Visite all’ oasi di Orti-Bottagone
PIOMBINO 21 agosto 2014 — Ancora per qualche giorno potranno essere ammirati l’oasi e i suoi ospiti alla luce calda del tramonto: fino al 31 agosto infatti le visite all’oasi di Orti-Bottagone si svolgeranno il giovedì e la domenica dalle ore 18 alle ore 20 circa, con prenotazione obbligatoria. Consigliati pantaloni lunghi, binocolo e prodotti antizanzare.
Dal 1° settembre le visite torneranno ad essere il sabato e la domenica alle ore 10 e alle ore 14.30, senza prenotazione.
Per info e prenotazioni: 338.4141698 oppure 389.9578763; e‑mail: email hidden; JavaScript is required
Inoltre per chi fosse interessato alle escursioni del Centro Guide al di fuori delle oasi, è possibile consultare il programma sul sito www.guidecostaetrusca.it.
Di seguito il racconto dell’emozionante incontro che Stefano Benucci, uno storico amico dell’oasi, ha avuto qualche giorno fa durante una visita al Padule. Buona lettura!
Silvia Ghignoli, Ilaria Panicucci e Paola Visicchio, Riserva Naturale Provinciale Oasi WWF Padule Orti-Bottagone
15 agosto 2014 – Oasi WWF Padule Orti-Bottagone (Piombino – LI) Nonostante il periodo ferragostano l’aria è fresca e pulita e una leggera brezza da ovest accarezza il canneto muovendo appena le foglie. L’acqua della palude del Bottagone è altissima per il periodo per via delle piogge dei giorni scorsi ed è anche di un profondo color marrone. Paradossalmente l’acqua alta limita fortemente le presenze di uccelli acquatici: limicoli, rallidi e altre specie non possono zampettare nelle pozze fangose come abitualmente fanno con l’acqua bassa; solo un bel gruppo di una cinquantina di Germani reali, molti dei quali nati qui, sguazzano tranquilli sull’altra riva del grande stagno. Li guardo e mi piange il cuore pensando alla prossima apertura della caccia quando basterà loro un piccolo volo di poche centinaia di metri oltre i confini dell’oasi per essere fucilati senza colpa. Il cielo è pieno di voli di Rondoni, Rondini e Balestrucci ed anche un bel Topino, una specie che non vedo dalla primavera. Una Sgarza ciuffetto adulta è appollaiata su un ramo di tamerice. Col cannocchiale osservo il suo occhio giallo inquietante e crudele ma molto bello. Bisogna accontentarsi, non c’è molto altro. Improvvisamente sento distintamente il rumore di un tuffo nell’acqua. E’ proprio lui, il Martin pescatore; si è appena tuffato e sta sbatacchiando su un ramo il pesciolino che ha catturato prima di mangiarselo. Come avrà fatto a vederlo in quell’acqua limacciosa per me è un mistero … E’ piuttosto vicino; tento qualche timida foto ma soprattutto lo osservo. E’ innegabile il fascino di questo piccolo uccello, comune finché si vuole ma davvero unico e fotogenico come pochi. Ora è la volta dei Tuffetti. C’è una famigliola di 4–5 individui fra cui almeno un adulto che esce dalle canne e affronta lo stagno aperto. Escono 2–3 per volta, sono attivi e vociferi, emettono un sacco di pigolii che ricordano il canto pieno tipico della specie. Si muovono molto velocemente e si avvicinano. Faccio i primi scatti, quasi automaticamente. C’è uno strano rumore alle mie spalle. Un misterioso rumore di canne che si muovono. Non può essere la Nutria che se ne è andata svogliatamente al mio arrivo: è probabilmente un animale più piccolo che muove appena le canne e che potrebbe essere vicinissimo. Al mio arrivo c’era anche un bellissimo Usignolo di fiume che è stato ben cinque minuti con me a farsi vedere e rivedere mentre becchettava sulla superficie dell’acqua. Però ora non vedo niente. Il canneto è un universo misterioso e affascinante dove nulla è uguale a fuori. Nello stagno davanti al capanno i Tuffetti sono scatenati. Scatto a ripetizione ma questi uccelli sono così piccoli che per fare una foto decente dovrebbero essere a non più di 5–6 metri. E poi dove sarà quello splendido adulto che avevo visto prima? Sto inquadrando solo giovani dell’anno, certamente graziosi ma meno fotogenici dei genitori. Osservo che ormai hanno imparato a tuffarsi come gli adulti. Il Tuffetto è un uccello perfettamente specializzato nell’immersione. Quando intende “galleggiare” tiene il piumaggio in posizione “standard”, quando decide di immergersi in una frazione di secondo compatta il piumaggio sul corpo espellendo l’aria e aumenta sensibilmente il suo peso specifico facilitando l’affondamento. Questa operazione è osservabile con un po’ di fortuna quando l’animale è vicino. Molte volte l’ho osservato col binocolo o col cannocchiale; lo vedi galleggiare abbastanza “alto” come può fare un’anatra di superficie poi, quando decide di immergersi, ha come una scossa, l’uccello diventa “più piccolo” e gran parte del corpo affonda immediatamente. Poi infila anche la testa sott’acqua e sparisce. L’intera operazione durerà meno di un decimo di secondo. I giovani, all’inizio, non sono in grado di fare così bene questa operazione e galleggiano come sugheri immergendo la testa nell’acqua in pastura come fanno le anatre di superficie senza però alzare la coda. Almeno così fanno quelli dell’Oasi degli Orti-Bottagone. Già in agosto però a quanto pare si tuffano molto bene e imparano a farlo come gli adulti. C’è ancora quello strano rumore alle mie spalle. E’ un uccello che cammina fra le canne a pochissimi metri da me. Sono in una posizione scomodissima. Mi giro faticosamente cercando di non fare rumore. C’è il canneto omogeneo dietro di me e una lama d’acqua lasciata da un vecchio taglio per un impianto di cattura per inanellamento. Qualcosa si muove ma fra il forte controsole, le canne e il mal di schiena sono davvero messo male per scoprire di cosa si tratta. Mi sorvola un uccello pigolante. Corriere piccolo? Probabile. Forse lo stesso che c’era prima nella palude degli Orti. Si muove ancora. E’ davvero vicino e non riesco neanche a metterlo a fuoco col binocolo. E’ incredibile quanto l’osservazione di un uccello da molto vicino possa falsare la valutazione delle dimensioni. Chi fa birdwatching è abituato a valutare le dimensioni con una certa precisione ma questo a patto che le osservazioni siano fatte in condizioni più o meno standardizzate. Se la bestiola è a circa tre metri e mascherata fra le canne il gioco si fa davvero duro. Comunque è un piccolo rallide. La cosa si fa davvero intrigante, sono fra le mie specie preferite. Becco, zampe e coda appaiono e scompaiono nel buio delle canne. Il becco è verdastro, vermicolature sulle parti inferiori, anche nel sottocoda. Non è un Voltolino. Il colore di fondo è giallastro con parti marroni, il collo è bello chiaro e senza strie. Purtroppo non è una Schiribilla grigiata come avevo solo sperato. E’ una giovane Schiribilla (e basta) e comunque non è poco. Non la vedo da anni ed ora è lì a circa quattro metri da me assolutamente indifferente alla mia presenza anche se mi vede benissimo. Osservo il becco per vedere la macchia rossa. E’ davvero difficile nel buio delle canne. La famosa macchia rossa c’è ma è di un rosso spento ed è piccolissima. Anzi su un lato del becco è piccolissima, sull’altro lato è quasi inesistente. Pensare che nell’adulto si vede così bene. Il giovane di Schiribilla grigiata comunque è un’altra bestia, più scuro, con il collo scuro e ben striato. Sono stato con la mia Schiribilla un paio di minuti, undici scatti, assolutamente scuri e nebulosi. Comunque, come direbbe qualcuno, mi son proprio divertito, e me ne torno a casa felice. Una Schiribilla non si vede tutti i giorni.
Stefano Benucci