Lucchini: i giorni della grande incertezza

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PIOMBINO 1 set­tem­bre 2014 – È una trat­ta­ti­va dif­fi­cile con una delle par­ti (Piom­bi­no ) che nutre sper­anze e colti­va attese ali­men­tate da ricor­di del pas­sato e con l’altra parte (Jsw Steel di Saj­jan Jin­dal) che ha pre­cise inten­zioni e, come ha recen­te­mente scrit­to il “Finan­cial Times”, non ha in ani­mo di “effet­tuare molti inves­ti­men­ti iniziali” pun­tan­do addirit­tura all’acquisto di una sola parte degli impianti del­la Luc­chi­ni per un impor­to nom­i­nale.
Nel­la sostan­za gli indi­ani cer­cano a Piom­bi­no un pun­to di rifer­i­men­to per dar peso alla loro pre­sen­za euro­pea nel cam­po del­la siderur­gia. Come han­no già fat­to pre­sente pun­tano agli impianti di lam­i­nazione e ad alcune aree del por­to. Nei loro pro­gram­mi non ci sono Corex e forni elet­tri­ci, ovvero gli inves­ti­men­ti ritenu­ti impor­tan­ti ed indis­pens­abili per pot­er con­tin­uare a pro­durre acciaio a Piom­bi­no. Quel­li che sin­da­cati ed una vas­ta area polit­i­ca stan­no chieden­do a gran voce.
Una sce­nario nel quale non è facile trovare una sin­te­si. D’altra parte la pre­sen­za di un pri­va­to dis­pos­to ad inve­stire è, a giudizio prati­ca­mente unanime, la con­dizione indis­pens­abile per risoll­e­vare le sor­ti dell’economia del fer­ro a Piom­bi­no. E Jin­dal è prati­ca­mente rimas­to – per favore non par­liamo più del­la incred­i­bile par­ente­si ara­ba – il solo pri­va­to dis­pos­to ad inter­venire a Piom­bi­no. Perdere anche l’ultima occa­sione sarebbe dram­mati­co. Il pre­mier Ren­zi al raduno-scout a Pisa ha promes­so un’imminente chiusura del­la trat­ta­ti­va con la Jsw. Lo ha det­to il 10 agos­to e anco­ra non si è vis­to qual­cosa di con­cre­to. Il com­mis­sario Piero Nar­di è in India e sta trat­tan­do in atte­sa del­la nuo­va offer­ta vin­colante che il grup­po di Jin­dal dovrebbe avan­zare entro il 15 set­tem­bre e che dovrebbe essere miglio­ra­ti­va rispet­to a quel­la sul tap­peto. Non sono molte però le sper­anze di un ripen­sa­men­to sull’area a cal­do sen­za la quale il pos­to in fab­bri­ca potrebbe essere garan­ti­to solo a 700–800 dipen­den­ti. Sul des­ti­no degli altri (con l’indotto almeno 3000) c’è la più grande incertez­za.
Manif2Nei giorni scor­si alla fes­ta dell’Unità di Piom­bi­no il sot­toseg­re­tario Sil­via Velo ha annun­ci­a­to che entro la fine dell’anno andran­no a gara i lavori per le boni­fiche del­la fal­da e che, nel­la selezione dei con­cor­ren­ti, ver­ran­no pre­mi­ate le ditte dis­poste ad assumere per­son­ale locale. Ma anche su questo ver­sante le per­p­lessità non sono poche. Si pen­si che lo stanzi­a­men­to (50 mil­ioni di euro) già abbas­tan­za esiguo ver­rà dis­tribuito in tre annu­al­ità con un pri­mo inter­ven­to di appe­na tre mil­ioni di euro per il 2014 (24 nel 2015 e 23 nel 2016). Una mar­cia a rit­mi molto ridot­ti men­tre oggi le maes­tranze vivono nel­la pre­ca­ri­età del regime di sol­i­da­ri­età e con la conc­re­ta prospet­ti­va del­la cas­sa inte­grazione. E peg­gio per gli operai dell’indotto molti dei quali non stan­no per­cepen­do un euro.
Come even­tuale alter­na­ti­va all’ultima spi­ag­gia “pri­va­ta” Jsw, alcu­ni recla­mano un inter­ven­to diret­to del­lo Sta­to. Una tesi che si è ascolta­ta alla recente fes­ta di Rifon­dazione comu­nista a Riotor­to, che è alla base di alcune for­ti inizia­tive di protes­ta (vedi sciopero del­la fame dell’operaio Pao­lo Franci­ni) e che com­in­cia ad essere accarez­za­ta anche da altre aree politiche. Alla base del richi­amo al Gov­er­no c’è la net­ta con­vinzione sul ruo­lo strate­gi­co del­la pro­duzione dell’acciaio nel nos­tro Paese. È evi­dente che proce­den­do in ques­ta direzione non sarebbe pos­si­bile esclud­ere realtà come Terni e soprat­tut­to come Taran­to. In altri ter­mi­ni la richi­es­ta di un ruo­lo pub­bli­co avrebbe dimen­sioni con­sid­erevoli e non si sa quan­to in lin­ea con la situ­azione finanziaria del Paese e con le disponi­bil­ità delle casse pub­bliche. Per non par­lare dell’impatto che un sim­i­le sce­nario potrebbe avere in sede euro­pea dove la sen­si­bil­ità alle regole sug­li aiu­ti di Sta­to è perfi­no ecces­si­va (non si dimen­tichi­no i prob­le­mi incon­trati nel caso Ali­talia).
La sin­te­si richia­ma un panora­ma come non se ne sono mai visti dal dopoguer­ra ad oggi nel­la Val di Cor­nia: gli obbi­et­tivi su cui puntare sono pochi e l’im­pres­sione è che soprat­tut­to manchi una Polit­i­ca che sap­pia ori­entare le scelte.

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