Tra frizzi e lazzi i Comuni non sanno cosa vogliono
PIOMBINO 22 febbraio 2015 — Tra frizzi e lazzi su ciò che sta facendo Cevital si sta in qualche modo decidendo del futuro di Piombino e della Val di Cornia e la rappresentazione avviene nella più assoluta oscurità. Né nebbia né polverone, propria notte buia, almeno ufficialmente. E non solo buia ma anche silenziosa perché sopratutto le istituzioni niente di certo dicono. Nemmeno ciò che pensano, ammesso che pensino e abbiano una visione, una strategia, un progetto, una proposta, una opinione o almeno un dubbio.
Strana storia questa della Cevital.
È iniziata con la firma in pompa magna a palazzo Chigi di un preliminare di vendita che non è mai stato reso noto. Come tutti sanno leggerlo non è esercizio di curiosità dato che in ogni preliminare di acquisto vi sono clausole di salvaguardia in caso di mancato futuro acquisto da cui dipende la bontà dell’operazione. Ma nessuno ne ha mai parlato. I propositi a parole alti e nobili e impegnativi (acciaio , logistica, agroalimentare e chi più ne ha più ne metta), ma di quel piano industriale allegato nessuna traccia. Dopo mesi si è appurato che in realtà non esisteva e neppure oggi esiste. Il piano industriale avrebbe dovuto essere l’altra garanzia degli impegni, nel solco di quanto stabilito dalla legge che si sta utilizzando e cioè che «la scelta dell’acquirente è effettuata tenendo conto, oltre che dell’ammontare del prezzo offerto, dell’affidabilità dell’offerente e del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali da questi presentato, anche con riguardo alla garanzia di mantenimento dei livelli occupazionali».
Lasciamo perdere ciò che è successo dopo, dal bienvenue del sindaco Giuliani al merci di altri, insignificante se non ridicolo e veniamo all’oggi.
Ecco improvvisamente, sempre non ufficialmente ma attendibilmente le notizie sulla riaccensione dell’altoforno, in vista comunque della costruzione di uno o due forni elettrici, mezza acciaieria di qui e mezza di là, gli insediamenti agroalimentari (che non si sa bene cosa significhino,) previsti in un luogo e spostati in un altro e così via.
Ebbene in questa situazione il sindaco Giuliani si limita ad un «so che stanno esaminando varie ipotesi. Conto che non ci sia una profonda rivisitazione delle prospettive industriali, nel rispetto dell’ambiente e nel segno dell’innovazione», gli altri sindaci tacciono ed i partiti sono latenti.
Tutto come se i Comuni fossero lì ad aspettare le decisioni di Cevital ed avessero completamente abdicato alla loro funzione almeno nel campo urbanistico, cioè quella di decidere le funzioni del territorio per salvaguardare gli interessi generali.
Ma cosa vogliono che ci sia tra la città e la fabbrica? Ma cosa vogliono per il futuro di Piombino e della Val di Cornia? Mica gli si chiede di riesumare la pianificazione sovietica, ma almeno un po’ di sano pensiero socialdemocratico e liberale in materia di assetto del territorio sì almeno quello sì. E invece no, sembra che viviamo nel migliore dei mondi possibili. Il futuro poi sarà anche migliore.
E poi se tutto il resto è così difficile almeno che la popolazione sia informata, almeno questo potrebbe essere rivendicato. Migliaia di famiglie sono lì ad aspettare tra contratti di solidarietà, cassa integrazione, forse mobilità e disoccupazione, migliaia di giovani hanno un futuro totalmente incerto, le lista dei disoccupati si ingrossano ed i Comuni aspettano e nessuno opera con decisioni ed atti amministrativi dopo una salutare e chiara discussione politica. Un solo esempio. Se lo ricordano gli amministratori di Piombino che lo stesso Comune ha approvato qualche anno fa una variante che permette agli insediamenti industriali di avanzare verso la città o l’hanno scordato? E allora, se, come dicono talvolta, non lo vogliono e desiderano far capire a Cevital quello che vogliono, la mantengono questa previsione o con una variante la modificano? Oppure pensano che basti aspettare l’attuazione di un accordo di programma di per sé ben differente da come è stato raccontato e già superato? Che non basta l’ha capito persino Fabiani, il segretario del PD locale, quando enfaticamente ha detto: «Abbiamo la possibilità di proporre alla Regione un modello Piombino la cui parte più nobile non sono gli accordi di programma, ma la capacità del territorio di stare insieme di fronte alla crisi, progettando il proprio futuro.».
Il problema è che ciò che sta succedendo è proprio il contrario di ciò che dice: Piombino non sta progettando il proprio futuro. Non parliamo poi della Val di Cornia.