Un inchino alle cave, altro che economia circolare

· Inserito in Spazio aperto

PIOMBINO 14 dicem­bre 2017 — Con l’approvazione del­la vari­ante che pro­l­un­ga le con­ces­sioni di tutte le cave a tem­po illim­i­ta­to e amplia il perimetro del­la cava di Monte Calvi si è con­clusa un’altra des­olante vicen­da nel rap­por­to tra cave e inter­es­si gen­er­ali. Sono state respinte tutte le osser­vazioni: quelle del Comi­ta­to per Campiglia, che pro­pone­va mag­giore tutela per il pae­sag­gio,  e quel­la dell’altra soci­età estrat­ti­va, la Sales, che lamen­ta­va dis­par­ità di trat­ta­men­to tra le cava di Monte Vale­rio e quel­la di Monte Calvi.
Sono state dis­at­tese le pre­vi­sioni del  piano strut­turale del 2007 e anche le recen­tis­sime dichiarazioni del PD e del­la giun­ta Sof­frit­ti al momen­to del­la cos­ti­tuzione del­la soci­età RiMa­te­ria. Allo­ra dis­sero che le escav­azioni anda­vano ridotte per con­sen­tire lo svilup­po di nuove economie nel set­tore del recu­pero dei rifiu­ti indus­tri­ali. Ora difendono solo il lavoro che c’è nelle cave, sem­pre meno e con l’ausilio degli ammor­tiz­za­tori sociali.  A nul­la sono val­si i nos­tri ripetu­ti appel­li ad affrontare in tem­po il tema del­la ricon­ver­sione di queste attiv­ità per creare altre oppor­tu­nità di lavoro. Han­no prefer­i­to atten­dere colpevol­mente il ricat­to occu­pazionale, arriva­to pun­tual­mente, per com­piere l’ennesimo ced­i­men­to sen­za pen­sare al futuro.
A noi sta a cuore l’occupazione, quel­la vera, non assis­ti­ta, che guar­da ai set­tori emer­gen­ti del recu­pero dei rifiu­ti, dell’ambiente, del tur­is­mo, del pat­ri­mo­nio cul­tur­ale. Ci siamo sem­pre dichiarati disponi­bili al con­fron­to respon­s­abile sulle attiv­ità e sull’occupazione nel­la cave per­ché siamo ben con­sapevoli che le ricon­ver­sioni han­no bisog­no di tem­po. Non abbi­amo mai immag­i­na­to di abban­donare chi lavo­ra in questo set­tore.
Di tut­to questo alle ammin­is­trazioni in car­i­ca non è mai inter­es­sato nul­la. Han­no solo atte­so per­ché ques­ta era la loro uni­ca vera strate­gia: las­cia­re mano lib­era alle imp­rese estrat­tive.
Per gius­ti­fi­care quel­lo che è l’ennesimo ced­i­men­to, la sin­da­ca non ha esi­ta­to nep­pure a gettare una pes­si­ma luce sul­la sua ammin­is­trazione. Ha sostenu­to che la vari­ante era nec­es­saria per­ché altri­men­ti non si sareb­bero potu­ti fare i ripris­ti­ni ambi­en­tali. Affer­mazioni false che evi­den­ziano due gravi respon­s­abil­ità politiche. La legge impone, infat­ti, che escav­azioni e ripris­ti­ni ambi­en­tali deb­bano pro­cedere di pari pas­so e che le imp­rese deb­bano garan­tire i ripris­ti­ni con con­grue fide­jus­sioni. Se la sin­da­ca moti­va così la vari­ante, vuol dire che la sua ammin­is­trazione è venu­ta meno a due pre­cisi obb­lighi di legge: i con­trol­li sulle escav­azioni e il man­ca­to uti­liz­zo delle fide­jus­sioni da uti­liz­zare in caso di inadem­pien­za delle imp­rese. Prob­a­bil­mente è vero, ma pros­trar­si così per moti­vare una scelta indifendibile ci pare davvero trop­po.

Comune dei Cit­ta­di­ni

(Foto di Pino Bertel­li)

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