Unicoop Tirreno: dove erano gli amministratori?
PIOMBINO 3 marzo 2017 — Si sono susseguite notizie, diffuse a mezzo stampa e comunicati sindacali, sull’ Unicoop Tirreno che, di volta in volta, preannunciavano la necessità di interventi pesanti, chiusura di esercizi commerciali, tagli al numero di dipendenti (in particolare nella sede di Vignale), eliminazione dei diritti acquisiti attraverso il contratto aziendale, azioni insomma da lacrime e sangue da mettere in atto per far fronte ad una sofferenza di liquidità appianata comunque attraverso un pesante intervento finanziario da parte di altre società cooperative. Intervento, e questa è una nota positiva, operato non dalle solite banche o dallo Stato, ma dall’interno del mondo cooperativo che, comunque, prevede un rientro di 30 milioni annui in bilancio, fino ad un pareggio del bilancio stesso, previsto entro il 2019. Tutto ciò prevede anche una drastica riduzione del numero dei dirigenti, effettivamente sproporzionati e sovradimensionati rispetto alla media delle altre coop, con la conseguente sostituzione con altri personaggi di fiducia. Un commissariamento di fatto, con tanto di direttive precise in relazione ai tagli da fare, alle decisioni da prendere. Il gruppo dirigenziale si è negli anni lanciato in investimenti sbagliati e rivelatisi poi disastrosi, come gli enormi iper campani che non hanno mai decollato, scelte poco oculate nella gestione dei punti vendita, nei quali, ormai da troppi anni, si guarda solo e soltanto alla produttività penalizzando i dipendenti, diminuendo la forza lavoro, puntando su straordinari, riduzione di organici ed aperture sempre più lunghe invece che sulla qualità del servizio. E questi dirigenti sono stati scelti e confermati più volte dal consiglio di amministrazione, al quale certo non possono non essere assegnate delle responsabilità gravi in merito a questa situazione, in quanto per anni ha approvato scelte errate, bilanci sempre più negativi, azioni commerciali scriteriate senza battere ciglio né intervenire, anzi sostenendo chi ha portato a tutto questo. Certamente Unicoop si è trovata ad operare in territori fortemente martoriati dalla grave crisi economica che sta attanagliando il Paese, quella crisi che in Val di Cornia ha colpito fortemente tutta l’economia, e questo non ha certo favorito la ripresa. Ma non per questo è possibile giustificare una gestione che ha trascinato quasi sull’orlo del precipizio migliaia di dipendenti e di soci, senza che questo abbia minimamente scalfito i vertici di tale azienda fino all’intervento delle altre coop. E adesso tutto questo rischia di ripercuotersi proprio sulla parte più debole, sui lavoratori. Si deve superare questo periodo di forte crisi non parlando di esuberi o di cessioni, ma facendo ripartire le vendite, riappropriandosi di quote di mercato attraverso la riacquisizione di un rapporto di fiducia con i soci ed i consumatori, attraverso la qualità dei prodotti e la capacità di fidelizzazione dei clienti.
Non è possibile uscire da questa situazione se non si torna a discutere di che cosa sia davvero la cooperazione in una società come quella di oggi, se non si recuperano e si riscoprono valori antichi, ma non per questo non più validi come l’etica del lavoro, il rispetto del cliente, del socio e del lavoratore, se non si torna a valorizzare davvero il merito, partendo dai vertici più alti, se non si adotta una seria politica di investimenti, non sulle mura, come in passato, ma sul capitale umano, sulle conoscenze, sulle capacità. È necessario attualizzare la cooperazione con lo scopo non soltanto di acquistare e vendere prodotti alimentari e non alimentari, ma anche recuperando il fine etico e sociale di garantire il potere di acquisto delle classi più deboli, calmierare il mercato, offrire prodotti controllati e di qualità al giusto prezzo, sia per i fornitori che per l’acquirente finale, dare lavoro nel rispetto dei diritti dei lavoratori e dei consumatori, rappresentare una sicurezza ed un punto di riferimento per i propri clienti, ed anche e soprattutto per i propri soci prestatori, e per puntare tutti insieme ad un miglioramento sociale e ad una crescita della consapevolezza delle persone. Fare cooperazione oggi deve tornare ad essere una nobile azione sociale, etica ed educativa. Tutti questi aspetti sono ancora previsti nello statuto societario, ma ormai sono andati mano a mano deteriorandosi, trasformando pian piano la coop in un’azienda simile alle altre e che similmente alle altre si muove, prona alle regole del mercato ed alla nuova visione dei rapporti tra lavoratori, clienti e proprietà. La coop sei tu diceva un vecchio slogan. E così deve tornare ad essere.
Nell’immediato deve riprendere la trattativa sindacale ed è ora che l’azienda metta nero su bianco cosa vuole fare. Al contempo è anche ora che la cooperativa informi diffusamente i soci sulle proprie scelte indicendo assemblee. Diversamente dal consigliere d’amministrazione coop e capogruppo Pd in consiglio comunale a Piombino, noi pensiamo che tutti abbiano diritto a discutere e intervenire sulle vicende di Unicoop Tirreno a difesa dei soci (che non sono un “parco buoi” del Pd) e dei lavoratori.
Rifondazione Comunista, circolo di Piombino