Un porto fantasma costato non pochi soldi
PIOMBINO 15 marzo 2019 — Se a qualche armatore venisse in mente di far attraccare le proprie navi in questo megaporto desolato e mezzo pronto da anni, non saprebbe proprio a chi rivolgersi. Non ci sono né certezze né obiettivi immediati. Nelle banchine c’è un silenzio lunare. Si sente solo il vento che spazza Piombino! Oltre i 130 milioni devono arrivarne altri 50 milioni per le darsene turistiche per essere pronte ad ospitare gli armatori. Ma nessuno oggi come oggi sa che fare di questa struttura: parliamoci chiaro un porto senza retroporto, senza una strada, senza una linea ferroviaria è solo un porto zoppo. Questo è il porto di Piombino! Proprio perché al centro di tutte le rotte commerciali del Mediterraneo gli studi economici hanno ribadito che questa è un’occasione da non farci sfuggire perché è importante per lo sviluppo per la Val di Cornia e per tutto il Paese. Siamo convinti che il porto potenzialmente può rappresentare un momento di sviluppo anche per iniziative industriali che finora non ci sono state. Noi proponiamo quindi che il governo costituisca una commissione di studio che vada a vedere come e in che modo funzionano i grandi porti, proprio per non ripetere gli errori che in pratica hanno portato al degrado degli altri porti italiani. Abbiamo bisogno delle aree interne, della fabbrica e quindi devono partire subito le bonifiche industriali portuali. Ora abbiamo bisogno veramente che il tempo non si fermi, perché veramente siamo in ritardo in tutto, dalla fabbrica al porto, e anche il governo le deve pretendere quelle aree visti i soldi che sono stati investiti sul porto. Attenzione a Piombino! Un grosso campanello di allarme significativo si è acceso, la chiusura di un asilo, importante per la nostra società.
Il futuro deve essere la fabbrica, ma una fabbrica vera, una fabbrica nuova di tecnologia e di logistica, non si può pensare di lavorare acciai al piombo, acciai non speciali, banditi 40 anni fa, inquinanti sia per la società che per i lavoratori. Inoltre non stanno dando un futuro certo a tutti i lavoratori perché i trenini laminazione, se non modernizzati, non andranno mai a 21 turni, cioè a pieno regime, e la costruzione di un forno elettrico non garantisce tutta l’occupazione dei lavoratori interni e dell’indotto.
USB propone che a fianco dell’industria ci sia lo sviluppo del porto, per questo va fatta chiarezza sugli smantellamenti e le bonifiche per permettere la creazione di un retroporto degno del suo nome: questo sarebbe plausibile per avere occupazione necessaria per la Val di Cornia.
USB Piombino