Un nuovo progetto per il futuro di Baratti

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CAMPIGLIA 23 mar­zo 2016 — Il Comi­ta­to per Campiglia ritiene che il con­fron­to-scon­tro in cor­so sug­li scavi di emer­gen­za con­dot­ti a Barat­ti e con­seguen­ti ai dan­ni causati da fenomeni mete­o­ro­logi­ci recen­ti sia del tut­to inutile per­ché, al di là delle polemiche del momen­to, non affronta il prob­le­ma di un nuo­vo prog­et­to sul futuro di Barat­ti e dimostra che è anco­ra in alto mare una defin­i­ti­va pre­sa di posizione sulle pri­or­ità del luo­go.
Come tan­ti han­no già sot­to­lin­eato, il prob­le­ma del ripasci­men­to e del­la tutela del­l’are­nile è irrisolto da anni, l’u­so di sac­coni si è dimostra­to inutile e pae­sag­gis­ti­ca­mente degradante, e non sem­bra che ci sia alcu­na volon­tà di risol­vere il prob­le­ma tan­to che ora si arri­va a sostenere che i lim­i­tati scavi arche­o­logi­ci sul­la fale­sia siano causa di futuri dan­ni e peri­coli.
Da ques­ta affer­mazione si capisce la volon­tà di con­sid­er­are Barat­ti fon­da­men­tal­mente come ter­ri­to­rio des­ti­na­to essen­zial­mente al tur­is­mo bal­n­eare e a sfon­do per foto di tra­mon­ti.
Dob­bi­amo invece ricor­dare che il Par­co di Barat­ti e Pop­u­lo­nia è pri­ma di tut­to un sito di ricer­ca, stu­dio, tutela e pro­mozione di un impor­tan­tis­si­mo sito arche­o­logi­co.
Questo pre­sup­por­rebbe che come si pro­cede con lo sca­vo e la ricer­ca a Pop­u­lo­nia, altret­tan­to si facesse a Barat­ti, con un prog­et­to di ricer­ca che si pro­trag­ga nel tem­po, che non si lim­i­ti a scavi di emer­gen­za e che sia accom­pa­g­na­to da un prog­et­to di costruzione di un nuo­vo pae­sag­gio che nasca dal­la ricer­ca sul pae­sag­gio anti­co.
Il Comi­ta­to per Campiglia si augu­ra che la polem­i­ca in cor­so nata da affer­mazioni decisa­mente prive di fon­da­men­to, sia l’oc­ca­sione per pas­sare ad un dibat­ti­to serio per met­tere a pun­to un prog­et­to inter­dis­ci­pli­nare e che seg­ni un nuo­vo futuro per Barat­ti.
In questo sen­so è nec­es­saria una battaglia di sen­si­bi­liz­zazione e di pro­mozione che non sia soltan­to, come è accadu­to anni fa davan­ti al Piano Par­ti­co­lareg­gia­to del Par­co Arche­o­logi­co di Barat­ti e Pop­u­lo­nia, una battaglia di dife­sa e di con­teni­men­to delle spinte dei pri­vati al solo sfrut­ta­men­to di una ren­di­ta di posizione, ma, anche se con anni di ritar­do, di for­mu­la­rne un altro in cui l’in­ter­esse pub­bli­co sia preva­lente, in cui il tur­is­mo cul­tur­ale sia priv­i­le­gia­to e quel­lo bal­n­eare sia vis­to come una voce di un dis­cor­so più ampio.
Un pri­mo con­trib­u­to ci viene dal­l’arche­ol­o­go Fran­co Cam­bi che per anni si è occu­pa­to di Barat­ti e che nel suo doc­u­men­to prospet­ta un futuro panora­ma affasci­nante.
Ci auguri­amo che altri porti­no un con­trib­u­to e che la nuo­va pres­i­den­za del Soc. Parchi Val di Cor­nia si impeg­ni a pro­muo­vere un dibat­ti­to tra spe­cial­isti, ammin­is­tra­tori e cit­ta­di­ni.

Comi­ta­to per Campiglia

Barat­ti e l’archeologia dif­fusa

Anni fa proposi la costruzione di un sis­tema infor­ma­ti­vo uni­tario e uni­fi­ca­to del gol­fo di Barat­ti: una specie di grande archiv­io-gior­nale on line nel quale sto­ria, geografia, ambi­ente e forme di antropiz­zazione si coni­u­gassero coer­ente­mente e in maniera armon­i­ca. Nelle mie inten­zioni si trat­ta­va di creare una strut­tura aper­ta e inno­v­a­ti­va, a dis­po­sizione di stori­ci, arche­olo­gi, nat­u­ral­isti, cer­ta­mente, ma anche di tur­isti, vis­i­ta­tori e, soprat­tut­to, del­la comu­nità locale. A loro, ovvero ai “barat­tiani”, che di Barat­ti san­no tut­to, era riv­olto l’invito ad essere attori effet­tivi nel­la costruzione del sis­tema, pri­ma anco­ra che uten­ti. Cre­do, infat­ti, che uno degli esi­ti migliori per le infor­mazioni che stori­ci-arche­olo­gi-nat­u­ral­isti pro­ducono, sia quel­lo di coni­u­gar­si con le infor­mazioni locali, in modo da creare effi­caci mappe di comu­nità (così le chia­mano gli urban­isti avve­du­ti) e vera conoscen­za (vera per­ché alla costruzione di ques­ta conoscen­za col­lab­o­ra la comu­nità locale). L’idea mi era venu­ta a segui­to di una riu­nione con altri stu­diosi: geolo­gi, geo­mor­folo­gi, agrono­mi, scien­ziati del­la comu­ni­cazione e del tur­is­mo. Ricor­do anche che, a quell’epoca, l’idea di un agronomo di ripristinare nel gol­fo le col­ture ortive di pre­gio in chi­ave di fil­iera cor­ta destarono qualche per­p­lessità. Capi­ta, di essere per­p­lessi o addirit­tura sospet­tosi ver­so ciò che non si conosce. Una pro­duzione agri­co­la locale rap­p­re­sen­terebbe un sicuro val­ore aggiun­to e potrebbe anche inter­es­sare i ris­tora­tori del­la zona. Inoltre, darebbe una sta­bil­ità mag­giore ai suoli del gol­fo e, entro cer­ti lim­i­ti, darebbe ai fos­si che scor­rono ver­so il mare mate­ri­ali detrit­i­ci utili al ripasci­men­to nat­u­rale del­la spi­ag­gia.
Il gol­fo di Barat­ti è la risul­tante di una stra­or­di­nar­ia strat­i­fi­cazione di sto­rie. Alcune abbi­amo prova­to a rac­con­tar­le in pas­sato con arti­coli su riv­iste spe­cial­iz­zate e non, con i pan­nel­li del Par­co, con le con­feren­ze pub­bliche. Ma quel lavoro, il rac­con­to pub­bli­co, non è anco­ra fini­to, anzi, sem­bra a me appe­na agli inizi di un nuo­vo ciclo.
Uno dei rac­con­ti che mi piac­erebbe affrontare, da qui in avan­ti, è la sto­ria dell’acqua nel gol­fo di Barat­ti, anzi delle acque: dol­ci, salate, salmas­tre, pio­vane. Molte delle sto­rie del gol­fo han­no pre­so a crescere dal­la sor­gente di San Cer­bone. Dove, però, si tro­vi, real­mente, la sor­gente, è dif­fi­cile dire. Prob­a­bil­mente la fonte det­ta “di San Cer­bone” sit­u­a­ta in prossim­ità del Ficac­cio e del­la Chiesina del San­to si deve ad una sis­temazione dell’area di epoca lore­nese. La las­ci­amo tem­po­ranea­mente da parte. Il nos­tro rac­con­to deve nec­es­sari­a­mente coin­vol­gere tre autorevoli per­son­ag­gi del mon­do anti­co: Tito Liv­io, Stra­bone e Rutilio Namaziano. In modi diver­si i tre sem­bra­no indi­care ques­ta zona come forte­mente carat­ter­iz­za­ta dal­la pre­sen­za di acque interne. La ricer­ca arche­o­log­i­ca ha con­fer­ma­to e ulte­ri­or­mente arric­chi­to la conoscen­za di questo asset­to. La popo­lazione locale sa per­fet­ta­mente che il cen­tro (e il cuore) del gol­fo è il Podere Casone. Di questo edi­fi­cio, una delle emer­gen­ze architet­toniche e urban­is­tiche più vis­i­bili del­la zona, si sa, effet­ti­va­mente, molto poco. Il Casone seg­na il pun­to di con­tat­to fra il mare del gol­fo e i baci­ni di acque dell’entroterra, in cui si ricov­er­a­vano le navi (i neosoikoi di Stra­bone). Un canale non molto pro­fon­do e non molto largo con­sen­ti­va di entrare e di uscire dal baci­no inter­no. Uno di questi dove­va trovar­si in prossim­ità dell’attuale parcheg­gio del Par­co Arche­o­logi­co di Barat­ti. Il relit­to del baci­no coin­cide attual­mente con un’area umi­da cop­er­ta da can­neti, che con­ser­va una for­ma per­fet­ta­mente quad­ran­go­lare. Il canale si è invece, nel tem­po, trasfor­ma­to nell’attuale fos­so Val­grani­ta. Quan­do piove forte oppure il mare si agi­ta molto, il fos­so riapre la sua foce ver­so mare e, con lui, l’antico canale. La mia visione è molto onir­i­ca ma non pos­so tacere che mi piac­erebbe molto vedere un giorno ripristi­na­to sia il baci­no inter­no sia il canale. Sarebbe un’attrattiva for­mi­da­bile anche dal pun­to di vista tur­is­ti­co, parag­o­nabile al cele­bre kothon dell’isola di Mozia, in Sicil­ia.
Per motivi diver­si e, sen­za avere prove certe in mano, mi sen­to di affer­mare che l’originaria sor­gente dove­va trovar­si fra il baci­no inter­no e la pine­ta del Cen­tro Veli­co. Ma si trat­ta, appun­to, di una con­get­tura. La sor­gente, per la ver­ità, in prossim­ità di un luo­go cen­trale come il Casone, del quale igno­ri­amo le fat­tezze pas­sate, ci sta benis­si­mo. La sor­gente con­tribuisce a costru­ire le geografie e i pae­sag­gi pas­sati del gol­fo di Barat­ti e ne attra­ver­sa la sto­ria, dalle orig­i­ni lon­tane all’arrivo del san­to e oltre, fino ad oggi.
Cre­do che il gol­fo di Barat­ti offra una splen­di­da oppor­tu­nità, fra le molte. Quel­la di rac­con­tare sto­rie stra­or­di­nar­ie svolte­si in un luo­go stra­or­di­nario: il sito di una cit­tà antichissi­ma nelle orig­i­ni e anom­ala nel­la sua for­mazione. Barat­ti è arche­olo­gia e l’archeologia è strut­turale nel­la sto­ria del gol­fo, tan­to da ren­dere incom­pren­si­bili l’uno sen­za l’altra. Per questo pen­so che le ricerche sin qui svolte negli ulti­mi decen­ni dalle diverse isti­tuzioni, con scopi diver­si, siano par­ti­co­lar­mente utili, a par­tire dai mer­i­tori scavi di emer­gen­za intrapre­si da Andrea Camil­li in questo ter­ri­bile autun­no-inver­no, risal­en­do indi­etro nel tem­po.
Ma Barat­ti, con Pop­u­lo­nia, è, soprat­tut­to, uno dei luoghi in cui l’archeologia di tutela e di ricer­ca si è fat­ta comu­ni­cazione, parte­ci­pazione, rac­con­to con­di­vi­so scrit­to a più a mani, anche con il con­trib­u­to del­la comu­nità locale. Cre­do che ora si stia apren­do per Barat­ti una fase nuo­va. E’ tem­po di las­cia­r­si alle spalle le polemiche, di super­are le poche diver­gen­ze che sep­a­ra­no e di tornare a unire le molte forze pos­i­tive che acco­mu­nano, in un nuo­vo e grande prog­et­to, scrit­to nel seg­no di una con­sol­i­da­ta coeren­za cul­tur­ale.

Fran­co Cam­bi, Docente di Arche­olo­gia dei Pae­sag­gi, Uni­ver­sità di Siena

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