Una sconfitta epocale accuratamente preparata
PIOMBINO 31 maggio 2019 — Che il vero sconfitto delle recenti elezioni comunali a Piombino è il Partito Democratico tutti sono disposti ad ammetterlo: difficile sostenere il contrario con 4.139 voti ed il 23,54% quando nello stesso giorno alle elezioni europee il PD ha totalizzato 6.088 voti e il 32,97%. Il primo pensiero va ai problemi locali che l’hanno fatta da padrone negli ultimi mesi e nella stessa campagna elettorale: il progetto RIMateria ed il non concesso referendum su di esso, l’indeterminatezza del futuro dell’industria siderurgica, i molto discussi insediamenti per i rifiuti pericolosi e non, l’insuccesso degli investimenti sul porto ed i litigi per la concessione delle aree demaniali marittime e così via. Non c’è dubbio che alcuni motivi della sconfitta siano questi, così come i ritardi nella decisione e nell’individuazione del nuovo candidato sindaco effettuata nello stesso momento in cui si declamavano i successi della passata amministrazione che dunque avrebbero giustificato la ricandidatura del vecchio. Sì c’è molto di contingente nel cattivo risultato, ma appena si alza lo sguardo il panorama cambia un po’ perché ad esempio ci si accorge che anche nel 2014 nelle elezioni europee il PD aveva preso 11.215 voti ed il 59,65% mentre nelle elezioni comunali dello stesso anno 8.802 voti ed il 48,05%, per poi cadere nelle elezioni politiche del 2018 a 5.799 voti ed al 30,16%.
Viene il sospetto insomma che ci sia qualcosa di non contingente che viene ancor più di lontano. Lo dimostra esplicitamente il grafico sottostante che disegna un continuo calo di voti al PD a partire dallo stesso anno di nascita del PD (il PD nasce nel 2007 e la prima elezione è del 2008):
È un decremento continuo di voti che dura da oltre dieci anni in una situazione nella quale gli elettori diminuiscono solo di 1000 passando da 28.522 a 27.506:
C’è qualcosa di più allora che scaturisce probabilmente da elementi come la composizione sociologica di Piombino sicuramente mutata (giovani che se ne vanno, anziani che muoiono sostituiti da un’immigrazione non toscana), la diminuzione del reddito, l’incertezza del lavoro e dunque del futuro, la riduzione qualitativa e quantitativa delle reti di protezione sociale pubbliche, la perenne situazione di assistenza pubblica, perché tale diventa anche la cassa integrazione quando dura per anni non legata a prospettive di ripresa produttiva, le contraddizioni che tutto questo genera tra persone che abitano e vivono nella stessa area (ci verrebbe da dire le contraddizioni in seno al popolo ma non volgiamo eccedere).
Certamente sono sfide serie per una cultura politica ormai di vecchia tradizione, anche se rinnovatasi nel passato in momenti cruciali, a Piombino, ma non è affatto sostenibile un nesso meccanico e automatico tra situazione sociale cambiata e declino continuo del Partito Democratico. Non stava scritto da nessuna parte che necessariamente quel partito non fosse capace di vedere e capire una situazione sociale che mutava sotto i suoi occhi. Poteva essere vista e capita, bastava volerlo. Ed invece il Partito Democratico non l’ha fatto ed anzi ha continuato a declamare una situazione positiva in un crescendo positivo che era continuamente contraddetto dalla realtà che andava in un’altra direzione. Una pulsione all’autocompiacimento ed alla autoesaltazione che proprio non stava in piedi. Fino al rifiuto del dialogo con gli altri partiti e con la società in una autoreferenzialità non sostenuta da nessuna motivazione credibile e pur tuttavia praticata ad ogni piè sospinto.
Un partito distaccato dalla società e chiuso in sé stesso con la convinzione di essere esso stesso e soltanto esso stesso la realtà.
Un partito che al massimo si è curato di difendere interessi circoscritti, al limite corporativi, pensando magari che fossero gli interessi generali. Ma non lo erano.
In continuità con una simile errata convinzione ed un altrettanto errato comportamento politico ci si potrebbe obiettare che anche in tutta Italia è successo così e che non c’è differenza: il vento, se non la tempesta, ha spirato a Piombino così come ha soffiato in tutt’Italia. Per la verità sarebbe un “mal comune mezzo gaudio” che di analisi politica avrebbe poco, ma i numeri dimostrano che nemmeno questa tesi regge dato che, sempre considerando la differenza tra le elezioni politiche del 2008 e le elezioni europee del 2019 potremmo constatare che mentre in Italia il PD ha preso nel 2019 il 54,34% dei voti ottenuti nel 2008 a Piombino la percentuale si riduce al 45,32%.
I numeri parlano chiaro: la situazione del PD a Piombino, misurata nel tempo, è addirittura peggiore della situazione del PD in Italia ed il traguardo ottenuto viene da lontano.
Il risultato delle elezioni era per me scontato, come dice l’articolo, di cui condivido l’analisi. I sentori c’erano e venivano da lontano. Il PD si è scontrato per la prima volta con la necessità di reinventare la vita socio-economica di un’intera comunità ma non ha le capacità intellettuali al suo interno e le lotte fra giovani allo sbaraglio e vecchi pachidermi restii a lasciare il comando hanno fatto il resto. Purtroppo la “mente” politica necessaria a ricostruire una Piombino e la Val di Cornia non c’è né a sinistra né a destra. La destra ha raccolto i voti di una città esausta, avvilita, ma non credo sia in grado di dare quella spinta necessaria per riuscire almeno ad incominciare a risalire la china economica e penso che Piombino ancora dovrà aspettare per vedere, come si dice, la luce al di là del tunnel.