Una pianificazione territoriale che parte azzoppata
PIOMBINO 29 marzo 2015 — I Comuni della Val di Cornia stanno approvando una convenzione per l’elaborazione, l’approvazione e gestione in forma associata del piano strutturale intercomunale. Dopo la sistematica demolizione delle politiche urbanistiche integrate, e non solo di quelle, avvenuta negli ultimi dieci anni pare una buona cosa che i Comuni di Campiglia, Piombino, San Vincenzo, Sassetta e Suvereto recuperino quella che è stata una vecchia tradizione della zona, iniziata addirittura nel 1975. Ma non solo di recupero di una tradizione si tratta perché in realtà è anche la nuova legge urbanistica della Regione Toscana che spinge in tal senso prevedendo la possibilità per i Comuni di dotarsi di piani strutturali intercomunali. Inutile ripetere, ma evidentemente nel decennio precedente questa sensibilità culturale e politica era scomparsa, la necessità per i Comuni di raggiungere una dimensione di pianificazione territoriale intercomunale pena l’insignificanza delle loro previsioni ma altrettanto utile ricordare che con la scomparsa delle Province da un lato e la riacquisizione di poteri da parte della Regione dall’altro l’intercomunalità è una dimensione che non si può proprio eludere.
Bene dunque questa ripartenza che però deve fare i conti con problemi politici non risolti ed anche con velleità.
La finalità alla base della convenzione è «il rilancio del coordinamento delle politiche di pianificazione e governo del territorio della Val di Cornia, in primo luogo attraverso la redazione del nuovo piano strutturale intercomunale». Niente da eccepire data la chiarezza. Ciò che invece non è affatto chiara è l’altra finalità e cioè «L’avvio di un confronto di natura istituzionale e politica per la individuazione di un ambito di area vasta, funzionale anche all’esercizio della funzione associata in materia di strumenti di pianificazione e alla definizione di scenari strategici di lungo termine, aperto ai territori meridionali della Val di Cecina, a quelli settentrionali delle Colline Metallifere e all’Isola d’Elba». Se fosse un inquadramento delle previsioni della Val di Cornia in una dimensione territoriale più vasta si potrebbe anche capire (così fu nel 1975), anche se per la verità a questo punto è la pianificazione regionale con il Piano di Indirizzo Territoriale il vero ed unico punto di riferimento, ma siccome si parla di questioni istituzionali e strategie è abbastanza facile dubitare che si tratta e si tratterà di una fuga in avanti inutile e priva di sostanza. Oltretutto basata sul nulla cioè con nessuna attività politica precedente su cui poggiare.
La convenzione riguarda la redazione del nuovo piano strutturale intercomunale e di questo si occuperà l’ufficio di piano mentre rimangono di esclusiva competenza delle singole amministrazioni comunali i piani operativi, i piani attuativi e le varianti ai regolamenti urbanistici vigenti. Si apre un problema politico non irrilevante che rischia di depotenziare seriamente quello che si dichiara di voler fare e cioè il rafforzamento della pianificazione intercomunale. Il piano operativo di cui si parla ha un’importanza rilevantissima dato che disciplina l’attività urbanistica ed edilizia per l’intero territorio comunale, le varianti ai regolamenti urbanistici vigenti possono anch’esse avere un rilievo incredibile come dimostra in negativo proprio l’esperienza degli ultimi anni. C’è il rischio, insomma che da un lato i contenuti del piano intercomunale siano generici e tali da evitare problemi politici mentre la vera pianificazione, con le scelte politiche pesanti, rimanga nelle mani dei singoli Comuni. Un po’ come è stato nel passato nel rapporto tra piani territoriali provinciali e strumenti urbanistici comunali. Un esempio chiarisce ancor meglio il tema. La nuova legge urbanistica regionale stabilisce che la Regione promuove accordi di pianificazione finalizzati alla riqualificazione urbanistica di aree industriali dismesse o parzialmente dismesse. Potrebbe essere il caso delle aree industriali siderurgiche o parti di esse nel Comune di Piombino. L’importanza per tutta la Val di Cornia è rilevante. Ebbene, si pone una domanda: se ne occupa politicamente e tecnicamente solo il Comune di Piombino? I limiti sarebbero evidenti. Non sarebbe opportuno che il tema avesse politicamente e tecnicamente una dimensione intercomunale? Lo stesso ragionamento si potrebbe svolgere per la pianificazione delle coste e forse altro ancora. Sarebbe stato meglio che la convenzione non fosse stata così rigida o meglio, dato che si tratta di scelte politiche, che i Comuni avessero eliminato queste titubanze nella riconquista della teoria e della pratica dell’intercomunalità.
Il luogo politico è rappresentato dalla conferenza dei sindaci integrata stabilmente dagli assessori al governo del territorio, una vera e propria giunta intercomunale. La soluzione, che appare semplice e forse anche naturale, in realtà apre un problema non secondario. Dato che le scelte verranno prese da un organismo nel quale siedono solo componenti delle giunte e le decisioni poi saranno portate nei singoli consigli comunali, e non saranno certo modificabili da essi singolarmente presi, si pone un problema di ruolo dei consigli comunali ed anche delle forze politiche, maggioranze e minoranze comprese, che siedono nelle assemblee elettive. Si può verificare un loro esautoramento. Anche nel 1975 in qualche modo il problema si pose tant’è che nel coordinamento politico sedettero non solo i rappresentanti delle maggioranze ma anche quelli delle minoranze di ogni singolo Comune con la formula di tre rappresentanti per Comune di cui due di maggioranza e uno di minoranza. Certo una soluzione parziale ma in quella situazione istituzionale forse obbligata. Oggi in realtà non si è voluto nemmeno affrontare un problema di questo tipo che non si sarebbe posto se fosse già nata l’Unione dei Comuni con i suoi organismi rappresentativi che averebbero consentito e garantito una più ampia discussione e partecipazione. L’Unione dei Comuni non c’è , e questa è una responsabilità politica, non sembra che ci sarà in tempi brevi, e questa è un’altra responsabilità politica, si ricorre allo strumento della convenzione ma nemmeno ci si pone il problema di una qualche partecipazione più larga alle decisioni. Oltretutto in una materia delicata quale è quella della pianificazione urbanistica.
Ma vi è nella decisione presa un ulteriore punto che legittima qualche dubbio non secondario. Quando si definisce l’attività dell’ ufficio di piano composto dai referenti tecnici designati da ciascuno dei Comuni della Val di Cornia si afferma che Campiglia, Piombino e Suvereto avviano congiuntamente le procedura per la revisione e l’aggiornamento dell’attuale Piano Strutturale d’Area, che il Comune di Sassetta aderisce alla proceduta per la revisione e l’aggiornamento del suo attuale piano Strutturale, il Comune di San Vincenzo, invece, avvia autonomamente, la procedura per la formazione del primo Piano Operativo (quello che sostituisce il vecchio Regolamento urbanistico) con contestuale adeguamento del proprio Piano Strutturale alle disposizioni della LR 65/14 e del PIT/PPR e partecipa all’attività di elaborazione delle scelte di pianificazione di area, per verificare l’adeguatezza dei contenuti della propria pianificazione a tali scelte. Sembra di capire insomma che San Vincenzo non rientrerà nel Piano Strutturale Intercomunale: una riserva di comportamento per un singolo Comune che ha le caratteristiche di un vulnus per l’intera impalcatura che avrebbe potuto essere più solida, politicamente più solida.