Tor del Sale: quel progetto di bonifica non va bene
PIOMBINO 18 agosto 2018 — Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) ha convocato per il 20 settembre prossimo una riunione tecnica finalizzata:
- all’esame del “Progetto di bonifica dei terreni contaminati da metalli – ENEL Produzione”, trasmesso il 19 gennaio dall’ ENEL al Ministero stesso,
- all’analisi degli esiti del test pilota di Enhanced Biotreatment” trasmesso il 14 maggio 2018.
Sono invitati ENEL Produzione S.p. A., Regione Toscana – Settore Bonifiche e Autorizzazioni Rifiuti -, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (ARPAT), Istituto Superiore di Sanità (ISS ), Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL).
La riunione origina dai pareri fortemente negativi emessi da ARPAT, Regione Toscana e ISPRA sul progetto di bonifica dei terreni della centrale termoelettrica di Torre del Sale presentato da ENEL a seguito del fatto che, avendo l’impianto cessato
l’esercizio, il MATTM ha richiesto all’ENEL stessa un intervento di bonifica dopo l’approvazione dei risultati dell’analisi di rischio relativa ai metalli nel suolo insaturo nella conferenza di servizi decisoria del 31 maggio 2016 che hanno ribadito la presenza di un rischio non accettabile per lisciviazione in falda da arsenico nella sorgente di suolo profondo S10.
ENEL ha quindi predisposto un progetto di bonifica dei terreni superficiali contaminati da arsenico con valori di concentrazione superiori al valore di fondo.
Il progetto di bonifica
Il progetto di bonifica proposto, si apprende dalla relazione dell’ ARPAT, “consiste nell’applicazione di una tecnologia di phytoremediation (il fitorisanamento (dal greco φυτος, pianta), fitorimedio o fitorimediazione (in inglese phytoremediation) è una tecnologia naturale di bonifica dei suoli che utilizza alcune piante che sono in grado di fitoestrarre metalli pesanti e/o indurre la degradazione di composti organici in terreni contaminati. ndr) che prevede un processo di fitoestrazione dell’arsenico dal suolo superficiale. In un test preliminare, effettuato presso la centrale ENEL di Piombino in aree non antropizzate, l’Università di Pisa ha stimato che la frazione biodisponibile di arsenico per la fitoestrazione è risultata pari al 58% per il campione più superficiale e al 49% nel campione più profondo. Per acquisire dati più rappresentativi sulla effettiva biodisponibilità e per comprendere quindi la reale potenzialità della fitoestrazione, il proponente prevede di eseguire una sperimentazione in laboratorio, della durata di sei mesi, su un terreno prelevato in situ per valutare la speciazione dell’arsenico. Successivamente sarà allestito un campo prova in situ, per la durata di quattordici mesi in una zona del sito che sia il più rappresentativa possibile delle caratteristiche dell’intera area da trattare. La prova pilota in campo prevede una prima fase di trattamento principale, con specie coltivata, ed una seconda di trattamento secondario con utilizzo di sostanze adiuvanti che aumentino la capacità di fitoestrazione dei metalli. Il trattamento principale sarà effettuato su un area di 4000 metri quadrati. La fase di laboratorio e quella di campo si sovrapporranno per 60 giorni: complessivamente l’intera attività avrà una durata complessiva di 18 mesi. Sono previste altre attività di laboratorio per la messa a punto di un protocollo di mycoremediation per metalli tossici, individuando e selezionando ceppi fungini autoctoni che, grazie alle loro caratteristiche, possono sia stabilizzarli che trasformarli in composti a minore tossicità ed anche l’esecuzione di prove sperimentali per testare l’applicabilità delle zeoliti (le zeoliti (dal greco ζέω, “bollire” e λίθος, “pietra” per il motivo che se le zeoliti vengono riscaldate si rigonfiano) sono una famiglia di minerali con una struttura cristallina regolare e microporosa caratterizzati da un’enorme quantità di volumi vuoti interni ai cristalli, ndr) al trattamento di metalli pesanti.
Conclusioni ARPAT
“Si ritiene che l’attività presentata si configuri come uno studio sperimentale, sicuramente approfondito e scientificamente valido, sulla applicabilità della metodologia della fitoestrazione e di altre due tecnologie, come la mycoremediation e l’utilizzo di zeoliti, ma non risponda alle richieste del MATTM in quanto non ha le caratteristiche del progetto di bonifica il quale potrebbe essere redatto solo alla fine dei diciotto mesi nel caso che i risultati ottenuti ne dimostrassero l’efficacia. Si ritiene opportuno, anche al fine di non rimandare gli interventi sul sito agli esiti di una lunga sperimentazione, che il proponente valuti alternative progettuali più consolidate”.
Conclusioni Regione Toscana
“Questo Settore ritiene che la proposta presentata dalla società Enel Produzione s.p.a. non possa essere considerata il progetto definitivo di bonifica richiesto da codesto Ministero bensì una fase di studio preliminare rivolta all’acquisizione di dati che possano dimostrare l’effettiva possibilità di applicare, in futuro e con garanzia di risultato, la tecnologia della fitoestrazione a scala di intero sito (per la bonifica delle n.9 sorgenti con Arsenico al di sopra della concentrazione di 52,7 mg/kg, assunta come valore di fondo naturale).
Inoltre, questo Settore, visti anche i tempi previsti per la realizzazione delle prove pilota di fitoestrazione (18 mesi per una spesa prevista di ca. 1,2 milioni di euro), evidenzia che allo stato attuale non esiste la garanzia di avere a disposizione, in tempi brevi, un progetto di intervento per il suolo insaturo contaminato da arsenico.
A questa considerazione si aggiunge il fatto che sul sito in questione sono in procinto di essere realizzate ulteriori attività di caratterizzazione (es: aree serbatoi) e che altre indagini dovranno essere previste per quanto riguarda ulteriori aree con strutture destinate alla demolizione, l’esito delle quali potrebbe modificare il modello concettuale del sito per quanto riguarda l’aspetto geochimico.
Pertanto si ritiene che la società Enel Produzione s.p.a., vista la necessità ambientale di avere la certezza di disporre di una proposta definitiva di intervento in tempi plausibili, debba valutare la possibilità di ricorrere a tecnologie di bonifica alternative tenendo conto che le azioni proposte si dovranno interfacciare con le operazioni di dismissione e di nuova caratterizzazione (che potrebbero portare ad una nuova definizione del contesto ambientale del sito in oggetto rendendo necessarie nuove valutazioni di rischio), con le altre tipologie di bonifica attualmente in fase di sperimentazione per il risanamento dello strato di riporto e con lo “scenario futuro” del sito in questione che attualmente non risulta ancora definito”.
Osservazioni ISPRA
“La tecnologia di phytoremediation è stata selezionata poiché considerata una tecnica in grado di rispettare i criteri di sostenibilità ambientale, anche se dovendola applicare in alcune aree della centrale termoelettrica Enel, in cui sono presenti strade e manufatti industriali, che andrebbero smantellati per permetterne l’applicazione, risulterebbe meno sostenibile.
In merito allo schema sperimentale di bonifica tramite phytoremediation, invece, pur condividendo la potenziale applicabilità della tecnologia stessa, la sostenibilità ambientale e il modello concettuale espresso, lo schema sperimentale illustrato nel documento risulta essere poco chiaro soprattutto nella descrizione delle fasi di sperimentazione in laboratorio ed in campo.
Numerose fasi sperimentali e di pre-field preliminarmente descritte nel documento posseggono i caratteri propri di uno studio di fattibilità più che di una progettazione.
Nel documento è citato uno studio preliminare effettuato dall’Università di Pisa sull’are ENEL con prelievo ed analisi da 3 campioni di terreno dell’arsenico e delle sue forme per valutarne la biodisponibilità. Si chiede di produrre le analisi e le metodiche utilizzate per tale studio.
Ferma restando l’importanza di conoscere i processi di biodisponibilità dell’arsenico nel suolo in fase di laboratorio, si ritiene che essa debba essere strettamente legata alla specie vegetale che si vorrà utilizzare in campo, per cui ci debba essere uno schema di sperimentazione che trovi corrispondenza sia nella fase di laboratorio, che in quella di campo e che l’una sia propedeutica alla fase sperimentale successiva. Pertanto la sperimentazione in laboratorio, solo su suolo nudo in assenza di specie vegetali, come illustrato nel testo, non risulta essere funzionale al progetto in campo, a meno che non la si voglia intendere come campione di “bianco”, per un successivo confronto con le altre specie utilizzate.
La replicabilità dello schema sperimentale in laboratorio ed in campo dovrebbe essere stesa anche alle specie vegetali impiegate; mentre in laboratorio si prevedono solamente 1 o 2 specie da sperimentare, sul campo se ne prevedono 8 differenti.
Infine, per quanto riguarda i parametri analizzati, nel documento viene detto che verrà eseguita “la determinazione dell’arsenico e degli altri metalli pesanti di interesse (vanadio, zinco e nichel), oltre che azoto e fosforo”, sulla biomassa epigea, ma si ritiene opportuno prevedere analisi degli stessi elementi anche sul suolo, per poterti fare un confronto e valutare l’efficienza del trattamento”.