Vicenda Aferpi incancrenita. E il tempo passa
PIOMBINO 10 febbraio 2018 — La vicenda Aferpi è sempre più contorta, oramai è evidente che le dichiarazioni in merito e le azioni intraprendibili decantate abbiano più una funzione narcotizzante ai fini elettorali che qualcosa di concreto. Oramai parlare di inadempienze della proprietà non ha più senso di fronte all’evidenza consolidata da mesi e mesi. Il ministro Carlo Calenda non si capisce cosa realmente abbia in mente: è evidente solo che voglia far passare le elezioni prima di fare una scelta definitiva, ma ineludibile. Sui probabili contatti fra Jindal e Rebrab non si hanno certezze, forse sono solo espedienti per prendere tempo, anche perché il colosso indiano dell’acciaio potrebbe attuare una strategia diversa nel caso fosse concretamente interessato a Piombino. Soprattutto sarebbe più oneroso acquistare gli impianti di suo interesse dal magnate algerino che aspettare eventi futuri. Peraltro, anche se avvenisse un’ipotetica transazione, varrebbe per piccoli spezzoni produttivi del comparto; sarebbe opportuno chiedersi fin da subito quale sarebbe il percorso per le restanti aree e le relative concessioni demaniali. Ricordiamo che, a parte le azioni giudiziarie possibili, tutti gli altri tipi di intervento, compresa una nuova procedura straordinaria, dovrebbero essere concordati con Issad Rebrab, al netto dei margini giuridici e finanziari disponibili per andare avanti in tal senso. Nel frattempo è convocata il 26 marzo la conferenza dei servizi per il piano Aferpi. Ci chiediamo quale sia l’obbiettivo e soprattutto a cosa serva tale iniziativa, a fronte di una situazione di conclamata inadempienza sotto tutti i punti di vista da parte della proprietà. Da un lato tutti chiedono un nuovo accordo di programma ed un nuovo commissario, dall’altro le istituzioni si dovrebbero riunire per discutere di percorsi progettuali oramai superati. Questa cosa ha poco senso e stimola forti perplessità. Dulcis in fundo la notizia delle indagini relative al danno ambientale per iniziativa della Procura di Livorno, che ha portato in questi giorni al ritrovamento da parte dei Carabinieri di 6 siluri interrati nelle aree del parco rottami. A quanto sembra l’iniziativa degli inquirenti sarebbe partita su presunte segnalazioni di ex dipendenti. Sarà certamente solo una casualità, ma talvolta le cose accadono in momenti particolari, e, vista la situazione di tutto il comparto siderurgico, a pensar male si fa peccato, ma non troppo. Questo territorio continua a rimanere ostaggio di una interminabile vertenza politica (e non di lavoro), rimandando a tempo indefinito la riprogrammazione economica e l’evoluzione di una nuova ed indispensabile prospettiva imprenditoriale alternativa.