Vini eccellenti senza tante pastoie burocratiche

· Inserito in Lettere
pervenuta in redazione

CAMPIGLIA 20 agos­to 2015 — Il vino, la sua pro­duzione e la sua pro­mozione sono la mate­ria che meglio conosco e così ogni tan­to mi sen­to sol­lecita­to a pun­tu­al­iz­zare degli aspet­ti che nascono dagli art­efi­ci del con­testo enoico.
Un esem­pio. È sta­to rin­no­va­to l’or­gan­is­mo ter­ri­to­ri­ale per la pro­mozione del vino ver­so il tur­is­mo e la gente dei nos­tri Comu­ni: si chia­ma “Le Strade del Vino Cos­ta degli Etr­uschi”. La fil­iera delle inizia­tive per pro­muo­vere i vini è lun­ga, come lo sono tutte le prob­lem­atiche tra il pri­va­to e il pub­bli­co, rego­late da una infinità di leg­gi e norme region­ali, alla fine per garan­tire la pre­sen­za polit­i­ca ad ogni liv­el­lo. Ricor­do quan­do Lui­gi Veronel­li mi sug­gerì degli appog­gi politi­ci par­la­men­tari per avere in breve tem­po le DOC del Val di Cor­nia. Rimasi stupi­to, ma lui sape­va che gli altri sape­vano che per avere un ben­efi­cio (non so quan­to aut­en­ti­co) occor­re­va il calderone nel quale infi­lare ogni cosa den­tro, mesco­lare ed ecco fat­to le DOC. Sen­za levare il mer­i­to a chi ci ha lavo­ra­to per aver­le, sopra ogni cosa i pro­dut­tori. Ora ci sono: Unione Euro­pea, Mnis­tero, Comi­ta­to per l’e­same delle DOC e DOCG nel cui organ­is­mo ci sono decine di rap­p­re­sen­tati pron­ti a vol­ere dei van­tag­gi, poi la Regione, la Cam­era di Com­mer­cio, la Provin­cia, i Comu­ni, i Comi­tati di Tutela e infine tutte le asso­ci­azioni. Io non ho anco­ra capi­to la fun­zione, ma ho capi­to che è un altro pic­co­lo calderone di per­sone che pen­sano di essere deter­mi­nan­ti. Tut­to è rac­chiu­so in doc­u­men­ti, depli­ant, arti­coli, pic­cole degus­tazioni che fan­no vedere come è bel­lo il ter­ri­to­rio vinoso, ma tut­to rimane pic­co­lo, fram­men­ta­to e poco effi­cace, anche per­ché den­tro questi pic­coli calderoni politi­ci preval­go­no gli ego­is­mi per­son­ali che si raf­forzano sem­pre di più a causa del­la inef­fi­cien­za del calderone di turno. Così le eccel­len­ze dei prodot­ti sono quelle che mar­ciano spedite sen­za tante pas­toie che pro­ducono solo car­ta scrit­ta.
Il prob­le­ma è che nelle Maremme, che non era­no a vocazione vinosa, sem­pre per l’ig­no­ran­za polit­i­ca, ora lo sono in modo dif­fu­so e dis­or­di­na­to per­ché, come in altre cose, anche per il vino ci sono molti cam­panili. Ricor­do le dichiarazioni di un guru enoico, Ezio Riv­el­la, nelle pagine del­la cronaca regionale toscana, quan­do affer­mò che le Maremme pote­vano divenire la Cal­i­for­nia dei vini d’I­talia. Riv­el­la non pen­sa­va alla miri­ade di etichette e DOC e DOCG e di altri vini con nomi di fan­ta­sia che pas­sano ogni lim­ite eti­mo­logi­co, ma pen­sa­va a poche DOC e DOCG con una sola immag­ine e due eti­mi, Marem­ma e Toscana, e a seguire il nome del Comune, il nome del pro­dut­tore e il nome del vigne­to (con il ter­mine francese Crù). Molti dicono che è impos­si­bile met­tere d’ac­cor­do un ter­ri­to­rio vas­to come le Maremme. Sono quel­li che per motivi per­son­ali non vogliono e preferiscono con­tin­uare a fare i pro­pri como­di con l’al­i­bi dell’ inef­fi­cien­za di tut­ti gli organ­is­mi enoici, per­ché non han­no voglia di fare o per­ché sono pre­si da un ego­is­mo par­al­iz­zante. Sono vec­chi vizi che nes­suno vuole affrontare seri­amente.

Nadio Stronchi

 

Commenta il post