Si legga la nota condivisa da tutti i sindaci, disse Soffritti

Trattano la sanità come fosse cosa loro

Redazione

PIOMBINO 11 luglio 2016 — Sem­bra cosa loro e la trat­tano come tale. È la san­ità e la sua orga­niz­zazione.
Date le con­seguen­ze che qualunque deci­sione polit­i­ca ha sul­la sua orga­niz­zazione e dunque sulle con­dizioni di vita dei cit­ta­di­ni forse è la mate­ria che più di altre richiederebbe dibat­ti­ti pub­bli­ci ed ind­i­rizzi fon­dati e chiari.
Ed invece la trat­tano come fos­se cosa loro. Al mas­si­mo come ogget­to di dis­cus­sione di quel­la soci­età del­la salute nei cui organi deci­sion­ali siedono loro e i diri­gen­ti del­l’azien­da san­i­taria.
Sono i sin­daci che, sem­plice­mente per­ché siedono in organi pre­visti dal­la legge regionale, riten­gono che la mate­ria riguar­di loro e solo loro, liberi di assumere deci­sioni a pre­scindere. Non c’è con­siglio comu­nale che abbia dis­cus­so ed approva­to qualche atto di ind­i­riz­zo come dio coman­da che impeg­ni i sin­daci ad assumere deci­sioni nel­l’am­bito del  manda­to con­fer­i­to loro da quel­l’organo. Il con­siglio comu­nale, appun­to, che pro­prio di pro­gram­mazione ed ind­i­rizzi si dovrebbe occu­pare.
E non si trat­ta solo di una ques­tione giuridi­ca, è pro­prio una ques­tione polit­i­ca, alla quale par­ti­co­lar­mente i sin­daci dovreb­bero tenere per avere mag­giore autorev­olez­za là dove sono chia­mati a dis­cutere.
Ed invece no.
In fin dei con­ti il con­siglio comu­nale è un orpel­lo dal quale lib­er­ar­si tutte le volte che è pos­si­bile. Lì  qualche idea bisogna pur aver­la anche se la forza dei numeri è ormai diven­ta­ta l’ar­go­men­tazione alla quale si ricorre mag­gior­mente.
Quan­do poi, come in Val di Cor­nia, i prob­le­mi sono davvero dif­fi­cili e le com­pat­i­bil­ità finanziare ed orga­niz­za­tive molto strin­gen­ti e la neces­sità di fare scelte pre­cise e mag­a­ri dolorose, anche in autono­mia rispet­to ad altre isti­tuzioni, obbli­ga­ta,  allo­ra meglio ten­er­si le mani libere e rifu­gia­r­si al mas­si­mo nel­l’e­nun­ci­azione di idee gener­iche. Meglio non dichiarare pub­bli­ca­mente e las­ciar perdere ind­i­rizzi che potreb­bero pale­sar­si come trop­po stret­ti.
Ovvi­a­mente ci sono scelte politiche alla base di ques­ta situ­azione.
Niente vieterebbe di fare il con­trario.
Ma ci sono anche ragioni isti­tuzion­ali che non gius­ti­f­i­cano ma legit­ti­mano quelle scelte politiche di chiusura.
Si trat­ta delle con­seguen­ze cui por­ta quel­l’in­sieme di sci­agu­rate dis­po­sizioni che intrec­ciano elezione diret­ta dei sin­daci, depoten­zi­a­men­to delle assem­blee elet­tive, annul­la­men­to dei con­trol­li, azzera­men­to del­l’e­qui­lib­rio tra poteri d’ind­i­riz­zo, ese­cuzione e con­trol­lo e rel­a­tive garanzie.
Una lezione da ricor­dare.

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