Tra cultura e calcare è da decidere cosa privilegiare
PIOMBINO 1 ottobre 2019 — La notizia è di quelle che pongono interrogativi. Su richiesta del Comune di Campiglia il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, con decreto n. 111 del 31 luglio 2019, ha dichiarato di interesse culturale “sette siti” ricompresi nelle aree di proprietà comunale del Parco archeominerario di San Silvestro. Sono stati riconosciuti d’interesse archeologico, storico e monumentale, e per questo vincolati, territori che il Comune di Campiglia, unitamente agli altri Comuni della Val di Cornia, aveva sottoposto a regime di tutela con il sistema dei parchi previsto dai piani regolatori coordinati degli anni 70/80. Un fatto ben evidenziato nel comunicato dell’amministrazione comunale di Campiglia laddove afferma che i Comuni della Val di Cornia, autonomamente, decisero in quegli anni “di bloccare su una parte di quelle colline l’espansione delle cave a cielo aperto che, inevitabilmente, avrebbero distrutto beni storici e archeologici sopra e sotto il suolo”. Senza quelle scelte non sarebbe mai nato il parco archeominerario di San Silvestro e il patrimonio culturale, lascito di millenni di attività minerarie, sarebbe stato condannato alla distruzione.
L’attuale parco pubblico di San Silvestro valorizza tuttavia solo una parte dei territori che i piani regolatori coordinati degli anni 70/80, ed anche i successivi, prevedevano di salvaguardare e valorizzare per fini culturali e paesaggistici. Un fatto che emerge esplicitamente nel decreto del Ministero. Nel lavoro di ricognizione è stata rilevata l’esistenza di un più vasto patrimonio d’interesse storico minerario (si parla complessivamente di 14 siti) che va oltre il perimetro dei sette siti vincolati, comprende aree private e si estende anche al Comune di San Vincenzo. Vi si legge che al di fuori dei siti vincolati esistono beni che presentano le stesse caratteristiche storico archeologiche, ma che, allo stato attuale, non sono vincolati solo perché ricadenti in aree private esterne a quelle gestite dalla società Parchi. Tra questi cita espressamente l’imponente complesso metallurgico dell’Etruscan Mines e segnala anche che “alcune delle proprietà private menzionate presentano destinazione estrattiva, ponendo dunque la sopravvivenza delle testimonianze citate a rischio di scomparsa”. Per questo ritiene “opportuno un’eventuale estensione della tutela “.
C’è dunque ancora molto da fare per evitare che il patrimonio culturale presente sulle colline campigliesi venga distrutto.
Il nuovo sindaco di Campiglia Alberta Ticciati ha dichiarato che il decreto del Ministero rappresenta “uno stimolo molto forte a proseguire in questa direzione della valorizzazione ambientale e culturale del nostro territorio”. Il suo proposito è apprezzabile, ma servono fatti coerenti. Quelli che sono mancati nei decenni passati, compreso l’ultimo quinquennio, nel corso dei quali è stato palesemente contraddetto quanto scritto nei piani urbanistici ogni qual volta gli interessi culturali e paesaggistici sono risultati in contrasto con gli interessi della cava che sovrasta il parco. Nell’ultimo piano urbanistico in ordine cronologico (il Piano Strutturale del 2007) si leggeva che l’obiettivo da perseguire era quello di “ridurre le esternalità negative delle attività di cava e di miniera” su quella che veniva ritenuta la funzione principale delle colline campigliesi, “ovvero la tutela e il godimento dei valori naturali, delle bellezze paesaggistiche e delle testimonianze storico archeologiche”. Tutto Monte Calvi venne incluso tra le “aree naturali protette” con lo scorporo del solo perimetro della cava esistente per la quale prevedeva “di non consentire nuove occupazioni di suolo al di fuori del perimetro dei vigenti piani di coltivazione, ma di andare verso il naturale esaurimento dei giacimenti già autorizzati”.
Molto è stato scritto e documentato delle scelte compiute dalle amministrazioni comunali con i sindaci Lorenzo Banti e Silvia Velo che, dopo l’apertura del parco archeominerario nel 1996, hanno trasformato la cava di Monte Calvi (in origine autorizzata per le sole necessità di calcare dell’industria siderurgica piombinese) in una cava libera di vendere tutti i materiali sul mercato, raddoppiandone poi i volumi scavabili da 4 a 8 milioni di metri cubi.
Molto è stato detto anche sull’operato più recente della giunta guidata da Rossana Soffritti (di cui l’attuale sindaco Alberta Ticciati ha fatto parte nell’ultimo quinquennio) che, in continuità con le giunte precedenti, ha assunto decisioni che sono andate in direzione opposta ai propositi di valorizzazione ambientale e culturale di quelle aree. In direzione opposta è andata la scelta della giunta che nel 2016, di fronte all’opzione derivante da una legge della Regione Toscana (la n. 30/2015) tra cancellare le aree naturali protette (Anpil) di Molte Calvi o trasformarle in riserva regionale con un maggior grado di tutela ambientale, ha deciso per la cancellazione delle aree naturali protette (delibera della Giunta n. 96 del 13 luglio 2016). In direzione opposta è andata anche la variante al Piano strutturale del 2017 con la quale il Comune di Campiglia ha prolungato a tempo illimitato le escavazioni e ampliato di 2,8 ettari la cava di Monte Calvi in adeguamento al piano cave della provincia di Livorno del 2014 contro il quale non si è mai opposto (delibera del Consiglio Comunale n. 103 dell’11 dicembre 2017).
L’insieme di queste scelte ha fatto sì che il parco pubblico sia rimasto confinato nel perimetro originario degli anni 90, mentre quello della cava è cresciuto, come sono cresciuti gli impatti ambientali derivati dal raddoppio dei volumi di scavo autorizzati.
Ora il Comune di Campiglia è di fronte ad un ennesimo decisivo banco di prova: quello del Piano Regionale Cave (PRC) adottato dalla Regione Toscana lo scorso 31 luglio (cfr gli articoli di Stile libero Idee dalla Val di Cornia In silenzio la Val di Cornia è distretto regionale cave e Cave: poca occupazione, molti danni al territorio, ndr) che per la cava di Monte Calvi prevede un “giacimento” più ampio di quello dell’attuale coltivazione e il “giacimento” individuato dalla Regione prevale sulle previsioni dei piani urbanistici comunali.
Alla cava di Monte Calvi, unitamente a quella di San Carlo (con la quale costituisce il comprensorio dei “calcari di Campiglia”), sono stati assegnati quantitativi enormi di escavazione per i prossimi 20 anni. Si tratta di 21.669.820 metri cubi. di calcari per l’industria da collocare sul mercato senza nessun vincolo di utilizzo in favore delle industrie locali. Rappresentano il 59,88% dell’intero fabbisogno regionale di materiali per l’industria. Rispetto alla media annua degli ultimi anni (quelli documentati dal PRC) prevedono un incremento del 22% dei materiali da scavare nel comprensorio dei “calcari di Campiglia”. Gli impatti negativi sul parco archeomineario e sul SIC (sito d’interesse comunitario per la biodiversità che interessa tutto il Monte Calvi) saranno di due tipi: quelli derivanti dall’ampliamento della cava in un contesto delicatissimo caratterizzato dalla presenza di biodiversità e di patrimonio culturale (solo in parte valorizzato) e quelli derivanti dalla pressione antropica delle attività produttive (polveri, transito dei mezzi di cava, impianti di frantumazione, ecc.) che i maggiori volumi da scavare nei prossimi 20 anni determineranno sui territori che si vorrebbero tutelare e valorizzare. Tutto questo non sembra aver impensierito la Regione, per la quale la cava di Monte Calvi, nella sua futura prefigurazione ventennale, non presenta “nessuna criticità urbanistica”.
Conclusione
È dunque di grande importanza politica ed amministrativa ciò che il Comune di Campiglia ha fatto chiedendo al Ministero il vincolo d’interesse culturale sulle aree comunali, ma la sfida vera è rappresentata da ciò che ancora non è stato tutelato e da quali interessi reali l’amministrazione intende strategicamente privilegiare per il futuro. Senza nulla togliere alla complessità della materia, al sindaco di Campiglia spetta il compito, con i fatti, di agire nell’oggettivo conflitto tra “interessi culturali” e “interessi delle imprese estrattive”. La politica della “convivenza tra cava e parco” ha già dato i suoi risultati: sono cresciuti solo i perimetri della cava. Così come non può essere accampata la motivazione secondo la quale le cave sono materia di competenza della Provincia e della Regione, tanto più se il Comune, come ha fatto fino ad oggi, non si è mai opposto a ciò che andava maturando in quelle sedi. Il Piano Regionale Cave è solo adottato e fino al 20 ottobre il Comune può fare osservazioni. Il decreto del Ministero aggiunge argomenti a sostegno della tutela del patrimonio culturale diffuso su Monte Calvi. Speriamo che il sindaco di Campiglia colga l’opportunità di dimostrare con i fatti ciò ha scritto nel suo programma elettorale e ciò che auspica a parole.