Voto di scambio, finalmente siamo al funerale
PIOMBINO 15 gennaio 2014 — Dopo anni di discussioni politiche e giurisprudenziali sulla scarsa efficacia dell’art. 416-ter del codice penale sullo scambio elettorale politico mafioso e svariati ed infruttuosi tentativi di riforma portati avanti nel corso delle ultime legislature, nonché dopo mesi di stallo in Commissione Giustizia al Senato, a seguito dell’approvazione alla Camera avvenuta in luglio, il 20 dicembre il progetto di riforma ha superato il vaglio della Commissione ed è pronto per l’approvazione.
Durante la campagna elettorale per le scorse politiche circa ottocento dei candidati al Parlamento hanno aderito a «Riparte il Futuro», campagna lanciata dall’associazione Libera e dal Gruppo Abele che aveva, fra i vari obiettivi tutti legati alla lotta alla criminalità organizzata, quello di attuare una radicale riforma dell’art. 416-ter del codice penale, riguardante lo scambio elettorale politico mafioso. Di quegli ottocento candidati, 71 sono stati eletti al Senato della Repubblica e 201 alla Camera dei deputati. Il 18 marzo 2013, esattamente due giorni dopo la manifestazione di Firenze promossa dalla stessa “Libera” in commemorazione dei vent’anni dalla strage dei Georgofili, un gruppo di deputati ha presentato alla Camera la proposta di legge per rendere effettivo l’impegno assunto nei mesi precedenti (impegno reso
palese indossando un simbolico braccialetto bianco), dopo che nel corso della XVI legislatura un disegno di legge era stato depositato dal Gruppo del Partito Democratico (prima firmataria la senatrice Della Monica) e i cui contenuti erano stati poi riproposti sul finire della legislatura come emendamento al disegno di legge delega “anticorruzione” senza tuttavia essere approvati nel corso dell’esame in Commissione, né assunti nel testo su cui il Governo ha poi messo la fiducia.
La formulazione originaria del 416-ter è la seguente: “La pena stabilita dal primo comma dell’articolo 416 bis (reclusione da sette a dodici anni) si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416 bis (l’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva […] al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali) in cambio della erogazione di denaro.”
Lo scopo della norma è evidentemente quello di sanzionare l’accordo tra capi clan e politici eletti nel corso di consultazioni elettorali di ogni tipo, da quelle nazionali a quelle regionali e comunali, ma la necessità di una riforma radicale del contenuto del 416 ter si è resa evidente sin dal 1992, quando la norma è stata varata. Salta infatti immediatamente agli occhi la locuzione “in cambio dell’erogazione di denaro”: è risaputo come l’erogazione di denaro sia solo una delle molteplici forme con cui gli appartenenti alle associazioni di stampo mafioso operino, per di più la meno usuale. Molto più di frequente infatti lo scambio avviene con riferimento a promesse di posti di lavoro, appalti, aiuti giudiziari, come ha giustamente sottolineato il magistrato Raffaele Cantone in una nota del 24 luglio, a seguito dell’approvazione alla Camera del nuovo testo.
Il testo approvato alla Camera recitava così (prima della modifica avvenuta in Commissione Giustizia al Senato): “Chiunque accetta consapevolmente il procacciamento di voti con le modalità previste dal terzo comma dell’articolo 416-bis in cambio dell’erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni. La stessa pena si applica a chi procaccia voti con le modalità indicate al primo comma”. La lacuna originaria era stata colmata con l’aggiunta della locuzione “erogazione di denaro o altra utilità”, ma la norma continuava a suscitare non poche perplessità: innanzitutto il riferimento al “procacciamento”, che a differenza del passato presupponeva un esito tangibile, contrastante con l’orientamento prevalente della Corte di Cassazione la quale invece riteneva sufficiente che gli appartenenti all’associazione mafiosa si adoprassero per il conseguimento di voti, a prescindere dall’esito. In secondo luogo, parte della dottrina riteneva privo di significato l’inserimento dell’avverbio “consapevolmente”: posto che l’elemento soggettivo ricollegabile ad una tale figura di reato è incontestabilmente il dolo, che rappresenta la volontarietà dell’azione, una simile aggiunta era del tutto superflua, quando addirittura foriera di difficoltà interpretative per chi è chiamato ad applicare la legge.
Tutte queste problematiche sono emerse durante la revisione del testo in Senato, presso la Commissione di Giustizia, e il testo che è uscito poco prima di Natale sembra tenerne adeguatamente conto: “Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416-bis in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità ovvero in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione è punito con la stessa pena stabilita nel primo comma dell’articolo 416-bis”. Fermo restando che saranno necessari altri passaggi sia in Senato che alla Camera prima dell’approvazione definitiva e che sia auspicabile una maggiore rapidità decisionale rispetto alle tempistiche del passato, questo nuovo testo segna un grande passo in avanti nella trattazione legislativa della materia. Finalmente infatti si dà rilievo esplicito al mero impegno, esplicitato da entrambe le parti coinvolte, ad adoperarsi per l’attuazione del rapporto di connivenza, segnando a mio parere una svolta culturale laddove si indicano esplicitamente, limitando lo spazio dell’interpretazione giudiziale (ma anche politica) i termini di un comportamento riprovevole non solo da un punto di vista etico giuridico ma anche e soprattutto sociale.