TROPPI SOLDI: PRIVATI INDIFFERENTI, IL PUBBLICO ASPETTA I PROSSIMI GIRI

Vendita del Bic, l’asta da sette milioni va deserta

VENTURINA TERME 10 aprile 2017 – Ci riprover­an­no qualche altra vol­ta poi sceglier­an­no altre strade. In dis­cus­sione comunque non è la ces­sione dell’immobile. È anda­to, infat­ti, deser­to il pri­mo appun­ta­men­to di Svilup­po Toscana per vendere al migliore offer­ente il com­p­lesso edilizio in cui, a Ven­tu­ri­na, ha sede il “Busi­ness Inno­va­tion Cen­tre” meglio conosci­u­to come Bic, ovvero l’incubatore per far nascere nuove attiv­ità impren­di­to­ri­ali. Non c’è anco­ra la data per la sec­on­da asta ma si prevede che presto un nuo­vo ten­ta­ti­vo ver­rà esped­i­to.
Atti­vo fin dal 2002, il cen­tro di Ven­tu­ri­na dove­va essere uno dei fiori all’occhiello di Svilup­po Toscana, la soci­età, intera­mente di pro­pri­età del­la Regione, nata per offrire con­sulen­za e assis­ten­za in mate­ria di incen­tivi alle imp­rese e per attuare, sul ter­ri­to­rio, pro­gram­mi e prog­et­ti comu­ni­tari. Nelle inten­zioni dove­va sostenere l’avvio di pic­cole imp­rese ad alto con­tenu­to tec­no­logi­co con par­ti­co­lare riguar­do al set­tore agroin­dus­tri­ale. Un obbi­et­ti­vo impor­tante che si cer­cò di perseguire non lesinan­do sui mezzi. L’incubatore Bic di Ven­tu­ri­na, sede dell’iniziativa, si com­pone di 24 spazi all’interno dei quali esiste una recep­tion, cinque aule for­ma­tive, di cui una ris­er­va­ta all’in­for­mat­i­ca, spazi espos­i­tivi e sale riu­nioni per le diverse esi­gen­ze e soprat­tut­to un audi­to­ri­um che è un aut­en­ti­co gioiel­lo e non ha niente di uguale in tut­ta la provin­cia di Livorno: oltre 200 posti, arreda­men­to ricer­ca­to, cab­ine per la traduzione simul­tanea e impianti di video­con­feren­za.

Una panoram­i­ca del com­p­lesso edilizio del Bic di Ven­tu­ri­na

Il tut­to – scrisse il Tir­reno il 2 luglio 2002 — è costa­to cir­ca nove mil­ioni, cablag­gio in fibre ottiche com­pre­so”. In quel­la occa­sione il gior­nale livor­nese si pose “un’angosciante doman­da: non sarà mica un’al­tra cat­te­drale nel deser­to?” Il dub­bioso cro­nista venne però subito tran­quil­liz­za­to dalle ras­si­cu­razioni del diret­tore del Bic Pierange­lo Tessieri.
Il realtà le per­p­lessità del Tir­reno non era­no infon­date.
Subito inser­i­to nel sis­tema regionale delle incubazioni alle imp­rese, il cen­tro di Ven­tu­ri­na mostrò le prime defi­cien­ze quan­do, a fronte di una poten­ziale accoglien­za di 223 imp­rese, non riuscì ad andare oltre le 133 (vedi report regionale 2008). Si pen­si solo che, nei peri­o­di migliori, delle 36 imp­rese pos­si­bili solo 12 sono state ospi­tate nei locali di Largo del­la fiera. Poco più del 30 per cen­to delle poten­zial­ità del­la strut­tura che via via si è sem­pre più spopo­la­ta man­te­nen­do per­al­tro alti costi di ges­tione e di manuten­zione (una spe­sa media annua per impre­sa ospi­ta­ta pari a 12 mila 402 euro).
Ulti­ma­mente lo scon­for­t­ante deser­to di enor­mi locali vuoti è sta­to riem­pi­to solo dal­la minus­co­la attiv­ità degli anziani dell’Università del­la Terza età che, per­al­tro, han­no avu­to di recente l’invito a slog­gia­re pro­prio in pre­vi­sione di una ven­di­ta che pun­tual­mente è giun­ta al momen­to del­la sca­den­za del vin­co­lo d’uso del­la strut­tura, real­iz­za­ta con un finanzi­a­men­to europeo, con­cepi­to per riv­i­tal­iz­zare le economie locali in crisi. Nel frat­tem­po Svilup­po Toscana ha con­tin­u­a­to a svol­gere la pro­pria attiv­ità ammin­is­tra­ti­va in altri spazi, un appar­ta­men­to al quin­to piano nel “Palaz­zo di vetro” di via Dante Alighieri a Ven­tu­ri­na.

La seg­gi­o­la “anti­cadute” che, al Bic, indi­ca il pavi­men­to scon­nes­so

La man­ca­ta uti­liz­zazione e le ridotte attiv­ità di manuten­zione da tem­po stan­no avvian­do al decli­no tut­ta la strut­tura. Oggi, lun­go il cor­ri­doio cen­trale, una seg­gi­o­la malmes­sa regge un cartel­lo che indi­ca, ai pochi, occa­sion­ali vis­i­ta­tori, il peri­co­lo del pavi­men­to scon­nes­so.
Depri­mente. Come è depri­mente che, nel momen­to di mag­gior bisog­no, men­tre la Val di Cor­nia res­ta una delle più dif­fi­cili aree di crisi indus­tri­ale com­p­lessa, si rin­un­ci a ricon­sid­er­are una strut­tura pub­bli­ca nata per favorire i pro­ces­si di rein­dus­tri­al­iz­zazione. E addirit­tura si deci­da di far fagot­to cer­ti­f­i­can­do il fal­li­men­to di un prog­et­to sen­za neanche una val­u­tazione delle vere cause che lo han­no deter­mi­na­to.
Per favorire even­tu­ali com­pra­tori Svilup­po Toscana, ha sud­di­vi­so l’intero com­p­lesso indus­tri­ale (si estende su una super­fi­cie totale di cir­ca 17.500 metri qua­drati) in quat­tro lot­ti. Il pri­mo attiene a un edi­fi­cio di due piani fuori ter­ra, denom­i­na­to “Palaz­zo servizi” val­u­ta­to 3 mil­ioni e 440 mila euro; il sec­on­do riguar­da un  fab­bri­ca­to di un piano fuori ter­ra, denom­i­na­to “Incu­ba­tore imp­rese di servizio” sud­di­vis­i­bile e alien­abile in due mod­uli, i lot­ti 2A e 2B, sep­a­rati e di pari metratu­ra, per un val­ore com­p­lessi­vo di n mil­ione e 620 mila euro (810 mila euro per cias­cuno dei due); il lot­to tre si riferisce ad un fab­bri­ca­to, tipo capan­none indus­tri­ale, denom­i­na­to “Incu­ba­tore imp­rese arti­gianali”. Sono indi­vid­uati il bloc­co mod­uli nord per 920 mila euro ed il bloc­co mod­uli sud per 900 mila euro; il quar­to lot­to, infine, con­tem­pla un ter­reno edi­fi­ca­bile, com­pren­si­vo del­la zona in cui sorge il com­p­lesso, delle aree esterne di per­ti­nen­za ai fab­bri­cati, ded­i­cate alla via­bil­ità carra­bile e pedonale, agli stal­li per auto e mezzi com­mer­ciali e al verde (aiuole e siepi).
La ven­di­ta del com­p­lesso immo­bil­iare può avvenire in modo frazion­a­to (per lot­ti e/o sub lot­ti) o in bloc­co sbor­san­do sei mil­ioni e 965 mila euro.
Non è cer­to una sor­pre­sa che il pri­mo appun­ta­men­to dell’asta sia anda­to deser­to come non ci sarebbe da mer­av­igliar­si se altret­tan­to accadesse nei prossi­mi ten­ta­tivi (teori­ca­mente si può insis­tere all’infinito nelle aste per la ven­di­ta). L’impegno finanziario ele­va­to che l’acquisto richiede e la neces­sità di una con­sis­tente, suc­ces­si­va trasfor­mazione del­la strut­tura sem­bra­no scon­sigliare qual­si­asi man­i­fes­tazione di inter­esse da parte di grup­pi pri­vati fer­ma restando, nat­u­ral­mente l’at­tuale des­ti­nazione urban­is­ti­ca del­la zona lega­ta alle attiv­ità fieris­tiche.
Fat­ta sal­va dunque una vari­ante urban­is­ti­ca che il Comune dovrebbe ben gius­ti­fi­care, tut­to las­cia pen­sare che il futuro ris­ervi una trat­ta­ti­va con le isti­tuzioni locali. Sarebbe indub­bi­a­mente la cosa migliore purché il pub­bli­co affron­ti il prob­le­ma con idee chiare e obbi­et­tivi defin­i­ti e che ne veda la neces­sità e l’op­por­tu­nità pro­prio per avere nelle pro­prie mani uno stru­men­to per affrontare la grave crisi eco­nom­i­ca del­la zona. Per­ché, in difet­to, il ris­chio di con­tin­uare a man­tenere, infrut­tu­osa­mente e a cari­co delle finanze pub­bliche, una cos­tosa cat­te­drale nel deser­to è tutt’altro che scon­giu­ra­to. Bic o non Bic.

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