Tutto fermo ma il manovratore non va disturbato

Fabrizio Callaioli

PIOMBINO 11 otto­bre 2016 — Siamo pre­oc­cu­pati. Dopo due anni non si han­no anco­ra certezze sul futuro del­la fab­bri­ca. Non si vede l’inizio di alcunché: né boni­fiche, né demolizioni, né nuo­vo forno elet­tri­co, né agroal­i­menta­re. Niente di niente. Due anni fa c’era molto ottimis­mo. Poco più di un anno addi­etro fu pre­sen­ta­to un piano indus­tri­ale che rac­colse il con­sen­so di molti. Adesso Afer­pi ne ha pre­sen­ta­to uno che rivede total­mente tut­ti i prog­et­ti, dimez­za la pro­duzione e pre­an­nun­cia centi­na­ia di esuberi. Non più due ma un solo forno elet­tri­co. Il per­ché è sta­to ammes­so chiara­mente: il pri­mo piano indus­tri­ale non era cred­i­bile. Molti tec­ni­ci lo dis­sero fin da subito e furono col­lo­cati nell’ormai nutri­ta schiera dei “gufi”. Purtrop­po, ora emerge che i “gufi” ave­vano ragione e che chi face­va promesse non era attendibile. Se poi anal­izzi­amo le notizie di queste ultime set­ti­mane non c’è di che ral­le­grar­si. Il grup­po Cevi­tal ha prob­le­mi finanziari, acuiti dal dete­ri­o­rar­si dei rap­por­ti dell’imprenditore Rebrab con il gov­er­no algeri­no. Sem­bra manchi la liq­uid­ità per acquistare l’acciaio nec­es­sario a man­dare avan­ti l’attività dei lam­i­na­toi. Con il nuo­vo piano indus­tri­ale si allungano i tem­pi di riparten­za del­la pro­duzione sino al 2020 o forse 2022, rischi­an­do di far saltare i liv­el­li occu­pazion­ali pre­visti e di van­i­fi­care i sac­ri­fi­ci richi­esti ai lavo­ra­tori con un accor­do cape­stro. In questo momen­to la situ­azione ha dell’assurdo dato che Afer­pi com­pra il semi­la­vo­ra­to da Jin­dal, il colos­so indus­tri­ale che era sta­to a suo tem­po con­cor­rente nell’acquisto dell’ex Luc­chi­ni, e non lo può nep­pure com­prare diret­ta­mente da Jin­dal, data la man­can­za di liq­uid­ità, ma lo deve fare tramite un inter­me­di­ario, il trad­er inter­nazionale Steel Mont GmbH, che gli garan­tisce cred­i­to, con notevoli costi aggiun­tivi. Per non par­lare del capi­to­lo boni­fiche: sono ormai due anni e mez­zo che è sta­to spen­to l’altoforno e non è sta­ta inizia­ta alcu­na attiv­ità di bonifi­ca. Soprat­tut­to è grave che i lavo­ra­tori piom­bi­ne­si non siano sta­ti avviati a  cor­si di for­mazione per le demolizioni, attiv­ità non banali che richiedono conoscen­ze e destrez­za. E ci chiedi­amo: quan­do, come e quan­to ver­ran­no reimp­ie­gati i lavo­ra­tori piom­bi­ne­si? E anco­ra: che ne è del prog­et­to agroin­dus­tri­ale? La sen­sazione è che bran­col­i­no nel buio, Rebrab, il gov­er­no cen­trale, quel­lo regionale e l’amministrazione locale. Si suc­ce­dono riu­nioni con­tin­ue, da cui non sorte mai niente che si con­cretizzi. È di queste ore la notizia che Afer­pi abbia chiesto un rin­vio del­la riu­nione pre­vista per il 26 set­tem­bre al Mise. Per­ché? Come non sospettare che non sap­pi­ano cosa fare? Pochi giorni fa la quar­ta com­mis­sione del Con­siglio comu­nale di Piom­bi­no ha ospi­ta­to i ver­ti­ci di Afer­pi per avere notizie sul futuro del­la fab­bri­ca e, purtrop­po, abbi­amo dovu­to apprez­zare che anche la diri­gen­za dell’azienda ha sposato la filosofia del “non dis­tur­bate il manovra­tore”. Il dott. Azzi ha rifer­i­to che, quan­do van­no a trattare dei finanzi­a­men­ti, le banche dimostra­no per­p­lessità, men­zio­nan­do i dub­bi sul piano indus­tri­ale che in molti pale­sano anche attra­ver­so arti­coli del­la stam­pa locale e non. In prat­i­ca il diri­gente di Afer­pi ci ha det­to che dob­bi­amo smet­ter­la di dimostrar­ci pre­oc­cu­pati per­ché altri­men­ti incrini­amo la fidu­cia che devono infondere nei finanzi­a­tori. Ma vi pare pos­si­bile? Sti­amo par­lan­do di un colos­so dell’economia inter­nazionale e ci vogliono far credere che se le banche non gli dan­no sol­di è col­pa di chi, dopo anni di pro­mosse non man­tenute, dimostra pre­oc­cu­pazione. Quan­do il sot­to­scrit­to ha det­to che sarebbe nec­es­sario riac­quisire autorev­olez­za al tavo­lo di riu­nione dei gran­di pro­dut­tori di acciaio ital­iani e ricom­in­cia­re ad avere un ruo­lo nel mer­ca­to dell’acciaio e che per questo sarebbe nec­es­sario l’aiuto del gov­er­no, Azzi ha rispos­to che ritiene di non aver bisog­no di relazioni con la fed­er­azione dei gran­di pro­dut­tori, per­ché fuori dal quel cons­es­so Afer­pi è più lib­era di agire, aven­do gran­di prospet­tive e poten­zial­ità. Spe­ri­amo tut­ti che sia così per il bene del­la cit­tà, ma, purtrop­po, i fat­ti dicono ben altro. Per questo res­ti­amo con­vin­ti che ser­va un prog­et­to serio, pilota­to dal gov­er­no, o mag­a­ri un sis­tema mis­to d’impresa, tramite l’acquisizione di quote azionar­ie da parte del gov­er­no e del­la stes­sa Regione Toscana, a garanzia del futuro del polo piom­bi­nese ma anche di parte delle politiche indus­tri­ali nazion­ali”

*Fab­rizio Callaioli è Capogrup­po con­sil­iare di Rifon­dazione Comu­nista a Piom­bi­no

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