Un insieme di nodi da sciogliere uno dopo l’altro
PIOMBINO 29 settembre 2019 — Tra comunicati e controcomunicati, documenti inviati ed integrati, conferenze dei servizi svolte ed aggiornate c’è il rischio di perdere di vista il senso profondo della partita aperta sul progetto RIMateria (Attività di Trattamento e riciclo in loco delle scorie con impianto mobile su Area Li53 finalizzata al loro riutilizzo; Progetto definitivo della Variante 2 alle opere di chiusura della discarica Lucchini-riprofilatura con la discarica RIMateria; Progetto definitivo della nuova discarica su Area Li53), iniziata formalmente con la pronuncia di compatibilità ambientale (VIA) richiesta da RIMateria alla Regione Toscana il 22 maggio 2018.
Cerchiamo allora di ricapitolare nelle linee essenziali le domande fondamentali e le scelte politiche che un simile progetto chiama in causa, scelte politiche che non possono essere racchiuse nel perimetro, per quanto importante, dei rifiuti speciali ma riguardano questioni più complessive di assetto territoriale.
Il progetto RIMateria
Che piaccia o no si parla di aggiungere discariche per rifiuti speciali per circa 3milioni di metri cubi là dove erano una discarica promiscua ormai esaurita (discarica ex Asiu), una discarica che ha accolto fino a dieci anni fa rifiuti dello stabilimento Lucchini e mai coperta (discarica ex Lucchini aperta), una discarica abusiva per rifiuti dello stabilimento Lucchini (discarica LI53). Nell’intorno c’è una discarica ex Lucchini chiusa e vari impianti ex Asiu non più o mai utilizzati. Il progetto si fonda sull’accoglienza di rifiuti speciali da ogni dove ed il piano industriale decennale approvato da RIMateria non pone limiti di provenienza tant’è che lo stesso precedente presidente di RIMateria, Valerio Caramassi, ha più volte affermato che esso si reggeva finanziariamente anche nel caso non fosse arrivato nemmeno un metro cubo di rifiuti dalla ex Lucchini, oggi JSW Steel Italy Piombino, o dai lavori di bonifica del Sito di Interesse Nazionale per le bonifiche di Piombino. Del resto quale piano industriale potrebbe reggere su elementi del tutto non certi, non verificabili e non fondati su una minima ipotesi concreta (piano di sviluppo siderurgico di JSW compreso)? Che il progetto RIMateria serva per la bonifica del SIN e per i rifiuti della siderurgia è un’ipotesi immaginifica e niente più. La tesi poi, riferita alla discarica LI53, secondo la quale si fa una discarica capace di 2.500.000 metri cubi di rifiuti speciali perché così si risana quella zona, ha a che fare col fatto che RIMateria è obbligata alla messa in sicurezza di quella zona dal 2014 a prescindere persino dall’ipotesi che quella zona dovesse servire come ampliamento della discarica per rifiuti urbani in alternativa alla discarica ex Asiu in via di esaurimento. E dunque quella messa in sicurezza RIMateria la deve proprio fare. A prescindere.
Lo stato delle autorizzazioni
La discarica ex Lucchini chiusa è inutilizzata e chiusa da tempo, la discarica LI53 è abusiva e coperta da cumuli di rifiuti siderurgici. La discarica promiscua ex Asiu, ormai esaurita, è dotata di una Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) in capo a RIMateria che deve essere portata a conclusione in termini di chiusura e messa in sicurezza, ovviamente da parte della stessa RIMateria. È la zona A che si può leggere nella planimetria sottostante. Ad essa si è aggiunta recentemente l’AIA rilasciata con una disponibilità di 140mila metri cubi di rifiuti speciali per la zona denominata “cono rovescio”. È costituita dalle zone B e C della planimetria sottostante.
La discarica ex Lucchini aperta è dotata di un’AIA in carico a RIMateria dall’ 1 luglio 2019. Non è ben chiaro se vi sono ancora dei volumi da utilizzare ma in ogni caso sarebbero molto limitati e comunque dovrebbero essere destinati ai rifiuti provenienti dall’impianto siderurgico ex Lucchini, oggi JSW, perché per tale uso fu rilasciata la prima AIA nel 2007. Inoltre anche la concessione demaniale rilasciata dal Demanio Direzione Regionale Toscana e Umbria è vincolata perché stabilisce che il bene dato in concessione dovrà essere destinato esclusivamente per la gestione di una discarica di materiali derivanti da lavorazioni siderurgiche..
La forma societaria
A seguito della vendita di azioni da parte di Asiu, RIMateria è oggi una società per azioni di diritto privato, che agisce sul mercato privato dei rifiuti speciali, la cui composizione societaria è la seguente:
Gli enti pubblici della zona detengono solo il 27,75% essendo Asiu in liquidazione così composta:
Comune | Azioni possedute | % |
Campiglia Marittima | 80.000 | 20,64% |
Piombino | 239.524 | 61,80% |
Castagneto Carducci | 33.800 | 8,72% |
San Vincenzo | 33.500 | 8,64% |
Suvereto | 476 | 0,12 |
Sassetta | 300 | 0,08 |
I limiti di azione sono quelli imposti dal diritto societario, così come anche i recenti avvenimenti sull’attuazione da parte del presidente di RIMateria di una decisione approvata a maggioranza dal consiglio di amministrazione (pur essendo il presidente dissenziente) hanno dimostrato. E non c’è norma di statuto che possa giustificare quella che è stata enunciata come riserva pubblica sulle strategie, essendo oltretutto ciò che è scritto nello statuto, ad esempio nel caso di modifica del piano industriale, del tutto inapplicabile. Ma del resto il piano decennale già approvato da RIMateria, col consenso dei soci pubblici, propone proprio il progetto RIMateria presentato in Regione, cioè discariche per rifiuti speciali senza nessuna limitazione che non sia quella della legislazione sui rifiuti.
L’aspetto finanziario
Che la vendita delle azioni possedute a suo tempo da Asiu fino a far diventare Unirecuperi e Navarra proprietari del 60% delle azioni fosse giustificata dagli immani problemi finanziari di Asiu e non da altro lo ha detto e scritto lo stesso commissario liquidatore di Asiu, Barbara Del Seppia.
Che la raccolta della maggiore quantità possibile di rifiuti speciali da parte di RIMateria fosse giustificata da un lato dalla ricerca del profitto e dall’altro dalla necessità di pagare gli investimenti necessari (anche quelli non effettuati nel passato) anche soltanto per far rientrare le discariche RIMateria nei limiti imposti dalle varie AIA è dimostrato anche dal bilancio 2018 chiuso con una perdita di 2.225.407. Che incida sull’inefficienza dell’azienda anche la pletora di personale non è difficile sostenerlo (l’organico di RIMateria nel 2018 era costituito da 45 dipendenti di cui 24 operai, 17 impiegati, 3 quadri ed un dirigente). E poiché la gestione di RIMateria è influenzata anche dalla situazione di Asiu in liquidazione, come la vendita delle azioni a due aziende private dimostra, vale la pena di ricordare che ad oggi Asiu non ha ancora approvato il bilancio 2018, cosa che lascia molti dubbi.
La procedura di Valutazione di Impatto Ambientale
La VIA regionale si è arricchita recentemente di alcuni documenti inviati da RIMateria tendenti a rassicurare sul criterio di esclusione riguardante la distanza delle discariche dai centri di Colmata e Montegemoli e sull’impatto odorigeno. Sul criterio di esclusione già si è pronunciato il sindaco di Piombino e non avrà nessun problema, anche la giunta comunale, a sostenere la tesi secondo la quale le località vicine di Montegemoli e Gagno sono centri abitati che distano dalle discariche meno di quanto reso obbligatorio per legge. Sull’impatto odorigeno varranno le valutazioni tecniche soprattutto di Arpat, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale, ma anche a questo proposito, e non solo a questo, nel corso della procedura gli uffici regionali hanno sollevato il il tema, al quale RIMateria non ha e non poteva rispondere, secondo il quale le nuove volumetrie di ampliamento delle discariche dovrebbero essere dedicate allo smaltimento di rifiuti non pericolosi provenienti dalle operazioni di bonifica del Sin e dalla eventuale futura attività siderurgica. Ma come abbiamo visto non è questo il senso del progetto presentato da RIMateria e ad oggi non è proprio programmabile.
Il consenso e le politiche locali
Persino inutile ricordare l’opposizione incontrata in sede locale e quanto questa abbia influito sul risultato elettorale che ha penalizzato fortemente le liste che si pronunciavano a favore del progetto RIMateria.
La volontà popolare è un dato di fatto inoppugnabile dal quale partire per tentare di risolvere il problema.
Certo che esso è così ingarbugliato, così come risulta anche soltanto da quello che abbiamo scritto sopra, che pensare ad una unica soluzione capace ipso facto di chiuderlo è pura illusione. Porta dentro di sé questioni ambientali, territoriali, economiche e lavorative da tenere presenti contestualmente, ma soprattutto impone la necessità di una direzione di marcia chiara e realistica anche se complicata.
Se la direzione è quella non solo del rifiuto dell’insieme delle discariche ma anche il suo inserimento in un contesto di risanamento del territorio, il primo passo riguarda il rigetto del progetto in sede di Valutazione di Impatto Ambientale. Le valutazioni tecniche e il criterio di esclusione sono argomenti ma ce n’è un altro ancor più forte che può essere fatto valere sia in sede di rilascio della VIA sia successivamente. Sta nella potestà di pianificazione territoriale del Comune che può variare la destinazione urbanistica dando a quella parte vasta di territorio una destinazione congruente con le necessità del risanamento ambientale valide lì e non solo lì. Le AIA già rilasciate non possono essere annullate, ed anzi è indispensabile vigilare perché esse siano portate in fondo da parte di chi le ha richieste ed ottenute, ma questo non impedisce che la destinazione urbanistica della zona sia ben diversa. Del resto non è stata la stessa RIMateria c che presentò, certo per giustificare l’ampliamento della discarica, alla Regione Toscana sulla discarica ex Asiu un piano di riqualificazione paesaggistica ed ambientale delle aree a discarica presenti in località Ischia di Crociano riguardante un “rimodellamento” delle aree a discarica, cioè una serie di lavori per migliorare l’estetica della zona attraverso piantumazioni e percorsi a scopo didattico?
Ma la storia non finisce certo qui.
Altri temi dovranno essere affrontati. Ne citiamo solo alcuni
- la giusta impossibilità di realizzazione del progetto RIMateria chiama in causa questioni imprenditoriali e lavoristiche da trattare eventualmente nell’ambito della gestione di una crisi aziendale con gli strumenti disponibili;
- la variante urbanistica è anche da inserire nel nuovo piano strutturale della Val di Cornia comprendente tutti i Comuni, non certamente in quello già elaborato ma da ripensare radicalmente riguardante solo Campiglia e Piombino, in un’ottica di risanamento ambientale e rigenerazione territoriale, facendo i conti con problemi veri e non con soluzioni immaginifiche, come tematiche fondamentale di quel piano;
- lo scioglimento della contraddizione insita nell’essere i Comuni della Val di Cornia contemporaneamente titolari della pianificazione del territorio e soci di forte minoranza, attraverso Asiu, di un’azienda che opera nel mercato, oltretutto un mercato quello dei rifiuti speciali che ha stretti legami con il territorio; l’esperienza insegna che laddove gli enti pubblici sono diventati soci di aziende che operavano sul mercato gli interessi di quelle aziende hanno sopraffatto gli interessi delle collettività che sarebbero dovuti esser difesi proprio da quegli enti pubblici.
Ci fermiamo qui sottolineando che le compatibilità finanziarie non sono certo un elemento di attenzione del quale si possa fare a meno e la sottolineatura è da tener presente per abbandonare il progetto RIMateria non certo per difenderlo.
(Foto di Pino Bertelli)