Tra domande non poste e risposte non pervenute
PIOMBINO 8 agosto 2016 — Beh, qualcosa è cambiato anche se non in meglio. Pista di decollo verso “la stella del Mediterraneo” è diventata una strada piena di buche, tant’è che gli stessi che ieri parlavano in termini ben diversi oggi ammettono, per voce del vicesindaco di Piombino Stefano Ferrini che “La situazione è sicuramente complessa e non è certamente quella che ci saremmo aspettati lo scorso anno”. Gli altri aggettivi più usati sono lungo, difficile, tortuoso, preoccupante ed altri sullo stesso tono.
L’espressione meno usata è invece quella più necessaria: di difficile comprensione. A questo hanno contribuito ovviamente le grida di entusiasmo più volte lanciate ma puntualmente smentite dalla realtà.
La possibilità di comprensione piena è la condizione, indispensabile per tutti, per capire, per valutare, per esprimersi, per partecipare.
Sono le precondizione della democrazia, bellezza.
Forse allora non è inutile provare a fare il punto sulle questioni che dovranno essere affrontate sin da quelle riunioni di settembre, dopo le tante già avvenute, che sembrano essere i prossimi appuntamenti per chi ha qualche responsabilità. E non solo da quelle riunioni.
Non per pretendere di dire cose nuovissime ma per tentare di metterle in fila.
Naturalmente ill ragionamento rimarrà all’interno di una scelta fatta a suo tempo per il mantenimento della produzioone siderurgica basata sugli andamenti e sulle prospettive di mercato. Prospettive che, per la verità, ad oggi sono state smentite dallo stesso mercato in maniera tale che lo stesso Commissario strsordinario Nardi è costretto ad ammettere che “Rispetto alla situazione di partenza ( l’offerta di Cevital fa riferimento ai dati del secondo trimestre 2014) il contesto di riferimento del 2016 si è così modificato:
(i) la prevista ripresa di mercato non si è verificata anzi si è assistito ad una rarefazione della domanda;
….
(iii) il mercato finanziario è entrato in crisi lesinando il credito sia per il circolante che per gli investimenti”.
Il piano industriale
C’è una differenza fondamentale tra il piano industriale inserito nell’accordo di programma firmato il 30 giugno 2015 da enti pubblici e Aferpi e quello, di cui si parla in questi giorni, contenuto nel masterplan presentato da Aferpi al Comune di Piombino e alla Regione Toscana.
Il primo, che era anche alla base degli accordi sindacali connessi alla vendita della Lucchini ad Aferpi con le loro implicazioni sia sull’occupazione sia sulle condizioni economiche e retributive dei lavoratori, prevedeva l’istallazione di due forni elettrici, di tre colate continue oltreché di un nuovo treno rotaie con una produzione/vendita di acciai di qualità e speciali a regime di 2 milioni di tonnellate di prodotti finiti (rotaie, travi, barre e vergella).
Il secondo l’istallazione di un forno elettrico con una capacità produttiva di poco più di 1 milione di tonnellate, di due colate continue e di un nuovo treno rotaie
Naturalmente si sprecano gli spergiuri sul mantenimento di tutti gli impegni ma, agli atti, sono solo parole.
Nel primo piano vi era addirittura una tempistica che faceva iniziare gli investimenti (ma questo già era la prima dimostrazione che non era un piano credibile) il 1° luglio 2015 e collocava la fine lavori della prima acciaieria nel dicembre 2016, del nuovo treno rotaie nel novembre 2017 e della seconda acciaieria nel gennaio 2019.
Rimangono nel primo e nel secondo piano il polo per la logistica e quello per l’agroindustriale senza nessuna scadenza per l’inizio e la fine dei lavori.
Nel masterplan compare anche un polo artigianale-commerciale che al massimo è solo una previsione urbanistica la cui realizzabilità viene smentita dalle stesse parole con cui è illustrato: “Il progetto, ancora in fase di affinamento, prevede l’inserimento di alcuni manufatti artigianali o di piccola industria all’interno di un contesto verde prevalentemente a parco urbano, caratterizzato dalla presenza di centri commerciali e servizi privati alla città. Con l’ambiziosa volontà di richiamare affermate realtà commerciali che impreziosiscono le più blasonate realtà urbane, griffe che fungerebbero da testa di ponte per io sviluppo di un territorio ricco di potenzialità e elementi caratteristici, fusi in un unicum singolare e irripetibile”.
I tempi
Aferpi nel Masterplan presentato il 5 luglio al Comune di Piombino per l’avvio del procedimento urbanistico prevede i seguenti termini temporali delle attività di realizzazione degli impianti
impianti | inizio lavori | termine lavori |
nuova acciaieria | 30 aprile 2016 (1) | agosto 2018 |
nuovo treno rotaie | 30 aprile 2016 (1) | agosto 2019 |
sviluppo logistico | dicembre 2023 | |
demolizione area altoforno | dicembre 2020 | |
dismissione e demolizione vecchio treno rotaie | settembre 2020 | ottobre 2022 |
demolizione area vecchia acciaieria e cokeria | novembre 2017 | agosto 2020 |
polo agroalimentare | settembre 2020 | dicembre 2022 |
polo commerciale-artigianale | gennaio 2023 | febbraio 2025 |
(1) inizio della progettazione
Già Stile libero si è occupato della credibilità dei tempi della nuova acciaieria concludendo che non il 2018 ma il 2020 è l’anno che va preso razionalmente in considerazione per la ripresa della produzione siderurgica, sempre che tutto proceda nel migliore dei modi e senza impedimenti di natura finanziaria o autorizzativa.
Impedimenti di natura finanziaria su cui lo stesso Commissario straordinario Nardi afferma: “Nel detto “timing” si ipotizza la chiusura del contratto di finanziamento per fine ottobre 2016 che, stante la situazione dei rapporti in fase iniziale con i possibili soggetti finanziatori, appare incerta e comunque ottimistica, alla luce della attuale turbolenza dei mercati finanziari e siderurgici”.
Per il resto regna la massima indeterminazione già descritta da Aferpi nel marzo 2016: “L’avvio del settore agroindustriale è condizionato dai tempi dello smantellamento degli impianti dell’area a caldo e della delocalizzazione dell’attuale treno rotaie.
Per la logistica è in corso la ricerca di un partner specialista e cofinanziatore dell’attività (da verificare la possibilità di istituire nell’area portuale una “zona franca”)”.
Il polo commerciale-artigianale è una pura ipotesi.
La produzione
L’ ottava relazione trimestrale sull’andamento dell’esercizio dell’impresa e sulla esecuzione del programma di cessione della Lucchini firmata dal Commissario straordinario Nardi il 27 luglio 2016 dà informazioni precise sulla produzione dello stabilimenti di Piombino, cioè di Aferpi:
“Nel secondo semestre 2015 Aferpi ha potuto esportare in Algeria circa 60 mila tonnellate che assieme alla produzione a finire per Lucchini (soprattutto rotaie) si arriva a circa 240 mila tonnellate ( 40/50 mila tonnellate al mese contro un obiettivo di 70 mila tonnellate).
La produzione di Aferpi ai treni di laminazione di Piombino è stata nel primo semestre del 2016 di circa 235 mila tonnellate (di cui 25mila tonnellate di rotaie per Lucchini) con una media mensile simile a quella del secondo semestre 2015.
Nello stesso periodo la produzione media è stata molto variabile ma mediamente sugli stessi livelli del 2015, con una discesa a 30 mila tonnellate nel giugno anche per il blocco delle licenze import in Algeria”.
Ipotizzabile, per ciò che è stato detto nel corso dell’ultima riunione al Ministero dello sviluppo economico, che un simile trend sarà mantenuto nel secondo semestre 2016 ma ciò ovviamente pone problemi sia per il raggiungimento dell’obbiettivo di chiudere il 2016 in pareggio sia per l’oocupazione. È del resto la stessa Aferpi che nell’ultima relazione inviata a Nardi afferma: “…la gestione 2016 sta generando risultati inferiori rispetto al budget principalmente a causa delle limitate disponibilità finanziarie conseguenti alla mancanza di linee di credito bancarie, che non consentono adeguati approvvigionamenti”…lo stato attuale della tesoreria di Aferpi indica che senza ulteriori linee di credito la produzione dei prossimi mesi dovrà essere fortemente ridimensionata rispetto al budget”.
L’occupazione
Sempre secondo l’ ottava relazione del Commissario straordinario Nardi “il piano industriale prevedeva l’assunzione di 1680 dipendenti ex Lucchini per la parte logistica e siderurgica oltre a 180 dipendenti ex Lucchini Servizi da utilizzare per manutenzione e riparazione anche attraverso l’internalizzazione di attività appaltate a terzi. Nel corso della negoziazione con le organizzazioni sindacali tale numero fu elevato alla totalità dei dipendenti in Piombino, pari a 2280, confidando di assorbire la differenza attraverso lo sviluppo dell’industria agroalimentare, settore “core” di Cevital”.…si prevede a regime una occupazione di 1410 unità nella parte siderurgica e di 200 dipendenti per la parte logistica e l’internalizzazione di servizi esterni di manutenzione, riparazione e rifacimenti con l’utilizzo del personale ex Lucchini Servizi. Per recuperare l’intera forza lavoro di 2100 unità occorrerà verificare le potenzialità occupazionali degli investimenti nel settore agroalimentare, non ancora definiti e quantificati”.
La congiunzione tra la riduzione del piano, i tempi dilatati e l’incertezza dei finanziamenti pone molti problemi, ad esempio per l’assunzione di tutti i lavoratori ex Lucchini, prevista da tutti gli accordi e programmi per il 1° novembre 2016.
Sembra difficile dare per scontata l’applicazione dei contratti di solidarietà a tutti. Si può aprire la prospettiva della cassa integrazione guadagni straordinaria della durata massima di 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile in corrispondenza della presentazione e della accettazione di un piano di interventi volto a fronteggiare le inefficienze della struttura gestionale o produttiva e delle indicazioni sugli investimenti e sull’eventuale attività di formazione dei lavoratori. Un programma finalizzato a un consistente recupero occupazionale del personale interessato alle sospensioni o alle riduzioni dell’orario di lavoro, come dice il jobs act.
Anche in questa ipotesi i tempi degli ammortizzatori sociali non coincidono con quelli necessari alla realizzazione del piano siderurgico, sia pure ridimensionato, e ancor meno di quello logistico e agroalimentare.
Cosa potrà succedere il 1° luglio 2017 quando scadranno i due anni obbligatori per la prosecuzione dell’attività imprenditoriale nessuno lo può affermare con certezza.
Tutto questo è relativo agli ex dipendenti Lucchini, ma già da questo si capisce che anche nell’ipotesi più rosea si avrà una ripercussione ancor più pesante, del resto già cominciata, su quelli che vengono chiamati i lavoratori dell’indotto, cioè quelli che svolgevano lavori ed attività per Lucchini: 600 lavoratori ante-spegnimento area a caldo, ridotti ai 150 attuali secondo le stime di Aferpi. Per non parlare poi dei 249 che a dicembre 2016 alla stessa data si troveranno a fine mobilità e dei 2018 che saranno a fine Aspi e Naspi, le prestazioni economiche che hanno sostituito le indennità di disoccupazione. I dati sono della Regione Toscana.
I finanziamenti
Il piano industriale del 30 giugno 2015 prevedeva investimenti di 500 milioni di euro così suddivisi:
- per il progetto siderurgico 300 milioni di euro, dei quali 148,5 milioni nelle prime due fasi (tra il 2015 e il 2017) ed 151,5 milioni nelle successive (tra il 2017/2019),
- per il progetto agroindustriale 220 milioni,
- per porto e logistica 50 milioni.
In totale oltre 500 milioni di investimenti.
Oggi i numeri sono sensibilmente cambiati tant’è che lo stesso Commissario straordinario Nardi afferma, a proposito dei contenuti di una relazione presentata da Aferpi il 7 giugno 2016, che “Se da un lato il business plan certifica con i risultati economici e finanziari esposti la validità della visione strategica, dall’altro sottolinea la latitudine del fabbisogno finanziario ben superiore a quanto inizialmente previsto da Cevital e da qualsiasi altro progetto siderurgico europeo in corso di ideazione o attuazione”. E ancora lo stesso Commissario: “Lo sviluppo del progetto siderurgico ha richiesto tempi lunghi e modifiche dei contenuti con impianti all’avanguardia per poter competere con successo nel mercato della qualità ma con costi pressoché raddoppiati”.
In un documento presentato alla Regione Toscana ed al Comune di Piombino si parla di un costo di investimento per la nuova acciaieria elettrica e il nuovo treno di laminazione pari a 416 milioni di euro.
In un recente articolo pubblicato da Stile libero il nostro collaboratore Leonardo Mezzacapo trovava ”la cifra di 416 milioni di euro assolutamente inadeguata alle esigenze complessive dell’intero progetto, ritenendo, da una personale valutazione budgetaria, che la cifra congrua si attesti attorno a 600/650 milioni di euro”.
E il costo delle bonifiche? Non sembra sia compreso.
Nessuna cifra per agroindustria porto e logistica. Men che mai per l’artigianale-commerciale né per lo smantellamento degli impianti esistenti.
Problemi anche per la gestione ordinaria dell’attività di laminazione.
Lo rileva di nuovo chiaramente l’ottava relazione del Commissario straordinario Nardi: “La relazione Aferpi riporta anche informazioni sull’andamento gestionale del primo quadrimestre da cui emerge che “la gestione 2016 sta generando risultati inferiori rispetto al budget principalmente a causa delle limitate disponibilità finanziarie conseguenti alla mancanza di linee di credito bancarie, che non consentono adeguati approvvigionamenti”….“lo stato attuale della tesoreria di Aferpi indica che senza ulteriori linee di credito la produzione dei prossimi mesi dovrà essere fortemente ridimensionata rispetto al budget”…La relazione stima un fabbisogno di 75 milioni di euro nelle diverse forme tecniche (anticipo fatture, lettere di credito, performance e bid bond ecc.) che a parere dello scrivente Commissario è sovrastimato, ma che rimarrebbe di importo comunque elevato tale da richiedere il concorso di una pluralità di soggetti finanziatori. Aferpi si attendeva una risposta positiva dal sistema bancario considerando che l’azionista aveva comunque supportato la società con aumenti di capitale e finanziamenti garantiti per 87 milioni di euro e che il portafoglio ordini è attualmente dell’ordine delle 250mila tonnellate”.
E così oggi la situazione non sembra cambiata.
Le bonifiche
Aferpi è tenuto a progettare, realizzare e rispettare
- la rimozione e l’avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti depositati in modo incontrollato nelle aree di proprietà e in concessione demaniale;
- la messa in sicurezza operativa del suolo nelle aree di proprietà ex Lucchini, tramite misure di mitigazione o interruzione dei percorsi di esposizione, quali coperture e rimozione di hot spot, e analisi di rischio sito specifica.
Il 31 maggio 2016 la Conferenza dei servizi che opera al Ministero dell’ ambiente ha approvato l’analisi di rischio che è la premessa per l’elaborazione e la successiva approvazione, non solo da parte di Aferpi ma anche del Ministero, del progetto per la messa in sicurezza e per l’assegnazione degli appalti e dell’esecuzione successiva.
La stessa conferenza dei servizi ha chiesto all’ azienda di trasmettere entro 60 giorni il progetto integrato degli interventi di messa in sicurezza operativa e reindustrializzazione previsto dall’ accordo di programma ai sensi dell’articolo 252-bis del D.Lgs 152/2006 “per l’attuazione del Progetto integrato di messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo economico produttivo nell’area dei complessi aziendali di Piombino ceduti dalla Lucchini”.
Un tavolo tecnico al Ministero dell’ ambiente ha preso atto di un piano, presentato da Invitalia, delle indagini integrative finalizzato all’acquisizione della conoscenza geotecnica e idrogeologica delle aree che saranno interessate dal progetto degli interventi di competenza pubblica per la messa in sicurezza operativa della falda e per la messa in sicurezza operativa del suolo nelle aree demaniali, da realizzare con finanziamento pubblico.
Al fine di estendere e rendere il più possibile completo il quadro di conoscenza degli aspetti idrogeologici, idraulici e chimico-ambientali della falda, è prevista una campagna di campionamento e monitoraggio della falda della durata complessiva di 18 mesi.
Del resto Invitalia aveva già chiarito i tempi per la parte di sua competenza:
70 mesi dalla stipula della convenzione tra Regione e Invitalia.
Se la convenzione fosse stata stipulata il primo gennaio 2016
i lavori di messa in sicurezza dei suoli (pavimentazione) partirebbero nel gennaio 2018 e terminerebbero nell’aprile 2020,
i lavori di messa in sicurezza della falda partirebbero nel giugno 2020 e terminerebbero nell’ottobre 2021,
tutti i lavori terminerebbero nell’ottobre 2021.
Da tener presente che tutti i progetti debbono essere coordinati e concordati tra Aferpi e Invitalia e per la verità ancora nessuno ha spiegato in maniera precisa quale tipo di bonifica si vuole realizzare.
L’accordo di programma
L’accordo di programma del 30 giugno 2015, preceduto e preannunciato da un altro accordo di programma del 15 aprile 2014, è stato siglato sulla base dell’art. 252 bis del Dlgs. 152 del 2006 (Codice dell’Ambiente) che recita: “Il
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con la Regione territorialmente interessata e, per le materie di competenza, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nonché con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo per gli aspetti di competenza in relazione agli eventuali specifici vincoli di tutela insistenti sulle aree e sugli immobili, possono stipulare accordi di programma con uno o più proprietari di aree contaminate o altri soggetti interessati ad attuare progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione industriale e sviluppo economico in siti di interesse nazionale individuati entro il 30 aprile
2007 ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 426, al fine di promuovere il riutilizzo di tali siti in condizioni di sicurezza sanitaria e ambientale, e di preservare le matrici ambientali non contaminate”.
Quell’accordo, richiesto da Aferpi il 22 maggio 2015 al Ministero dello Sviluppo
Economico ha per oggetto i seguenti interventi:
- la presentazione e l’attuazione da parte di Aferpi del progetto integrato di messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo economico delle aree del complesso industriale ex Lucchini, in attuazione dell’accordo di programma del 24 aprile 2014;
- la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza operativa,
- la realizzazione degli interventi di reindustrializzazione e sviluppo economico secondo i tempi e le modalità indicati nel Piano Industriale presentato da Aferpi.
Dietro stanno anche accordi sindacali tra ex Lucchini, Aferpi e organizzazioni sindacali.
Il progetto integrato di messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo economico delle aree del complesso industriale ex Lucchini, ricomprese nel sito di interesse nazionale di Piombino non è stato ancora approvato dai Ministeri dell’ ambiente e dello sviluppo economico.
Ma intanto il piano industriale è cambiato sia nei contenuti che nei tempi di attuazione.
Si pone un problema che consiste nella non aderenza tra quanto attualmente previsto (investimenti, tempi e occupazione) e ciò che era previsto nel piano industriale allegato all’accordo di programma.
Non è un problema da poco perché si tratta di previsioni notevolmente diverse la cui diversità non è compensata dalla similarità dei titoli.
Già il Commissario straordinario Nardi ha avvertito, a proposito del contratto di cessione della ex Lucchini, che “…Rispetto alle obbligazioni contrattuali due sono le motivazioni inopponibili per dichiarare il default dell’ acquirente
- Mancato assorbimento da parte di Aferpi del personale di Piombino in capo all’amministrazione straordinaria entro il 6 novembre 2016, per 721 unità
- Mancato finanziamento del Piano (da parte di Azionisti, Banche, Istituzioni finanziare pubbliche e private).
Accertato il default, la Procedura Lucchini dovrà attivare le garanzie previste dal contratto (escussione pegno sulle azioni o clausola risolutiva espresso) avviando un processo che comporterà comunque problematiche sociali ed industriali di non facile soluzione”.
Come si capisce non c’è solo questo. C’è l’aderenza o meno ad un piano di reindustrializzazione che comprende finanziamenti pubblici, varianti urbanistiche, autorizzazioni ambientali, concessioni di aree demaniali e prospettive occupazionali dell’intera zona. La stipula dell’accordo di programma costituisce riconoscimento dell’interesse pubblico generale alla realizzazione degli impianti, delle opere e di ogni altro intervento connesso e funzionale agli obiettivi di risanamento e di sviluppo economico e produttivo.
Un accordo di programma ha valore di legge, non è un qualsiasi protocollo d’intesa.
Si può cambiare ma alla fine di un processo trasparente nel quale siano chiari li problemi aperti e le soluzioni.
Considerazioni conclusive
Non è possibile immaginare che i problemi oggi presenti possano essere elusi.
I problemi che si era immaginato di risolvere più di un anno fa sono ancora tutti i presenti.
L’unico modo è metterli in fila e sciogliere i nodi sulla base di dati certi che rispondano a domande siffate:
- qual’è il progetto complessivo delle bonifiche ed il loro costo?
- come si pensa di risolvere il problema dei rifiuti, quelli passati e quelli futuri?
- qual’è il costo vero di tutte le opere pubbliche (infrastrutture ferroviarie e viarie comprese) e private da realizzare?
- per esse ci sono o non ci sono impegni e garanzie finanziarie vere?
- quali sono i tempi realmente necessari per la realizzazione degli investimenti pubblici e privati?
- qual’è la quantità di lavoratori rioccupabili e in quali tempi?
- quali sono le alternative reali per i problemi occupazionali non solo degli ex lavoratori Lucchini?
- come si gestiscono simili problemi nei tempi intermedi?
Sono domande alle quali dal 2014 ad oggi non sono state date risposte come Dio comanda.
Ma senza risposte di quel tipo è molto difficile trovare le soluzioni necessarie ad un problema, ora sì possiamo usare quell’aggettivo, molto molto complesso.
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Bellissimo articolo, purtroppo estremamente realistico. Mi riservo ulteriori considerazioni a breve.