Un partito diviso e un candidato che inizia in salita
PIOMBINO 15 marzo 2014 — Nel Comune di Piombino nelle elezioni comunali di cinque anni fa il solo Pd ottenne 10.236 voti; alle ultime primarie, extracomunitari compresi (siamo all’assurdo che essi alle amministrative di maggio non potranno votare), ci si è fermati a 3.132 votanti. Come dire che due elettori o simpatizzanti ogni tre sono rimasti a casa. Non è un bel segnale al quale va aggiunto il dato raggiunto dal vincitore, Massimo Giuliani che sarà il candidato sindaco con 1686 voti ovvero con il gradimento, conti alla mano, di un suo potenziale elettore ogni sei. Non risulta che in altri Comuni della Toscana interessati dalla primarie si sia raggiunta una così scarsa partecipazione. Peraltro va sottolineato che nella recente consultazione per la scelta del segretario nazionale ben 1544 cittadini in più risposero al richiamo delle urne del Pd. Una condizione in assoluta controtendenza rispetto al resto dei Comuni votanti dove il traino dei candidati locali ha fatto aumentare la partecipazione.
Perché tanta disaffezione a Piombino? Alcuni hanno invocato tra i motivi le difficoltà del momento che in effetti possono essere state causa di una sfiducia generalizzata e di un disimpegno numericamente consistente. Ovvero è possibile che la situazione di grave crisi abbia pesato sulla presenza ma non è credibile che essa possa essere invocata per giustificare una così scarsa affluenza al voto. A dimostrarlo sta il fatto che nelle piazze telematiche dove ormai si celebrano gran parte dei riti della partecipazione, il dibattito non è povero ed il desiderio di esserci si avverte chiaramente. Più evidente appare invece una diffusa delusione nei riguardi del maggiore partito, della sua conduzione e della sua attuale connotazione. Il 45 per cento ottenuto da Martina Pietrelli, assai più lontana del suo avversario dalle stanze dove si indica e si dirige, dimostra chiaramente che oggi il Pd, anche a Piombino, vive nel contrasto di due tesi contrapposte e spesso lontane. Al punto che non sono pochi quelli che considerano il gruppo renziano che ha sfidato Giuliani come l’unica alternativa alla tradizione rappresentata dalla parte vincente del partito che strutturalmente vive sulle antiche orme e operativamente non disdegna i riti tradizionali di una politica vecchia e, per molti, sempre meno sopportabile. Il contrasto, evidente in queste primarie tra coloro che oggi occupano i posti dirigenziali e coloro i quali hanno cercato, in nome del cambiamento, di sfrattare i compagni dalle loro poltrone, ha, d’altro canto, prodotto inquietudine nell’elettorale più anziano. In quei vecchi compagni non abituati ad un partito di correnti e quindi poco propensi ad avallare, con un voto alle primarie, la fine di una tradizione concepita nell’unità che fa la forza.
In una simile situazione è possibile che per la prima volta si verifichi il fatto, già da alcuni definito “storico”, di un ballottaggio a cui potrebbe essere costretto Giuliani. Non si capisce quanto un’eventualità del genere sia possibile ma nel caso, la pole position, se non la vittoria, questa volta pur meno scontata di sempre, sembra essere ancora a vantaggio di chi ha conseguito il migliore risultato nelle primarie. Questo premesso appare ovvia la considerazione che la vita dell’eventuale sindaco Giuliani non sarà facile. Non solo i gravissimi, difficili problemi che, irrisolti, la città propone ma anche la difficoltà di avere il sostegno pieno e totale che il Partito una volta garantiva ai propri primi cittadini e che oggi, una buona parte dei compagni chiede al nuovo sindaco almeno di conquistare. Un impegno non facile dal quale dipende il possibile successo dell’attività di Giuliani e quindi anche le più o meno grandi ripercussioni che dal Palazzo discenderanno verso l’intera comunità.