clandestinità. Stando alle cifre dell’Istat, il tasso di criminalità degli immigrati regolari, in Italia, è «solo leggermente più alto» di quello degli italiani ed è addirittura inferiore tra le persone oltre i 40 anni.
Invece la stragrande maggioranza dei reati commessi da stranieri in Italia è opera di immigrati irregolari. Secondo le cifre ufficiali il 70–80% degli stranieri denunciati sono irregolari. Sul totale delle denunce, l’87% riguarda proprio la condizione di clandestinità: il reato commesso da 4 stranieri su 5 denunciati riguarda insomma l’essere stati sorpresi in Italia senza permesso di soggiorno e dunque la violazione delle leggi sull’immigrazione. Quindi, secondo le statistiche, non esiste un legame fra l’aumento degli immigrati regolari e l’aumento dei reati in Italia: tra il 2001 e il 2005, ad esempio, mentre gli stranieri sono aumentati di oltre il 100%, le denunce nei loro confronti sono cresciute del 45,9%”.
E le condanne?
“Una rilevazione del Ministero della giustizia, relativa al 2010, evidenzia un numero risibile di condanne per il reato previsto dal Pacchetto sicurezza del 2009. Dati che attestano probabilmente l’impossibilità di parlare ancora del reato di Immigrazione clandestina per l’ingresso e la permanenza illegale nel territorio italiano di cittadini non comunitari.
Considerando che nel nostro Paese è stimata la presenza illegale di oltre 500mila stranieri, sono appena 172 i fascicoli aperti nei tribunali all’interno dei quali è stata rintracciata la voce relativa al reato in questione. Di questi, solo 55 sono stati quelli definiti. Più nello specifico, sono solo 12 le sentenze di condanna, mentre 18 sono le sentenze concluse con un patteggiamento e una la sentenza promiscua, cioè pronunciata con una condanna per un reato e un’assoluzione per l’altro. Il totale delle sentenze di assoluzione sono 4 e 20 quelle chiuse con altre modalità di definizione. Forse anche per questo il neo Ministro per l’integrazione Cecile Kyenge in televisione ha recentemente parlato, tra le altre cose, della necessità di abrogare il reato di immigrazione clandestina, per cui non è prevista la detenzione”.
Come giudica questo stato di cose?
“Sulla questione possono essere fatti due ordini di considerazioni. La prima è quella che fa riferimento alla lentezza dei processi in Italia, per cui è difficile che in un solo anno si sia arrivati a numeri importanti. La seconda considerazione, invece, è che di fronte a questi numeri è chiaro che siamo di fronte a una norma impossibile da realizzare. Di fatto queste norme rimangono disapplicate, soprattutto se pensiamo che nel nostro paese sono stimati da 500mila a 1 milione di irregolari. È come dire che tutti quelli che gettano la carta per terra devono essere processati! Sull’altro versante, genera anche un clima negativo, quasi di impunità diffusa. Incide sul senso di appropriatezza del sistema giuridico. E’ oltretutto una norma dalla scarsissima efficacia persuasiva: figuriamoci cosa può interessare a un immigrato africano di venire condannato con una pena pecuniaria da applicare dopo 3 anni!”.
In conclusione…
“In conclusione, per il Silp, quello dell’immigrazione è un problema che andrebbe governato e che non può essere risolto con carattere di emergenza solo sul versante repressivo, né nel breve termine, ma va affrontato con politiche di integrazione che favoriscano la convivenza delle diverse etnie nel nostro paese e che restringano l’area della clandestinità, sicuro serbatoio per le organizzazioni criminali”.
(Foto di Pino Bertelli)