Tra Tap e cave una contraddizione lunga nel tempo
PIOMBINO 26 agosto 2015 — I proprietari di Asiu hanno dato al nuovo consiglio di amministrazione un mandato molto ambizioso:
«…Chiusura sostenibile del futuro nuovo ciclo industriale; avvio di una filiera industriale e occupazionale del risanamento per quanto attiene il pregresso; coinvolgimento nella parte finale del ciclo industriale (Tap, appunto) delle imprese locali, oggi utilizzatrici di materiale vergine con parziale e graduale loro riconversione nel nuovo business…».
Il neo presidente Caramassi ha poi precisato: «…Ecco che l’impianto Tap, progettato poco meno di venti anni fa e, di fatto mai utilizzato, può dare una risposta per il riciclo dei rifiuti industriali, trasformandoli in gran parte in materiale riutilizzabile…L’impianto Tap è stato inutilizzato a lungo, osteggiato anche in parte dalla politica. Come mai è stato fermo così a lungo?…E nel 1998, quando doveva partire, si decise di rinnovare le concessioni alla Sales, per le cave di Campiglia, per 20 anni. Così, di fatto, da una parte si scavavano le colline per estrarre materiale vergine e dall’altra si facevano crescere colline di rifiuti che potevano essere utilizzati per lo stesso scopo…».
E di nuovo gli stessi concetti sono emersi nella seduta del Consiglio comunale di Campiglia il 26 agosto 2015.
Se ci si pensa bene è ciò che i Comuni, il Circondario della Val di Cornia, la Provincia di Livorno e la Regione Toscana avevano convenuto il 30 ottobre 2002 e che non hanno fatto. Nel protocollo firmato quel giorno si leggeva:
«…Per quanto riguarda le attività estrattive di cava e di miniera, il territorio della Val di Cornia è pesantemente segnato da una presenza ormai stratificata nel tempo.
Per le attività di cava, che più impegnano il territorio sul versante delle problematiche ambientali, l’indirizzo è quello di giungere alla scadenza delle autorizzazioni comunali senza ulteriori rinnovi. Si intreccia, al proposito, per le cave di calcare del campigliese, la questione della produzione di materiale inerte dal ciclo TAP che potrebbe consentire un minor fabbisogno complessivo.…
In un quadro di tali prospettive risulta indispensabile attivare un raccordo istituzionale fra i diversi soggetti oggi titolari di competenze specifiche sia per quanto riguarda la programmazione strategica di lungo periodo (es: piano per le attività estrattive) sia per il complesso degli atti autoritativi.
In particolare gli enti sottoscrittori del presente protocollo si impegnano a promuovere un accordo, coerente con i principi della L.R. 79/98, per la riutilizzazione dei materiali inerti.….
….Sulla base delle indicazioni fornite dal Piano regionale dei rifiuti speciali, TAP Srl ha progettato una piattaforma tecnologica per il recupero delle diverse tipologie di rifiuti siderurgici (loppe, scorie, fanghi, polveri) per l’ottenimento di aggregati catalizzati suscettibili di riutilizzo, in sostituzione di inerti di cava. Il progetto di piattaforma è inserito tra quelli finanziabili dalla Regione Toscana su FSR 2001–2006.…».
Lasciamo da parte il fatto che un simile progetto per essere realistico deve oggi fare i conti, in tempi brevissimi, con gli enormi debiti di Asiu, le capacità di finanziamento dei Comuni, date sempre come inesistenti, e con un’ altra serie di problemi legati alla confusione fatta negli ultimi dieci anni mescolando attività di mercato e attività di servizio pubblico da parte della stessa Asiu, alla incapacità di utilizzare gli impianti nel frattempo costruiti e all’imperizia di programmare quelli necessari a partire dalla nuova discarica.
Il punto politico che si pone è se vi è nel territorio una volontà politica vera capace di sorreggerlo, quel progetto. Del resto che questo sia il problema lo dice lo stesso mandato quando afferma essere ovvio che il problema coinvolge più livelli: politico, amministrativo e gestionale.
Ma su questo esprimere dubbi appare più che lecito dato che la storia recente e passata testimonia il contrario.
Il 10 gennaio 2014 è stato adottato il piano delle attività estrattive dalla Provincia di Livorno, approvato poi il 10 giugno 2014. Ne abbiamo parlato diffusamente in un precedente articolo (https://www.stileliberonews.org/cave-scelte-errate-e-nessuna-programmazione/) rilevando tra l’altro: «.…Il piano registra il calo della produzione (in particolare di calcare nell’ultimo biennio, di cui però non fornisce i dati), ma non ne trae nessuna concreta indicazione programmatica. Nel prossimo decennio prevede una riduzione del 23% dei materiali da scavare (da 15,4 a 11,8 milioni di metri cubi), ma consente lo sfruttamento delle cave esistenti allungandone i tempi di coltivazione senza rispettare le scadenze stabilite dalle autorizzazioni comunali. Non è previsto nessun riutilizzo di materiali recuperabili, nonostante l’esistenza di enormi quantità di rifiuti industriali e di impianti pubblici per trattarli. Solo auspici…Non si prende neppure in esame l’ipotesi di concentrare le produzioni in alcune cave e di avviare in altre processi di riduzione/riconversione per favorire altre attività, nuova occupazione e il miglioramento delle condizioni ambientali dei territori. Si prevede addirittura che nel territorio provinciale ci possano essere quattro cave in più. Di fatto non si pianifica un bel nulla, se non il prolungamento fino al 2022 di tutto quello che è in atto.
A Campiglia si potranno ancora scavare 10,6 milioni e a San Vincenzo 9,7 milioni di mc. di calcare. Per le cave campigliesi si prevede il sostanziale mantenimento delle escavazioni antecedenti la crisi. Non si fa cenno alcuno al fatto che le convenzioni sottoscritte nel 2000 prevedono la cessazione delle escavazioni nel 2018 per Monte Calvi e nel 2020 per Monte Valerio...».
Nessun Comune della Val di Cornia ha sollevato obiezioni sostanziali e sopratutto nessuno ha sollevato il problema del rapporto tra attività e prodotti di cava e attività e prodotti della Tap, tantomeno il Comune di Campiglia.
Persino inutile ricordare che la cava di Monte Valerio (attualmente proprietà della Sales) ha abbondantemente contribuito all’ampliamento del porto di Piombino nel quale il conglomix è stato totalmente assente nonostante declamazioni, annunci propagandistici e promesse date per certe..
Utile invece, dal punto di vista della coerenza politica, sottolineare che la cava di Monte Calvi (attualmente proprietà della Soc. Cave di Campiglia), nata per le esigenze della siderurgia ed autorizzata nel 1994 per vent’anni ad utilizzare il materiale scavato preferibilmente per l’attività siderurgica con eventuali utilizzi diversi degli scarti con esclusione degli usi diretti in opere stradali ed edili, nel 1997 è stata autorizzata dal Comune di Campiglia a commercializzare liberamente il calcare e gli scarti ed esercitare l’attività fino al 2014 e nel 1999 ha avuto una autorizzazione per estrarre materiale per 4.865.000 metri cubi ed un termine per la coltivazione fissato nel 2016. Nel 2002 la quantità estraibile è stata portata a 8.507.000 metri cubi e il termine per la coltivazione al 2018.
Basta mettere a confronto le date: è chiaro che mentre da un lato si affermava la strategia di costruzione della Tap come alternativa all’ estrazione del materiale di cava dall’altro si autorizzava il potenziamento ed il prolungamento temporale della produzione.
VI è dunque una lunga continuità nelle responsabilità politiche ed amministrative ed è dunque lecito dubitare sulle attuali e presenti.