Una nuova legge sui delitti contro l’ambiente
PIOMBINO 15 luglio 2015 — Grazie alla legge n. 68 del 2015 il nostro codice penale si è arricchito del Titolo VI-bis, intitolato “Dei delitti contro l’ambiente” all’interno del Libro II (Dei delitti). A distanza di poco più di un mese dall’entrata in vigore di tale innovazione non è ancora possibile effettuare una valutazione “concreta” della sua efficacia: come del resto ogni volta che una normativa viene introdotta o modificata è opportuno attendere gli esiti della relativa applicazione, utili per intervenire sui punti deboli. Di certo, i motivi per accoglierla con favore non mancano. Volendo soffermarci sui principali, possiamo distinguere tra quelli “teorici”, relativi a questioni di completezza della normativa nazionale fino ad ora tragicamente lacunosa, e quelli “pratici”, riguardanti le conseguenze dell’applicazione delle nuove fattispecie.
Sotto il profilo legislativo la nuova legge rappresenta un recepimento (tardivo) delle indicazioni provenienti dall’Unione Europea, che già da tempo aveva segnalato la necessità di un coordinamento tra le legislazioni degli Stati membri per una più efficace tutela dell’ambiente (una su tutte: la direttiva 2008/99/CE). La risposta del nostro ordinamento non era stata convincente, anche perché la legislazione nazionale si era orientata verso fattispecie a carattere meramente contravvenzionale (e quindi punite meno severamente dall’ordinamento rispetto ai delitti: con l’arresto o con l’ammenda anziché con ergastolo, reclusione, multa).
La legge 68/2015 dunque innova rispetto al trend seguito finora:
- Si introducono i reati di inquinamento ambientale (452-bis), disastro ambientale (452-quater), delitti colposi contro l’ambiente (452-quinquies), traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (452-sexies), impedimento del controllo (452-septies). Viene inoltre contemplata dall’art. 452-ter l’ipotesi di morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale, con i relativi aggravi sanzionatori rispetto a quelli contemplati dall’articolo precedente.
- L’art. 452-opties introduce circostanze aggravanti riguardanti l’associazione per delinquere finalizzata a commettere taluno dei delitti previsti dal presente titolo (1° co.), l’associazione di tipo mafioso finalizzata a commettere taluno dei delitti previsti dal presente titolo ovvero all’acquisizione della gestione o comunque del controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti o servizi pubblici in materia ambientale (2° co.). Il 3° co. contempla l’ipotesi in cui dell’associazione in questione facciano parte pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio che esercitano funzioni o svolgono servizi in materia ambientale: l’aumento di pena in tal caso oscilla da un terzo alla metà.
- L’art. 452-novies introduce la c.d. aggravante ambientale in due diversi casi: sia quando un fatto già previsto come reato venga commesso al fine di eseguire uno o più delitti previsti dal titolo VI-bis, dal d. lgs. 152/2006 o da altra disposizione posta a tutela dell’ambiente, sia quando dalla commissione del fatto derivi la violazione di una o più norme del sopracitato decreto o di altra disposizione posta a presidio dell’ambiente.
- Una diminuzione di pena è invece contemplata dal 452-decies: viene così infatti data la possibilità all’imputato di ottenere un regime sanzionatorio più favorevole laddove si adoperi per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, o nella fase predibattimentale in primo grado provvede concretamente alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi. Un’altra ipotesi di riduzione, seppur minore, è prevista anche nell’ipotesi in cui l’imputato si adoperi collaborando con l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto, nell’individuazione degli autori o nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti. Nella medesima fase l’imputato potrà richiedere, per l’espletamento di tali attività, la sospensione del procedimento per un tempo congruo, durante il quale, se accordata, il corso della prescrizione viene sospeso.
- Gli artt. 452-undecies e 452-duodecies prevedono si applicano nel caso di condanna o di patteggiamento: nel primo caso, ricorrendo i delitti ex artt. 452-bis, 452-quater, 452-sexies, 452-septies, 452-octies è sempre ordinata la confisca delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato o che servirono a commettere il reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. È possibile che il giudice individui beni di valore equivalente di cui il condannato abbia, direttamente o meno, la disponibilità e ne disponga la confisca laddove questa, originariamente disposta, non sia stata possibile. Comunque, i beni così confiscati vengono messi nella disponibilità della pubblica amministrazione competente e vincolati all’uso per la bonifica dei luoghi. Questa misura non si adotta se l’imputato abbia provveduto a mettere efficacemente in sicurezza i luoghi inquinati. In base al 452-duodecies il giudice ordina il recupero e, ove possibile, il ripristino dello stato dei luoghi a carico del condannato e, in caso di insolvenza, degli enti forniti di personalità giuridica, eccettuato lo Stato, nell’ipotesi in cui il condannato ne avesse la rappresentanza o l’amministrazione o fosse con essi in rapporto di dipendenza. Ulteriore requisito perché scatti la responsabilità per le persone giuridiche in questione è la necessità che il reato costituisca violazione degli obblighi inerenti alla qualità rivestita dal colpevole, ovvero sia commesso nell’interesse di queste. Il 452-terdecies prevede poi la reclusione da uno a quattro anni e le multa da € 20.000 ad € 80.000 per l’omessa bonifica (il cui obbligo derivi da norma di legge, ordine del giudice o altra autorità pubblica).
- Le altre disposizioni di legge, infine, operano le necessarie modifiche ed integrazioni ad altre parti del codice penale, del d. lgs. 152/2006 e della l. 150/1992 al fine di conferire organicità alla materia. Da sottolineare l’importanza dell’art. 1, co. 6 della legge sugli ecoreati, il quale per i delitti sopradescritti raddoppia i termini di prescrizione.
Anche se la portata innovativa della legge è essenzialmente racchiusa nella riforma del codice penale, non si può ignorare l’impatto che avrà anche con riguardo alle modifiche alla l. 150/1992 e al c.d. Testo unico sull’ambiente: dall’inasprimento alle sanzioni sia penali che amministrative per il caso in cui siano coinvolte specie animali e vegetali protette, all’estinzione per le contravvenzioni che non abbiano cagionato né danno né pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali.
Dal punto di vista più “pratico”, l’importanza di tale legge è particolarmente evidente se rapportata ad alcuni drammatici casi del passato: per citarne uno, il più recente dal punto di vista processuale, il caso Eternit. In mancanza di una fattispecie autonoma di disastro ambientale, la giurisprudenza tentò di ricondurre la vicenda al disastro c.d. innominato (art. 434 c.p.): senza entrare nel dettaglio delle motivazioni date dai giudici nei vari gradi di giudizio in cui il caso si è articolato, la Corte di Cassazione finì per individuare il momento consumativo del reato in modo tale che lo stesso risultò prescritto ante causam. Secondo i giudici di primo e secondo grado il reato era destinato a permanere in atto fintanto che l’amianto avesse continuato a mietere vittime, mentre secondo la Cassazione il reato cessò con la chiusura dello stabilimento che lo produceva, quindi in questo caso nel 1986. In pratica, volendo ricomprendere il disastro ambientale nella fattispecie già esistente, si poneva il problema della salvaguardia di vittime “mietute” a grande distanza temporale dall’evento in cui si sostanziava la condotta antigiuridica: la nuova normativa cerca di porre rimedio a questo vistoso squilibrio che in passato ha condotto ai risultati sopra descritti. L’art. 452-quater prevede alcune diverse ipotesi di disastro, ai sensi delle quali lo stesso si verificherà sia in relazione ad un’alterazione irreversibile o difficilmente eliminabile dell’ecosistema, che ad eventi di particolare rilevanza per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo. In questo modo gli effetti lesivi divengono parte integrante della fattispecie e, fintanto che continuino a prodursi, non sarà possibile invocarne la prescrizione.
Come c’era da immaginare, le critiche non sono mancate comunque, in particolar modo in relazione all termine “abusivamente”: solo chi cagiona abusivamente un disastro ambientale infatti sarebbe punibile con la reclusione da cinque a quindici anni. Parte della dottrina ritiene che tale clausola sia stata inserita per introdurre un margine di “rischio consentito” e quindi, oltre a differenziare irragionevolmente la fattispecie di disastro ambientale dal disastro innominato ex art. 434 c.p., che invece non contiene riferimenti del genere, impedirebbe la punibilità dell’autore laddove questo si sia attenuto a norme di legge o prescrizioni amministrative, a prescindere dalle relative lacune. L’interpretazione prevalente (adottata anche da Legambiente) lo ritiene un falso problema: “abusivamente” sarebbe infatti un termine troppo generico per condurre a risultati antigiuridici ed anzi, pur consentendo di rispettare il principio di determinatezza e tassatività del diritto penale, impedirebbe di delimitare eccessivamente l’ambito di operatività della norma, consentendo quindi la punibilità anche quando, pur formalmente rispettando le disposizioni di legge e le prescrizioni amministrative, l’autore del fatto-reato abbia violato i principi cardine del diritto alla salute (costituzionalmente riconosciuto) e di quello alla salubrità dell’ambiente.
L’analisi è ovviamente limitata e sintetica, ma è chiaro che, a prescindere dall’efficacia che solo il tempo (e i tribunali) potranno dimostrare, questa legge costituisce un buon punto di partenza per una maggiore attenzione alla salvaguardia del bene giuridico “ambiente” (in tutti i suoi connotati), anche se in via successiva rispetto alla produzione dell’eventuale danno