Variante Aferpi ovvero un’occasione perduta
PIOMBINO 28 ottobre 2016 — In queste ore il Consiglio comunale di Piombino discute la cosiddetta “variante Aferpi”. Se sarà approvata diremo addio a un altro pezzo di territorio a favore di un’ulteriore espansione dell’industria.
L’argomento è sempre lo stesso: la necessità del sacrificio in cambio del lavoro. È un argomento potente, soprattutto quando il lavoro manca, al quale si unisce la paura, perfino dichiarata, del gruppo dirigente locale, che di fronte a un no alle richieste avanzate dal gruppo algerino, l’investimento promesso si possa ridimensionare.
Faccio notare che purtroppo sono i fatti a dirci che Cevital ha già ridimensionato i propri progetti. Il piano industriale presentato al momento dell’acquisto dello stabilimento è passato da due forni elettrici a uno. Nessuna notizia arriva dal filone logistico e agroalimentare. Non un impianto della ex-acciaieria è stato demolito. È cronaca di qualche settimana fa come si sia dovuto faticare non poco per ottenere il rispetto degli accordi sulla riassunzione degli oltre 700 lavoratori rimasti alla Lucchini in cassaintegrazione a 0 ore. Che dire poi del rinvio continuo degli incontri previsti al Ministero dello sviluppo economico? Mi pare che più che togliere alibi, agli algerini bisognerebbe chiedere delle spiegazioni.
Anche il passato recente non è rassicurante. La variante del 2008 per il “minimill” e l’accordo di pianificazione del 2009 per la nautica hanno già concesso nuovo territorio all’industria, ma il risultato è stato ben diverso da quello promesso: non un posto di lavoro in più è stato creato grazie a queste scelte. Quantomeno dovremmo avere imparato che la riuscita di un progetto dipende prima di tutto dalla sua credibilità, non dalle concessioni a priori del patrimonio pubblico.
Ma, si dice, la priorità è il lavoro. Mi vengono in mente tutti i no detti in questi anni a progetti promossi da altri imprenditori in settori diversi dall’industria, che qualche posto di lavoro in più l’avrebbero veramente creato. Mi chiedo perché a questi abbiamo risposto con un strumenti urbanistici rigidi e mortificanti e oggi continuiamo a far passare del tempo senza adeguarli.
So bene che la presenza industriale comporta problemi che richiedono un impegno esclusivo. Ma la variante non ha questo obiettivo: il suo compito è recepire il piano industriale di Aferpi. Punto. Dello scenario che si apre dopo che 900 ettari di territorio occupati per decenni dall’industria sono tornati nella nostra disponibilità non c’è traccia.
Ci troviamo invece di fronte a un atto costruito come se si trattasse di fare una scelta puntuale, confinato nel perimetro del Comune, senza il minimo coinvolgimento di altri enti, dai Comuni della zona, fino alla Regione. In un attimo è stato seppellito quel poco che restava della pianificazione di area e della sua storia, trattata come un inutile intralcio alle ragioni dell’investimento privato, e retrocessa a una inutile perdita di tempo.
Uno strumento urbanistico concepito in questo modo non può essere all’altezza della situazione che siamo chiamati ad affrontare. Il rischio vero per tutti noi, purtroppo, è che passi alla storia come l’ennesima occasione perduta per Piombino di affrontare nodi irrisolti e immaginarsi una nuova prospettiva.
Parole sacrosante basate su una analisi assolutamente oggettiva della situazione che solo chi non vuole non vede.Capire perchè questa amministrazione comunale si muova con questa acritica accondiscendenza nei confronti di un uomo che è ben lontano da mantenere gli impegni è cosa non facile, tuttavia è legittimo ipotizzare una regia dall’alto e forse per svariati motivi,ora di prestigio personale “impegni presi nel caso in cui.….” oppure strategie industriali che a causa di una “coperta troppo corta” privilegiano altre realtà. Personalmente credo che siamo prossimi ad un epilogo traumatico,ci saranno alternative?