Una strategia perversa per il territorio costiero
PIOMBINO 10 ottobre 2016 — Da anni in Val di Cornia è in atto una strategia perversa per accaparrarsi il territorio costiero e per specularci sopra. È una strategia basata in parte sull’abusivismo puro e semplice e in parte su realizzazioni di opere al limite della legittimità per le quali si arriva, a posteriori, a un compromesso nel quale comunque l’imprenditore ottiene più del legittimamente dovuto.
Il tutto avviene grazie a norme ambigue emanate dai Comuni, a interpretazioni a dir poco leggere delle stesse e a una totale mancanza di controllo del territorio applicando il criterio che si interviene solo dietro denunce e mai autonomamente. È una strategia in cui i soliti noti si appropriano di pezzi dell’unico grande patrimonio di questo territorio: il paesaggio.
Il caso del Park Albatros di San Vincenzo va letto in questo quadro e non limitarsi a vederlo come un deprecabile caso di malgoverno locale: è solo l’ultimo risultato di questa strategia ed è solo l’ultimo esempio del disinteresse e dell’incapacità di chi dovrebbe far rispettare le leggi statali, regionali, provinciali e comunali nella tutela del territorio e nell’applicazione paritaria di queste per tutti i cittadini senza corsie speciali per qualcuno.
L’elenco dei casi di questi ultimi anni è ben nutrito, basti pensare al Piano di recupero della Tenuta di Rimigliano, sempre in Comune di San Vincenzo, dove, grazie all’approvazione di norme comunali urbanistiche ed edilizie indecenti e vergognose che nessun Comune serio avrebbe mai pensato di approvare, e a interpretazioni ancor più indecorose delle norme stesse si sono permesse valutazioni di consistenze edilizie la cui legittimità è stata basata su solo due testimonianze verbali senza alcun riscontro nelle carte del Comune.
Non bisogna poi dimenticare il caso del Paradù di Castagneto Carducci dove sempre grazie ad interpretazioni sul significato dei termini “mobile e provvisorio” si è giunti a pretendere di realizzare più di 700 abitazioni vere e proprie senza neanche tenere conto che la Soprintendenza all’origine aveva ritenuto che la tutela del paesaggio non permettesse l’installazione di più di 250 “capanne polinesiane” senza luce e servizi. Nella solita trattativa a misfatto avvenuto, e grazie al solito ricatto occupazionale, le proteste di cittadini, associazioni e partiti hanno solo contenuto lo scempio limitando il numero delle abitazioni ammesse a solo (!!!!) 450. E in questa vicenda politici e tecnici si sono anche dimenticati che esistevano documenti dai quali si ricavava l’inesistenza delle reti di acqua, fogne e luce che hanno permesso di passare da “capanne polinesiane” ad abitazioni vere e proprie.
Se a questi esempi si aggiungono i casi, sempre a Castagneto Carducci, del villaggio CANADO dove sembra vengano vendute per uso esclusivo casette che fanno parte di un villaggio turistico e a Piombino dove il Comune ammette la vendita come seconde case di porzioni della RTA di Poggio all’agnello, sempre grazie al ricatto occupazionale, possiamo affermare che il controllo del territorio, in particolare di quello più importante paesaggisticamente, il più fragile e di maggior pregio, è assolutamente insufficiente.
Il caso del Park Albatros, come già altri cittadini e liste civiche hanno sottolineato, e come è stato illustrato perfettamente nell’esposto presentato da Assemblea Sanvincenzina, è forse il più eclatante perché questa volta non si è cercato di piegare le norme da parte della proprietà con il beneplacito di politici e tecnici, ma, semplicemente e nella maniera più arrogante, si è fatto tutto abusivamente dall’inizio alla fine, chiedendo poi, a distanza di anni, ai politici e ai tecnici di approvare un piano urbanistico attuativo che mettesse la foglia di fico alle vergogne.
La rimozione, a stagione turistica conclusa, delle centinaia di casette abusive ammassate ora qua e là, non è sufficiente perché, in questo caso non si può venire a dire che la realizzazione delle reti (luce, acqua, fognatura) e delle strade era già esistente. Quindi il mancato rispetto dei vincoli forestali, paesaggistici e idrogeologici risulta chiaro e incontrovertibile e la legge in questi casi è chiara: demolizione, ripristino, sanzioni e condanne penali per proprietà, imprese e tecnici.
Come già qualcuno ha chiesto, anche noi vorremmo anche sapere se il fatto che i grafici presentati per la variante al piano in cui evidentemente non si dichiara la reale situazione esistente e quindi si incorre in una dichiarazione mendace sarà preso in considerazione dagli ordini e/o collegi professionali, che dovranno verificare se applicare sanzioni, sospensioni e radiazioni.
In genere in questi casi tutti si giustificano lamentandosi dei tempi eccessivamente lunghi delle procedure urbanistiche ed edilizie previste per legge, ma questo non può e non deve consentire comportamenti cosi arroganti e privi di pudore da parte di proprietari e tecnici, anche perché sembrerebbe che le scorciatoie siano praticabili solo da qualcuno. In questo si deve anche riconoscere le responsabilità di una Regione che nella redazione delle norme sembra troppo spesso lontana dalla realtà ma va soprattutto sottolineata la lentezza e l’incompetenza dei Comuni e la applicazione di Regolamenti Edilizi tutti da rivedere e da unificare una volta per tutte.
Nel caso del Park Albatros c’è poi da ricordare che a distanza di anni ancora non è stato risolto il problema della strada che lo collega a via della Principessa e che durante la stagione di apertura del villaggio si configura estremamente pericolosa per i mezzi e le migliaia di persone presenti. Già nell’agosto del 2011 il Comitato per Campiglia denunciò il problema proponendo di non realizzare un allargamento incongruo, come è stato poi progettato, ma di portare il traffico pedonale e ciclabile su un percorso sopraelevato in pali e legno limitandosi a piccoli aggiustamenti della strada da rendere solo carrabile. Il Comune rispose allora che la convenzione prevedeva ben altro e si è arrivati a un progetto, purtroppo approvato dalla Soprintendenza, faraonico e inutilmente distruttivo del paesaggio e delle gerarchie formali tra via della Principessa e le strada minori e utile per soli sei mesi l’anno.
La strada passerà così da una sezione di mt.5,80 a 12,40 e al Comitato, che denunciò nel 2014 questa assurdità, il Comune neppure rispose, evidentemente preoccupato di non creare nessun piccolo problema alla proprietà anche solo chiedendo un progetto stradale più dignitoso e rispettoso del paesaggio.
Mentre il Comune gli usava questa cortesia, la proprietà del Park Albatros si dedicava ad un ampliamento abusivo di ben duecentocinquanta/trecento casette senza che ad oggi la strada sia stata messa in sicurezza.
In conclusione forse tra anni si arriverà a chiarire le responsabilità di proprietà, imprese e tecnici per i reati commessi, ma ci domandiamo cosa faranno gli amministratori, i tecnici comunali e i responsabili della polizia municipale alla cui superficialità nel controllare quello che succede sul territorio è da ascrivere una vicenda che è stata vista solo casualmente e dopo anni e non certo da parte dell’Amministrazione del Comune di San Vincenzo. Possiamo prevedere che come al solito non succederà niente: tutti si riempiranno la bocca di parole e di indignazione ma nessuno penserà di dimettersi.
Tutti tengono famiglia e tutto finirà a tarallucci e vino per chi è, anche se forse solo moralmente, corresponsabile di un caso indecente di pessima gestione del territorio alla cui tutela certi personaggi sono stati eletti o designati dal Sindaco, o pagati in quanto pubblici dipendenti.
Sicuramente la strategia che abbiamo descritto all’inizio continuerà ad essere vincente e adottata in questo territorio per svilirlo e renderlo nel futuro non più fonte di lavoro e ricchezza per tutti perché depredato da pochi.
*Alberto Primi rappresenta il Comitato per Campiglia