Una variante ed una mozione che si contraddicono
PIOMBINO 20 gennaio 2018 – Difficile immaginare che sarebbe successo ed invece è proprio successo: il consiglio comunale di Piombino nella stessa seduta, il 20 dicembre 2017, ha approvato la variante Aferpi ed una mozione che la contraddice. Siccome la cosa è tanto politicamente rilevante quanto inusuale vale la pena di perderci un po’ di tempo.
Cominciamo dalla mozione ricalcata nei contenuti e nella forma da un precedente documento approvato dalla direzione territoriale Val di Cornia-Elba e dalla direzione comunale del Partito democratico avvertendo che è questa che utilizzeremo dato che ad oggi il Comune di Piombino non ha ancora pubblicato la mozione lì dove dovrebbe essere e cioè nella pagina dove sono tutti gli atti che sono stati sottoposti all’attenzione del consiglio comunale.
Facciamo ammenda di tutta la retorica sulla variante Aferpi che va “sostenuta sia per i contenuti e per le scelte urbanistiche che esprime, sia perché sarà una valida piattaforma su cui costruire una nuova idea di città su cui innestare ulteriori scelte per attualizzarne la prospettiva e rafforzarne la profondità e l’incisività con l’obiettivo di aprire una fase nuova per il territorio” e andiamo alla sostanza.
In particolare, talvolta come auspicio talaltra come decisione che deve prendere il Comune di Piombino, in soldoni si propone che (su altre proposte torneremo successivamente)
- l’eventuale bando pubblico per la riassegnazione delle aree ex Lucchini non sia unico ma si divida per permettere la presenza contemporanea di più soggetti “in particolare per le porzioni di territorio non più interessate da attività siderurgiche”;
- venga adottato un criterio di concessione delle aree demaniali marittime per valutare i nuovi investitori secondo stringenti criteri di mercato, di massimizzazione dell’interesse pubblico, di messa in opera di investimenti, di attrazione di traffici portuali e di creazione di nuovi posti di lavoro;
- venga valutata la fattibilità economica di una valorizzazione degli impianti industriali dismessi per un progetto di archeologia industriale.
Non c’è che dire. Tutte le proposte fino ad oggi rifiutate, perché facenti parte di un complotto contro questa maggioranza politica e comunque di fini occulti, oggi il Pd prima e il Comune di Piombino poi le fanno proprie. Non ci sarebbe che da esprimere compiacimento, soprattutto per questo territorio e la sua popolazione così maltrattati, sennonché. Sennonché contemporaneamente viene definitivamente approvata una variante Aferpi che contraddice tutti i contenuti della mozione e che sarà mai.
Facciamo solo qualche esempio.
Non uno ma più bandi. Sarebbe utile e possibile se si percorresse la strada annunciata, cioé quella di risolvere il contratto di vendita con Cevital/Aferpi, ma ciò che sta succedendo è esattamente il contrario. La variante Aferpi è la legittimazione autorevole del piano industriale Cevital/Aferpi, oltretutto nei fatti non più esistente e comunque a suo tempo dato per impossibile dallo stesso ex amministratore delegato di Aferpi. Per non parlare di ciò che il Ministero dell’ambiente intende fare e cioè approvare un progetto di bonifica Aferpi che non interessa tutte le aree ex Lucchini, che è fatto di pavimentazioni e poco più dopo che alla stessa Aferpi è stato riconosciuto che il 45% delle aree non ha bisogno di nessuna bonifica.
Nuovi criteri per l’assegnazione delle aree demaniali marittime. Di nuovo il contrario di ciò che è stato fatto fino ad oggi dato che si sono assegnate o formalmente promesse, il che è molto vicino all’assegnazione, aree demaniali non ancora attrezzate per essere utilizzate accettando la proposizione di progetti o piani industriali che non potevano non essere smentiti dalla realtà, cosa che è avvenuta. E così di fatto Cevital/Aferpi è titolare, o almeno gli hanno fatto mettere il cappello su una quantità sterminata di aree demaniali marittime senza che abbia nessuna possibilità di utilizzarle. Delle due l’una: o si annulla quell’assegnazione di aree o altrimenti si riapre il capitolo tante volte letto negli ultimi quindici anni, quello fatto di dichiarazioni retoriche presto smentite dai fatti.
Ed infine l’archeologia industriale. Tutto bene. Il problema è che quelle aree con l’approvazione della variante Aferpi hanno una destinazione completamente diversa, anzi opposta: “L’ambito D4 si estende ad est del quartiere Cotone-Poggetto ed è delimitato dal tracciato della vecchia SP della Principessa, dalla linea ferroviaria Piombino- Campiglia M.ma e a sud da Via di Portovecchio. Comprende le aree occupate dagli impianti industriali facenti parte dello stabilimento siderurgico a ciclo integrale per i quali, in attuazione del Piano Industriale dell’azienda Aferpi, parte integrante dell’Accordo di Programma sottoscritto in data 30.06.2015, è prevista la dismissione in conseguenza del trasferimento delle lavorazioni e degli impianti siderurgici negli ambiti industriali D2. In questo ambito si prevede quindi la demolizione degli impianti e delle infrastrutture esistenti ed il progressivo insediamento di nuove unità produttive, prevalentemente nel settore agro-industriale, e dei relativi servizi”. Lo stesso dicasi per il nuovo ambito destinato alla logistica portuale (D14.1.1.) per la cui realizzazione è prevista la demolizione di tutti gli impianti siderurgici preesistenti, compreso l’altoforno n.4. Inutile dire che “valutare la fattibilità economica di una valorizzazione degli impianti industriali dismessi per un progetto di archeologia industriale” è una pura petizione di principio. A meno che non si intenda procedere ad una ulteriore variante che annullerebbe tutto ciò che è stato sostenuto fino ad oggi sulla bontà del piano Cevital/Aferpi, cioè sulla sua complessità, “non solo siderurgia”.
Ci fermiamo qui. È talmente evidente la differenza tra la teoria e la pratica che non c’è necessità di alcun commento.
Una sola ulteriore informazione.
Il Comune di Piombino, sempre munifico elargitore di comunicati stampa, mentre ha abbondantemente comunicato l’approvazione della variante Aferpi non ha dedicato una sola parola alla mozione approvata e nemmeno l’ha pubblicato sul sito del Comune.